La vita e il pensiero della dottoressa Palandra

Di origini pugliesi nel 1968 è emigrata a New York. Da ventidue anni è sovrintendente del distretto scolastico di Elmont nella Nassau County, sempre nello Stato di New York. Un'esperienza straordinaria raccontata in questa intervista da Maria Palandra.
11 Novembre 2010 | di
Nata a Monteleone in provincia di Foggia nelle Puglie, Maria Palandra è emigrata a New York nel 1968. Dal 1988 è sovrintendente del distretto scolastico di Elmont nella Nassau County dello Stato di New York. Anche se per gli immigrati la tentazione di cedere e di abbattersi davanti alle ovvie difficoltà di un nuovo Paese è piuttosto naturale, per la dottoressa Palandra le cose sono andate in modo differente: si è impegnata a dare il massimo e ad aspettarsi dagli altri lo stesso risultato. Inoltre, mentre troppi italiani non hanno mantenuto la loro lingua e cultura una volta emigrati nel nuovo paese di adozione e conoscono poco dell’Italia di oggi, lei ha creato una vasta campagna per promuovere sia la lingua sia la cultura italiane. Questa è stata, infatti, la sua «missione» fin dal primo giorno che è approdata negli Stati Uniti. Ce lo ha spiegato con orgoglio in questa intervista.
Barozzi. Dottoressa Palandra qual è la sua formazione?
Palandra
. Dopo essermi diplomata alle scuole magistrali di Poerio e di Cuomo in Salerno, la mia famiglia ha deciso di emigrare a New York, dove mi sono subito iscritta a varie università per ottenere l’abilitazione all’insegnamento e alla ricerca. In dodici anni ho frequentato le seguenti università: Hunter College, Fordham University, Queens College ed Hofstra University, ottenendo diplomi e lauree in diversi campi (letteratura, lingua, amministrazione e consulenza accademica). Dopo alcuni anni di insegnamento nelle scuole pubbliche di Elmont sono stata promossa sovrintendente, come pure eletta conferenziere presso la Hunter College e St. John University. Ho anche avuto possibilità di pubblicare le mie ricerche in vari periodici a servizio della scuola per la città di New York.
Lei parla (e insegna) correttamente inglese, italiano e spagnolo. Inoltre ha ricevuto numerosi premi e il suo servizio è stato richiesto da vari enti. Ce ne vuole indicare alcuni?
Per la mia dedizione all’integrazione razziale sono stata onorata con il «Dr. Martin Luther King Humanitarian Award», una delle più prestigiose onorificenze che lo Stato di New York dá a chi si è adoperato per i diritti civili delle minoranze. Altri attestati includono «l’Educator of the Year Award» assegnatomi dall’Italian American for Better Government Inc., «l’Elmont Interschool Council of PTAs», ricevuto dall’associazione degli insegnanti e genitori, e il «National Lifetime Membership», consegnatomi dal governo di Washington, D.C. Mi sforzo anche di creare ottimi rapporti tra le varie etnie cercando di farne emergere il più possibile i valori. Per questa ragione mi presto come volontaria presso l’ACIM, l’Italian  American Committee on Education, che in passato era sponsorizzato dai padri scalabriniani; e presso il «Gateway Youth Outreach Program», che mira a mantenere i ragazzi impegnati in attività produttive e sane come lo sport, pianificare per loro il dopo scuola e guidarli nella scelta di un mestiere una volta completati gli studi.
Come insegnante e sovrintendente lei si è sempre prodigata per promuovere, in maniera visibile ed efficace, l’inserimento della lingua italiana nel curriculum scolastico americano, sia nelle scuole del suo distretto, sia nell’area di New York, New Jersey e Connecticut.
Quella italiana è una lingua importante; nel mondo è la lingua della cultura e dell’arte: una lingua capace di esprimere sfumature, forse anche complicata, che però permette di esprimere in maniera molto raffinata. In tutta la vita professionale ho collaborato con gratitudine e orgoglio con tantissime persone, enti ed associazioni nelle circoscrizioni consolari dei vari stati, nei quali si effettuano seminari di formazione per studenti e insegnamenti di italiano ed attività di consultazione, prestito ed uso didattico orientate di libri e materiali per l’insegnamento della lingua italiana.
La lingua italiana è un veicolo importante di diffusione della nostra cultura, anche per chi non è italiano. Attraverso l’insegnamento della lingua si capisce il significato dell’essere italiani: possedere una cultura del saper vivere con stile ed armonia, che coinvolge aspetti sacri e rituali derivanti da una tradizionale secolare.
Che suggerimenti si sente di dare agli italo-americani?
Di affermarsi nella patria di adozione senza dimenticare la patria di origine. In America gli immigrati vengono integrati e globalizzati a tutti i fini. Praticamente, chi ha talento, ansia di divenire autosufficiente e fonte attiva, scrigno di valori di pensiero e di azione da cui poter attingere, il suo passo non viene sbarrato, ma ha via aperta. In questo paese la legge è uguale per tutti. Chi si comporta con lealtà, onestà, integrità e aspira a migliorare e contribuire al progresso generale, non ha ostacoli di sorta. Gli italo-americani si sono affermati in tutti i campi, da quello politico a quello imprenditoriale, da quello industriale a quello accademico. Nel gruppo etnico-italiano ci sono laureati, insegnanti d’ogni tipo di scuola, medici, avvocati, esperti di finanza, oltre a militari di carriera e agenti di polizia e così via, più di qualunque altro gruppo etnico. L’America, come tutte le nazioni progredite, ha adottato come regola del vivere civile la civiltà occidentale, che ha avuto come base il Rinascimento italiano e per questa sua adozione è astro di prima grandezza per tutti; frutto della sinergia, della buona volontà e onestà dei singoli componenti di tutti i gruppi etnici che la costituiscono; finestra nel mondo, esempio e modello per tutti coloro che vivono alla presenza di Dio, in qualsiasi parte del globo.
Attualmente lei sta facendo delle ricerche per un libro sui sovrintendenti italo-americani contemporanei. Cosa si prefigge di raggiungere con questa pubblicazione?
Di presentare alla comunità italo-americana il patrimonio di valori comuni che ci distingue. Innanzitutto i sentimenti di forte ammirazione per quanto la nostra comunità ha fatto e continua a fare per consolidare lo straordinario rapporto di amicizia e di ideali culturali tra Italia e Stati Uniti. I tricolori issati ai Consolati, negli Istituti di Cultura e in tutte le istituzioni e associazioni italiane nel territorio americano sono il segno dell’accoglienza e dell’invito rivolto a tutti i membri della grande famiglia italo-americana. Siamo qui per far crescere questa famiglia e sappiamo di poter contare sul sostegno e la partecipazione attiva di ognuno dei suoi membri, anche attraverso l’importante strumento della lingua italiana. Nella mia ricerca sui sovrintendenti contemporanei scopro la medesima stretta unità tra le due nazioni sulle questioni vitali della convivenza tra i popoli, la sicurezza internazionale, l’economia, la tutela dei deboli, la protezione dell’ambiente e un futuro di libertà, prosperità e pace. Questi legami diretti che si accompagnano all’alleanza politica tra i due Paesi sono approfonditi a cominciare dalla cultura, con particolare attenzione all’insegnamento e alla diffusione della lingua italiana, come pure dall’innovazione tecnologica e dalla cooperazione in campo economico e industriale. È chiaro che per immaginare e realizzare questi progetti serve il contributo di tutti gli italo-americani. È con questo auspicio che continuo la mia missione di educatrice, consapevole dell’apporto che ognuno può dare all’affermazione del ruolo e dell’immagine dell’Italia negli Stati Uniti.
Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017