L’abbé Pierre: una vita con i barboni

A colloquio con il fondatore delle comunità «Emmaus»: un luogo dove migliaia di sbandati hanno trovato il calore di un focolare, dignità e speranza. Una vita intessuta di preghiera e di lavoro.
04 Dicembre 2002 | di

L`€™abbé Pierre, il mitico fondatore delle comunità  «Emmaus», che hanno restituito a tanti sbandati e senza fissa dimora, il calore dell`€™amicizia, un briciolo di dignità  e di speranza, lo scorso agosto ha varcato la soglia dei novanta. Prima cappuccino, poi sacerdote diocesano, impegnato a mettere in salvo i perseguitati dai nazisti durante la guerra, deputato al parlamento francese per tre legislature, è una di quelle figure, come madre Teresa di Calcutta, don Carlo Gnocchi, don Calabria e infinite altre, che hanno lasciato il segno nel versante della carità , intesa come ricerca di dignità  e di giustizia per tutti. Lo abbiamo intervistato.

Msa. Abbé Pierre, tra poco, avrà  già  compiuto novant`€™anni: possiamo chiamarla nonno?
Abbé Pierre.
È da tanto tempo che sono nonno, anzi bisnonno (sono oltre 100 i suoi nipoti e pronipoti).

Quali i suoi sentimenti alla vigilia di un compleanno?
Poche cose`€¦ La speranza che tra poco arrivino le «grandi ferie». Quando sono stanco e mi chiedono come sto, di solito, scherzando, rìspondo così. È l`€™impazienza che porto da sempre nel cuore. Sin da giovane ho desiderato di morire presto e l`€™ora, sempre rimandata, adesso si sta avvicinando. È un desiderio, non una paura.

Come mai questo desiderio di morire presto?
A che cosa aspiriamo tutti, se non a vivere per sempre nell`€™Amore ed essere protetti dal rischio di offendere Dio. Se aspiriamo a questo, è più che normale il desiderio di arrivare al più presto alla meta.

Lei ha scritto nel suo Testamento che ha molte domande da porre al Buon Dio. Qual è la prima che gli farà , quando lo incontrerà  faccia a faccia?
È una domanda grossa. Gli dirò: mio Dio vi amo con tutto il cuore, con tutta l`€™anima perché siete infinitamente grande e infinitamente buono, però non capisco niente dell`€™ordine della creazione cominciando dal fatto che gli animali più grandi per vivere e conservarsi debbano divorare i più piccoli. La legge naturale per cui bisogna servire prima i più forti a scapito dei più deboli non mi lascia tranquillo. Certo, questo non sminuisce il mio amore per Dio, però non posso tacerlo, glielo devo chiedere. Gli chiederò anche delle sofferenze ingiustificate di molte popolazioni. È vero che la miseria è il frutto del peccato degli uomini, di ciascun uomo, dei governanti; è colpa nostra se non esiste un`€™equa distribuzione dei beni terreni tra gli uomini, però perché non chiamare Dio in causa?
Un`€™altra cosa importante: quando recitiamo il Padre nostro, terminiamo dicendo «liberaci dal male» e in molti punti del Vangelo Gesù dice: «Cercate e troverete, bussate e vi sarà  aperto», allora come non chiedere: «Dio mio, com`€™è che da 2000 anni ci avete insegnato il Padre nostro, eppure il male esiste ancora?». È una domanda che non posso non rivolgere a Dio.

Lei ha dedicato la sua vita per dare dignità  ai poveri. Cosa pensa del divario sempre grande tra Paesi poveri e ricchi?
Purtroppo penso che questo divario esisterà  fino alla fine del mondo. È il risultato della fragilità  umana, dei nostri peccati, dei nostri egoismi, delle nostre ambizioni che ci portano a sfruttare gli altri, a calpestarli. E ciò succederà , temo, sino alla fine del mondo. Questo è il punto su cui saremo giudicati tutti: avevo fame e sete, ero nudo e in prigione... Se siamo riusciti a riconoscere Gesù nei nostri fratelli, bene, altrimenti lui ci rinnegherà .

Ha l`€™impressione che si faccia poco per vincere la povertà , insomma?
Non si fa niente. Se torniamo indietro di cent`€™anni, vediamo che il mondo si è evoluto, ma la povertà  continua a esserci e ad aumentare.
Il mondo ha fatto enormi progressi in vari ambiti, ma non ne ce serviamo per venire in aiuto dei poveri. Nelle comunicazioni, i media hanno una potenzialità  enorme, ma non sempre servono la causa della verità  e del bene denunciando lo sfruttamento. C`€™è gente che fa del proprio meglio, nonostante tutto, perché ci sia un po`€™ più d`€™amore tra gli uomini, come madre Teresa e Suor Emmanuelle...

Lei pensa di aver fatto poco o molto per i poveri?
Se è poco o molto lo devono dire gli altri. Chi è impegnato in questo tutti i giorni non ha tempo per misurare quello che fa. Si è assorbiti dalle lacrime di chi viene a piangere alla porta e di chi che non è stato ancora soccorso. Che sia poco o molto, lasciamo giudicare a Dio. Una povera madre che condivide il poco che ha con un vicino più povero, ha lo stesso merito del miliardario che da una parte del suo patrimonio.

Che cos`€™è per lei la generosità ?
Generosità  è essere attenti ai bisogni altrui. Non chiudere gli occhi. Dobbiamo avere il coraggio di guardare il male, ciò che fa soffrire, ma anche le stelle, la bellezza dei fiori, del sorriso dei bambini. Si tratta di stupirsi delle meraviglie di Dio e di serbare nel cuore ferito il dolore che ci procura il male che vediamo.

Concretamente, abbé Pierre?
Dipende dalle condizioni di ciascuno. In ogni caso, la generosità  è la condivisione al fine di ottenere per tutti una maggior giustizia.

Lei è molto schietto, per questo le chiedo della scelta del celibato nella sua vita, come forma di generosità , come l`€™ha vissuta?
Ci sono molte considerazioni da fare. La prima: senza l`€™impegno del celibato non sarei stato in grado di rispondere a tutte le richieste della vita cui Dio mi ha chiamato. Se fossi stato padre di famiglia, con tutta la responsabilità  che ciò comporta, quello di cui sono stato strumento, non avrei potuto realizzarlo. Sono anche convinto che nella Chiesa del futuro `€“ lascio ai capi assumersi le loro responsabilità  `€“ ci sarà  la possibilità  del sacerdozio per uomini celibi e uomini sposati, come già  avviene nella Chiesa cattolica tra i maroniti in Libano e i copti. Mi pare probabile che i cambiamenti delle condizioni sociali nel mondo si arriverà  a questa doppia forma di vocazione.

È stato difficile per lei vivere il celibato?
Non parlerei di difficoltà , ma di sofferenze.

Sofferenze di che genere?
Quando rientri la sera a casa molto stanco, dopo una giornata estenuante al servizio degli altri e ti ritrovi nella solitudine, se non sei allenato alla preghiera di adorazione, la solitudine diventa insopportabile.

Quindi crede che la preghiera sia il rimedio a queste sofferenze?
Chiaro. Le cose non possono pienamente equilibrarsi senza la preghiera di adorazione. Ne sono convinto.

Lei ha sempre detto che senza la lunga esperienza di solitudine e di meditazione vissuta in gioventù, non sarebbe stato in grado di realizzare quello che ha fatto. Perché?
Credo che il segreto della vita si trovi nel saper accogliere le cose che ci capitano, piuttosto che nel voler realizzare a tutti i costi la nostra volontà . Mi spiego: due giovani che si sposano, si amano. Ma non basta. Il loro amore sarà  forte e duraturo, se riusciranno ad accogliere gli imprevisti della vita. La vita si costruisce tenendo conto sia degli imprevisti sia dei nostri desideri.
Quando ho deciso di diventare religioso nell`€™Ordine dei francescani cappuccini, non pensavo a quello che sarebbe stata la mia vita dopo, dopo la seconda guerra mondiale. Non ho fatto altro che dire di sì a mano a mano che mi sentivo interpellato dagli avvenimenti.
Lei mi parla del tempo di solitudine e del silenzio. Sì, sono convintissimo che se non avessi preso, a diciannove anni, la decisione di farmi frate cappuccino, se non avessi vissuto per sei anni un`€™esperienza di contemplazione, non avrei potuto sentire la chiamata a compiere ciò a cui ho dedicato la vita. Sono certo che niente può sostituire i momenti di contemplazione, i tempi di meditazione e di riflessione a partire dalla lettura del Vangelo. Quando avevo quattordici anni, gli amici mi chiamavano «castoro contemplativo». È strano. Però questo dimostra che i miei compagni scout intuivano già  quella che sarebbe stata la mia vita. Castoro che costruisce la sua casa e si raccoglie nella meditazione.

Nel trambusto delle sue attività , il silenzio e la meditazione avevano un senso per lei?
Certo. C`€™era la messa di tutti i giorni e in tutte le occasioni c`€™era la meditazione e la preghiera di adorazione.

Adesso, a novant`€™anni suonati, continua quest`€™esperienza che ha sostenuto la sua esistenza?
Sì, la sto vivendo in questa stanza da dove mi muovo poco. È la stessa esperienza di silenzio che vivo in relazione agli impegni e agli avvenimenti.

Che cosa direbbe a chi le chiedesse perché fermarsi, fare silenzio?
Direi solo di essere attenti alla voce interiore che parla loro, alle emozioni che nascono nel profondo del cuore: è lì che scopriranno come vivere la propria vocazione, che sarà  diversa da altre perché non ci sono due modi uguali di viverla. Direi ai giovani di ascoltarsi, quando vanno, per esempio, a scuola, per strada o in altre occasioni, Che trovino un momento di silenzio per ripensare a quanto letto nel Vangelo, Sarà  il loro modo di meditare. Forse saranno chiamati, come è accaduto a me, a un`€™esperienza più profonda di contemplazione alla quale non avevano mai pensato.               

 

LE DATE DELLA VITA

Henri Antoine Grouès, detto l`€™abbé Pierre, nasce in Francia il 5 agosto 1912, quinto di otto figli di una famiglia agiata. A sedici anni, durante un viaggio ad Assisi, si lascia interpellare dall`€™esempio di san Francesco. A diciannove, entra nell`€™Ordine dei francescani cappuccini. Nel 1940, un anno dopo l`€™ordinazione sacerdotale, lascia il convento, per motivi di salute e viene incardinato nella diocesi di Grenoble, nella quale, confessa lui stesso, non ha mai avuto residenza.

Il mito abbé Pierre comincia durante la seconda guerra mondiale, quando il giovane prete si adopera per mettere in salvo i ricercarti dai nazisti. Dopo la guerra, viene eletto deputato per ben tre legislature (dal 1945 al 1951). Nel 1949, accoglie a casa sua Georges, assassino e mancato suicida: inizia così «Emmaus», il movimento degli stracciaioli-costruttori.

Nel 1992, riceve la «Legion d`€™honneur», massima onorificenza francese. Il fondatore di «Emmaus» vive adesso a Parigi presso la sede internazionale del movimento. 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017