La storia in un clic

Volti segnati dal tempo e dalla fatica raccontano l’epopea italiana nel Rio Grande do Sul.
17 Dicembre 2003 | di

Il Rio Grande do Sul, in Brasile, è stato una delle mete della grande emigrazione italiana che qualche studioso non ha esitato a definire «diaspora». Famiglie intere, spinte dalla fame e dalla disperazione, presero la via del mare per cercare "; al di là  dell";Oceano "; una vita migliore. Era gente veneta, principalmente delle Province di Treviso, Vicenza e Belluno; ma c";erano anche trentini e friulani, emiliani e lombardi di Mantova, Brescia e Bergamo. Quasi tutti contadini.
Il lavoro nei campi era snervante. C";era da disboscare ettari di terra, da lottare contro le malattie, da sfamare una prole numerosa (eppure indispensabile), e c";era anche da difendersi dalle imboscate delle popolazioni indigene. Lavoro e fede hanno caratterizzato la vita di queste famiglie italiane. Dietro ogni persona, dietro ogni nucleo familiare ci sarebbe una storia da raccontare. E, per fortuna, molte di queste sono storie di successo e di riscatto.
Epopee familiari che abbiamo potuto comprendere e immaginare attraverso i libri di Emilio Franzina e di Ulderico Bernardi, attraverso le ricerche di padre Rovilio Costa e le interviste ai «nonni» raccolte in Brasile da Solange Maria Soccol.
Il fotografo Luis Tadeu Vilani ci offre uno strumento in più per capire meglio questa parte di storia nella quale s";intrecciano il passato e il presente dell";Italia del Nord e del Brasile del Sud.
Con un paziente lavoro di ricerca, Vilani, con il suo obiettivo, è andato a «scovare» nelle campagne, all";interno del Rio Grande do Sul, volti di uomini e donne. Volti dai tratti indiscutibilmente «italiani» contrassegnati dal tempo, dalla fatica, dal sole e dal vento che la lente discreta di Vilani ha saputo cogliere in tutta la loro intensità .
Sono i figli e i nipoti di quei pionieri partiti dall";Italia che testimoniano, ancora oggi, con i loro sguardi, con la loro fede e con le loro mani rugose avvezze a lavorare la terra, il tabacco e la paglia, la vita di una volta. Gente per la quale il tempo sembra non essere passato, quasi congelato. Contadini che vivono semplicemente, attaccati ai valori dei loro avi: lavoro e fede, appunto.
Luis Tadeu Vilani (Vilani è un cognome emiliano, mentre il cognome da parte materna "; Fogliato "; riconduce alla zona di Marostica, in provincia di Vicenza), vive a Passo Fundo e lavora come fotoreporter per Zero Hora, il più importante quotidiano del Rio Grande do Sul. Fra gli altri lavori realizzati da Vilani, ricordiamo: «Ruà­nas de Sà£o Miguel das Missàµes» sull";architettura e la scultura della popolazione indigena Guarani; «Porto Alegre Em à‚ngulos» sull";architettura della capitale riograndense; «Buenos Aires e Seus Recantos»; «Raà­zes Do Sul»; «Fotografias de Guarani e Caigang».
Lo abbiamo incontrato nel Veneto in occasione dell";inaugurazione della sua mostra fotografica dal titolo «Dopo l";Alba», esposta a Cison di Valmarino (Treviso) e che è già  prenotata per il 2004 da altre amministrazioni comunali ed enti, nel Veneto e in Italia.
Msa. Il fotoreporter è un professionista abituato a lavorare sull";attualità , sul quotidiano. Cosa l";ha spinta ad andare alla ricerca, con la sua macchina fotografica, di un mondo contadino che evoca immagini di una volta?
Vilani
. Questo lavoro ha, per me, un grande valore sentimentale perché mi riporta all";adolescenza, alle vacanze trascorse con gli zii che abitavano a Santo à‚ngelo e a Catuà­pe. In quelle settimane io mi sentivo come un piccolo contadino e come tale vivevo quei giorni aiutando gli zii in tutti i lavori nei campi. Ricordo con particolare piacere i bagni ristoratori nel fiume, dove mi tuffavo dopo una lunga giornata passata sotto il sole.
Queste esperienze mi hanno fatto veramente comprendere la vita di sacrifici di mio padre, e quanto duro sia il lavoro nei campi. E mi hanno anche fatto apprezzare in pieno la vita dei miei nonni e di tutte le altre famiglie d";origine italiana. Lavoro e sacrifici che ancora oggi fanno parte della vita quotidiana di tanta gente. Fortunatamente, gran parte degli italiani ha trovato l";«America» qui in Brasile. Ma non dobbiamo dimenticarci di coloro che stanno ancora cercando di raggiungere quel sogno, quella vita migliore. Ci vorrà  ancora tempo e molta fede in Dio. Mi riferisco, in particolare, a quei piccoli agricoltori che le politiche sociali ed economiche del Brasile hanno finora trascurato.
Nel Rio Grande do Sul, i discendenti dei nostri emigrati hanno saputo mantenere, pressoché intatti, la lingua, le tradizioni e i valori di una volta. Secondo lei durerà  ancora per molto questo fenomeno oppure è destinato ad esaurirsi con la generazione dei suoi genitori ?
Speriamo che possa durare ancora venti, forse trent";anni. La nostra realtà  è molto diversa dalle altre «Italie nel mondo». Noi preserviamo ancora intatti i valori che gli emigrati italiani portarono con sé più di cento anni fa; e continuiamo a sognare con nostalgia quell";Italia che la maggior parte di noi non ha mai visto, ma della quale ha tanto sentito, e sente, parlare. Qui ogni gesto della vita quotidiana evoca l";Italia: il cibo, il dialetto, le tradizioni`€¦
Penso che se vogliamo conservare tutto questo, è necessario fare un lavoro serio e grande, coinvolgendo governo, istituzioni italiane, università , antropologi, ecc. Senza dimenticare il grande contributo che stanno offrendo, per questa causa, singoli individui e associazioni. Per non rischiare di perdere tutta l";italianità  che c";è qui da noi, ritengo che dobbiamo innanzitutto fare un lavoro in ogni comune in cui la colonizzazione italiana è molto forte, e offrire linfa vitale a queste famiglie italiane.
Dai suoi ritratti, traspare una grande spiritualità , una grande fede religiosa che probabilmente ha molto aiutato questa gente nei momenti difficili, e soprattutto nei primi anni d";immigrazione. Hanno saputo trasmetterla anche alle generazioni successive ?
Penso proprio di sì. La fede in Dio ha aiutato molto i nostri padri e i nostri nonni nei primi duri anni di colonizzazione in Brasile. Ma è di grande conforto e aiuto anche oggi. La fede e i sani valori dei nostri avi "; in primis il senso della famiglia "; sono arrivati certamente fino alla mia generazione, anche se negli ultimi anni consumismo, globalizzazione, una certa televisione che propone modelli di vita basati più sull";«apparire» che sull";«essere» sono arrivati fin quaggiù.
Ci congediamo da Tadeu strappandogli una promessa: proseguire il suo bel lavoro in Italia per immortalare con altrettanti scatti i volti del ramo «italiano» della famiglia.

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017