La svolta ecologica dell’edilizia sacra

Applicare principi di bioarchitettura all’edificazione delle chiese. Non è solo una moda, ma una scelta profondamente cristiana: lo dice il magistero di Benedetto XVI.
24 Novembre 2008 | di

Obiettivo eco-chiese. Non è solo un pio desiderio ambientalista, ma un orientamento della Cei in tema di edilizia sacra: porre attenzione ai materiali, al risparmio energetico, all’utilizzo di fonti energetiche alternative, in modo rispettoso del creato. Una novità che si inserisce nel solco del magistero della Chiesa, alla ricerca di quella «conversione ecologica» auspicata già da Giovanni Paolo II e ribadita da Benedetto XVI, propugnatore di una «ecologia umana» a fianco di quella naturale, perché «ogni atteggiamento irrispettoso verso l’ambiente reca danni alla convivenza umana, e viceversa» in un «nesso inscindibile tra la pace con il creato e la pace tra gli uomini», come già aveva testimoniato Francesco d’Assisi. Può una chiesa costruita in un modo anziché in un altro contribuire alla pace? Una risposta è contenuta nel titolo del primo convegno italiano che si sia occupato di bioarchitettura sacra: «Costruire bene per vivere meglio – Edifici di culto nell’orizzonte della sostenibilità» tenutosi in aprile a Roma a cura della Conferenza episcopale. Spiega don Giuseppe Russo, responsabile del Servizio nazionale edilizia di culto: «Questo appuntamento ha sancito la maturità raggiunta dalla Chiesa sul tema dell’impegno ecologico in architettura. L’insegnamento del Papa sulla salvaguardia del creato ci sostiene, ma è più in generale una consapevolezza nuova quella che si respira. Gli interventi che mirano alla sostenibilità secondo i principi della bioedilizia si moltiplicano e cresce l’interesse verso le possibili applicazioni negli edifici di culto». Don Russo smentisce invece la notizia diffusa da alcuni quotidiani nazionali in seguito al convegno: «Non sono state varate linee operative edilizie a cui attenersi: le diocesi sono autonome, anche se l’indirizzo è quello ambientale. È vero invece che abbiamo inserito per la prima volta nel concorso per nuove chiese “Progetto Pilota 2008” criteri di bioarchitettura da rispettare». Significa tener conto dell’orientamento e dell’esposizione solare degli edifici, dell’equilibrio con l’ambiente circostante, della possibilità di reimpiegare l’acqua piovana o di sfruttare la geotermia, dell’uso di caratteristiche costruttive corrette e di materiali idonei non pericolosi per la salute.


Rottura di un equilibrio

Va chiarito che gran parte degli edifici di culto già rispondono a questi criteri, almeno in termini di equilibrio tra forma architettonica, modalità costruttive, materiali naturali. È solo dal dopoguerra che si è edificato in modo disordinato, facendo prevalere su tutto la ricerca di originalità mediante l’innovativo uso del calcestruzzo armato, spezzando così quel legame con l’ambiente e con la tradizione storica decisivi perché un’architettura sia percepita come «bella». Quante chiese moderne possono vantare questo gradimento estetico, che induce anche disponibilità alla preghiera, affetto e piacevolezza nel frequentare la chiesa di mattoni? In Italia una tale sensibilità, che contempli pure la responsabilità verso il creato, non è diffusa come all’estero. Per il nostro Paese si sogna quanto successo in Austria e Germania, dove la sostenibilità architettonica è di casa, a partire dall’utilizzo dell’energia solare. Ad oggi sono oltre settecento le chiese tedesche, tra cattoliche ed evangeliche, che hanno installato sul tetto pannelli fotovoltaici. L’esempio dato dalle comunità ecclesiali ha avuto un effetto «rompighiaccio», contagiando molti cittadini, tanto che oggi in Germania l’energia elettrica generata in questo modo ha superato il 3 per cento del fabbisogno nazionale, contro il misero 0,0006 per cento attestato in Italia, stando ai dati 2006 dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas.

Corciano, progetto pilota

Per trovare un modello di edificio di culto pensato in maniera sostenibile nel nostro Paese bisogna cercare tra i progetti in fase di realizzazione. Un esempio è la chiesa dei santi Severo e Agata a Corciano, provincia di Perugia, direzione lago Trasimeno. Inserito in un quartiere di nuova formazione, il complesso parrocchiale si presenta come un quadriportico comprendente l’edificio sacro a forma ellittica, la canonica, l’oratorio, oltre a uffici, spazi di servizio, il salone. Il sagrato è parzialmente coperto da un grande tetto inclinato che accoglie e unisce le diverse ali del complesso. Si potrebbero sottolineare le specifiche estetiche, le scelte liturgiche, ma quel che ci interessa in questa sede sono la sostenibilità dell’intervento e l’utilizzo di energie rinnovabili. L’architetto Donatella Forconi, coordinatrice del gruppo di progettazione, è quasi stupita dalle attenzioni riservate alla chiesa di Corciano: «È stato naturale porci l’obiettivo del risparmio di gestione. La facilità di manutenzione e le scelte energetiche alternative fanno prevedere circa 10 mila euro l’anno in meno di spesa. Non mi ritengo una fanatica della bioarchitettura: dove il rapporto costi-benefici produceva una diseconomia si è soprasseduto. D’altra parte, mi sono accorta che lavorare sulla sostenibilità innesca meccanismi virtuosi. Ad esempio, il Comune di Corciano, dopo aver visto il nostro progetto, ha deciso di realizzare la vicina scuola con gli stessi principi costruttivi».

Oltre all’impianto fotovoltaico, che fornirà energia elettrica per la climatizzazione e l’illuminazione, nella chiesa dei santi Severo e Agata è previsto il recupero dell’acqua piovana, grazie a un sistema interrato a impatto visivo nullo collegato alle cassette di scarico dei wc. Un’altra energia gratuita, infine, è la temperatura costante del terreno, di circa 12°C, tre metri sotto il piano di calpestio. Grazie ad alcune pompe di calore a sonda geotermica, questa risorsa copre 4/5 del fabbisogno energetico sia per il riscal­damento invernale che per il raffrescamento estivo. La restante parte di elettricità proviene poi da fonte fotovoltaica: si consegue così l’autosufficienza. Chiunque conosca l’ammontare delle bollette di gas e luce di una chiesa si rende conto di cosa ciò significhi.


Il fotovoltaico di Bagnara Calabra

Ma si possono raggiungere risultati simili anche con in­terventi di restauro? Chiaro che bisogna valutare caso per caso, ma certo molto si può fare. Ad esempio con l’energia solare. «Era da tanto tempo che ce l’avevo in mente» racconta don Rosario Pietropaolo. Sul tetto della chiesa di cui è parroco, a Bagnara Calabra, ha inaugurato in ottobre un impianto fotovoltaico, tra i primi in Italia instal­lato su un edificio di culto. La chiesa abbaziale dedicata a santa Maria e ai dodici apostoli è di fondazione normanna, per quanto l’attuale edificio sia stato ricostruito nel secolo scorso, dopo il terremoto del 1908 che lo distrusse completamente. Don Rosario ha concre­tiz­zato la sua idea di sosteni­bilità anche grazie alla Finanziaria 2007: la detrazione fiscale del 55 per cento per interventi di risparmio energetico gli ha permesso di ovviare al costo iniziale dell’opera. «Inoltre produco più energia di quanta ne consumi la chiesa, la canonica e gli ambienti parrocchiali messi insieme. Il surplus lo rivendo all’Enel, guadagnando 42 centesimi al kilowatt. Mi sono rivolto alla stessa ditta che ha realizzato l’installazione della Cattedrale di Potenza: hanno ve­rificato i consumi della parrocchia analizzando le bollette, così hanno progettato un impianto adeguato da venticinque pannelli. Poi il sole da noi in Calabria non manca di certo…».

La sfida per le chiese italiane è aperta: l’obiettivo è che scelte ecologiche nella costruzione di edifici sacri non debbano più fare notizia.



Zoom. Efficienza e risparmio energetico


Cosa significa in concreto per una parrocchia «conversione ecologica»? Ecco alcune scelte possibili, tratte dalla ricerca «Per una conversione ecologica: ecoenergia e nuovi stili di vita» curata da Fondazione Lanza in collaborazione con la Pastorale cittadina di Padova, analizzando i consumi energetici di sessantasette parrocchie.


- Evitare la dispersione termica

La dispersione termica incide molto sulla spesa energetica. Misure di isolamento possono riguardare i vetri delle finestre e i muri interni, per esempio con l’applicazione di lamine di materiale isolante e riflettente da frapporre tra termosifone e muro. Importante poi l’intervento sul tetto: la copertura degli edifici è infatti responsabile di circa il 30 per cento della dispersione termica.


- Rinnovare gli impianti

La sostituzione dei vecchi impianti di riscaldamento – in particolare quelli alimentati a gasolio – è una buona possibilità di riduzione delle perdite legate alla generazione. In tal modo si ridurrebbero le temperature di distribuzione e il funzionamento degli impianti con rendimenti più elevati, includendo anche l’impiego di sistemi a condensazione dei gas di scarico. Gli investimenti sarebbero ripagati nell’arco di pochi anni.


- Lampade a basso consumo

La sostituzione delle lampade a incandescenza e alogene con quelle a basso consumo è una priorità, sia nelle chiese che negli oratori. Con l’utilizzo nelle aree comuni di sensori di presenza e regolatori del flusso luminoso si risparmia tra il 30 e il 60 per cento dei consumi. Ancor più significativo l’uso di lampade led: a parità di emissione luminosa consumano circa un decimo dell’energia.


- Gruppo di acquisto

Più utenze che acquistano insieme hanno maggiore forza commerciale rispetto a chi si muove da solo. Ecco perché sarebbe strategico creare tra parrocchie vicine o nel vicariato un gruppo di acquisto di energia elettrica e di gas metano. La revisione contrattualistica e il contestuale cambio di fornitori (anche a seguito del mercato libero dell’energia e del gas) può fruttare risparmi stimati in circa il 7 per cento della spesa globale.



 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017