La stampa cattolica si tinge di rosa
Pagine patinate su cui si stagliano eleganti silhouette di modelle vestite all’ultimo grido. Facciate sature di consigli di bellezza impartiti dal visagista di turno. E ancora: pubblicità di profumi inebrianti e creme antirughe miracolose. Questa è l’immagine che la stampa femminile si è ritagliata addosso, specie nell’ultimo decennio. Eppure non tutte le donne oggi sono attirate da moda, gossip e futilità. C’è anche una consistente fetta della popolazione femminile che compra i quotidiani, si informa da radio e tv, e approfondisce le notizie. Fetta che gradirebbe una lettura più «personalizzata» della realtà, in cui potersi riconoscere.
Sono partite proprio da questa riflessione le tre donne che lo scorso 31 maggio hanno dato vita al nuovo periodico femminile «Donne, chiesa, mondo», allegato al quotidiano della Santa Sede «L’Osservatore Romano». Un figlio, dunque, per tre madri: Lucetta Scaraffia, docente di Storia contemporanea all’Università La Sapienza di Roma, nonché collaboratrice di testate quali «Avvenire», «Il Foglio», il «Messaggero» di Roma; Ritanna Armeni, giornalista e scrittrice; Giulia Galeotti, storica e, dal 2011, redattrice culturale de «L’Osservatore Romano». Il frutto del loro lavoro – come spiega Lucetta Scaraffia nell’editoriale del primo numero (maggio 2012) – è un «inserto dedicato alle donne di tutto il mondo, con particolare attenzione al loro rapporto con la Chiesa (…). Un foglio mensile che informa sulla vita e la condizione femminile, senza tralasciare i temi più “caldi” come tutto ciò che è connesso con la procreazione, l’accesso alla cultura e l’emancipazione».
Un bel cocktail di argomenti per le quattro pagine a colori che ogni secondo giorno del mese vengono tradotte in sette lingue, pubblicate a fianco del «giornale del Papa» e distribuite in tutto il mondo. Per il quotidiano della Santa Sede si tratta di una prima volta in oltre 150 anni di storia. Da quando fu fondato nel 1861, infatti, il giornale non ha mai vantato un periodico femminile. Perché, dunque, questa inversione di marcia? «Tutto ha origine dalla volontà di Benedetto XVI di valorizzare in ogni modo la presenza femminile nella Chiesa – racconta Giovanni Maria Vian, direttore de “L’Osservatore Romano” dal 2007 –. Una tendenza che, come direbbe papa Giovanni XXIII, è un “segno dei tempi”. Oggi più che mai dobbiamo rispondere alle domande di lettrici forti ed esigenti. Ma non dimentichiamo che l’attenzione alla sfera femminile si riscontra fin dalle origini del cristianesimo. Come scrive san Paolo, “Non c’è giudeo né greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Gal 3,28)». Evidentemente la parità dei sessi era un concetto molto più chiaro all’epoca di Cristo rispetto a oggi. Sull’onda di questa sensibilità ritrovata, «L’Osservatore Romano» ha mosso i primi passi già nel 2008, accogliendo Silvia Guidi, prima redattrice del quotidiano pontificio, e quindi, nel 2011, Giulia Galeotti. Quanto alla nascita del nuovo mensile «rosa», invece, dobbiamo attendere il febbraio successivo, quando, durante una passeggiata in campagna con un gruppo di amici, Ritanna Armeni abbozza il progetto a Giovanni Maria Vian, quasi a mo’ di provocazione. Il direttore, però, raccoglie la sfida. E, in poco meno di tre mesi, il sogno diventa realtà.
«Donne, chiesa, mondo» esordisce in edicola il 31 maggio, giorno della Visitazione, nel mese mariano. Non a caso, a fianco della testata sin dal primo numero compare la frase: «Sua madre confrontava tutte queste cose nel suo cuore», ispirato al versetto del Vangelo di Luca 2,19 nel quale si narra dei sentimenti di Maria dinanzi all’episodio di Gesù al Tempio. Una citazione che è un po’ il manifesto dell’intera rivista, votata alla Vergine e, come lei, stimolata nell’animo da eventi e situazioni in continuo mutamento.
Storia, immagini e attualità
Si fa presto a dire «inserto femminile». Ma, in concreto, che cosa distingue «Donne, chiesa, mondo» da qualsiasi altra rivista di attualità? «La volontà di trattare le notizie con un taglio particolare – risponde Giulia Galeotti, coordinatrice editoriale della rivista –, di ricondurre un evento alle conquiste del passato, facendo tesoro della storia dell’emancipazione femminile nel corso dei secoli».
Tra le priorità dell’inserto, dunque, c’è il tentativo di conferire profondità ai temi contemporanei attraverso le parole, ma anche le immagini: belle, luminose e colorate, occupano ampie porzioni di pagina e vanno ben oltre il mero significato di superficie. Come le illustrazioni di Isabella Ducrot, «quasi un secondo editoriale che, pubblicato in prima pagina, presenta l’argomento cardine del numero (ogni mese uno diverso: dalla sapienza alla cura, dall’incontro con Dio alla libertà fino al perdono, e così via) e dà il “la” alla sua lettura». O come le vignette di Cinzia Leone «una novità anche per “L’Osservatore Romano” – continua la redattrice –, ma soprattutto un modo per mettere in luce le 740 mila religiose nel mondo che hanno tanto da insegnare a noi laiche, compresa l’umiltà e la capacità di relazionarsi con una Chiesa ancora “gerarchicamente maschile”».
Basterebbero la corposa carta di qualità e la grafica curata a fare dell’inserto un prodotto editoriale interessante. Ma dietro alla bella facciata, tra le pagine del mensile cattolico dedicato alle donne si nascondono anche spunti di riflessione ed esempi da seguire.
Erette a modello di virtù non sono solo le sante del passato, raccontate in maniera inedita da scrittrici e scrittori illustri (basti pensare a Sylvie Barnay e alla sua Giovanna D’Arco, alla Teresa di Mariapia Veladiano, alla Cecilia di Alberto Batisti, alla Francesca di Franco La Cecla). Anche la folta schiera di donne cattoliche contemporanee intervistate in apertura – donne che sanno guardare alla realtà con occhi liberi e nuovi – rappresenta un incentivo ad adoperarsi per il prossimo e per la Chiesa. Maria Voce, presidente del movimento dei Focolari, l’ha fatto e non se n’è pentita. Come lei, anche Brigitta Klieber, laica che per venticinque anni ha amministrato la tesoreria dell’arcidiocesi di Vienna. Oppure Artemisa Chiziane, mozambicana attivista del progetto Dream, creato nel 2002 dalla Comunità di Sant’Egidio per la cura dell’Aids in Africa. E ancora: Christine McGrievy, vice coordinatrice internazionale de L’Arche, comunità di persone con e senza disabilità. «Esempi molto diversi tra loro, ma tutti attualissimi – commenta Giulia Galeotti –, a dimostrazione del fatto che le donne importanti che gravitano attorno alla Chiesa non sono casi isolati».
Completano l’inserto de «L’Osservatore» (dallo scorso gennaio, disponibile anche «slegato» dal quotidiano della Santa Sede, in abbonamento annuale) le inchieste sulle donne e sulla vita religiosa, le notizie brevi trattate con taglio inedito e le recensioni di libri e film non necessariamente freschi di stampa o appena usciti nelle sale. «L’editoria oggi rivolge troppa attenzione alle novità – aggiunge la giornalista –. Eppure ci sono tante opere del passato che meritano di essere riscoperte. Un esempio? Il romanzo di Willa Cather La morte viene per l’arcivescovo, del 1927: noi l’abbiamo recensito nello scorso numero di maggio».
Una lettura per tutti
Donne che scrivono, donne che si spendono per una buona causa, donne che insegnano, donne che leggono. Ma che fine ha fatto l’uomo e qual è il suo ruolo all’interno di «Donne, chiesa, mondo»? «Sia nella veste di collaboratori che in quella di lettori, i maschi partecipano alla nostra rivista. Anche se non in tanti come vorremmo, perché una parte di loro etichetta il giornale come “roba da femmine” – ammette Lucetta Scaraffia –. Ancora oggi quello della cattolica appannata, sottomessa, che ha rinunciato alla propria libertà è uno stereotipo con cui dobbiamo fare i conti. È ora che alle donne, da sempre impegnate nell’attività di assistenza e servizio, ma anche in tutti gli altri campi, compreso quello culturale, venga riconosciuta la giusta importanza». La novità dell’inserto de «L’Osservatore Romano», dunque, consiste proprio nell’apertura al dialogo e a temi di respiro internazionale e interreligioso.
Non è un caso che una delle tre fondatrici della rivista – Ritanna Armeni – non sia credente. Perché a prescindere dalle distinzioni di fede e ideologia, aggiunge Lucetta Scaraffia, «noi consideriamo ogni donna ugualmente capace di coltivare interessi culturali». E in questo senso, leggere «Donne, chiesa, mondo» non significa condividere tutto ciò che in esso viene pubblicato, ma piuttosto lasciarsi guidare dalla curiosità e avvicinarsi alla Chiesa senza pregiudizi. Ne sono convinte le tre giornaliste in redazione, ma anche gli oltre quaranta collaboratori, maschi e femmine, giovani e meno giovani, cattolici e non, che ogni mese contribuiscono alla nascita di un nuovo numero. Se è vero il detto «Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei», un simile assortimento di collaboratori dovrà corrispondere ad altrettanta varietà di pubblico. Come volevasi dimostrare: «L’identikit del nostro lettore comprende un campione eterogeneo – conferma Lucetta Scaraffia –. Soprattutto donne, ma anche uomini. Suore, sacerdoti e molti laici e laiche». Non ultima, una docente di scuola secondaria che poco tempo fa ha spedito una lettera alla redazione romana riportando l’interesse sollevato dalla rivista nei suoi giovani allievi. Se in Italia l’allegato de «L’Osservatore» sta man mano raccogliendo consensi, «una sorpresa è stata la risonanza che la sua nascita ha avuto all’estero: non solo in Europa, ma anche nel Nord e nel Sud dell’Africa». Perché potranno variare colore della pelle, cultura e abitudini, ma i problemi che oggi la donna si trova ad affrontare sono sempre gli stessi.
«Nonostante il mondo femminile abbia raggiunto la parità giuridica, in Italia come in molti altri Paesi permane ancora intorno a esso un alone di chiusura e scetticismo – conclude Giulia Galeotti –. Tutta colpa di un’ideologia del genere che tende ad annullare le differenze e propone il modello dell’individuo neutro. Ma l’equilibrio sta invece nella polarità. Come diceva il filosofo Norberto Bobbio, gli uomini non nascono uguali. È ora di rendersi conto che la differenza tra maschi e femmine è una grande ricchezza».