L’aids, per alcuni un grande affare
Che cosa si può rubare alla povertà ? La sua povera carne. Usata, spesso senza neppure saperlo, come laboratorio per esperimenti. In alcuni paesi dell' America latina bambini con insufficienza respiratoria acuta vengono lasciati morire per poter essere usati come termini di paragone con altri, cui vengono, invece, somministrati farmaci dei quali si vuole testare la maggior efficacia rispetto a quelli attualmente disponibili. Convenzioni internazionali vietano di prescrivere dei non farmaci, i cosiddetti «placebo» di confronto, nel caso di malattie che, lasciate senza cura, possono portare alla morte; si dice però, da parte di chi persiste con questo tipo di sperimentazioni, che questa pratica, cinica nel mostrarsi, può servire a salvare, in futuro, un maggior numero di vite. Sì, forse, ma dove? Sicuramente non in quei luoghi e nelle fasce sociali utilizzate per le prove: per loro, comunque, costerebbero troppo.
In un' altra parte del mondo, in Nigeria, capita con frequenza che decine di persone muoiano nell' esplosione di oleodotti da cui cercano, praticando dei fori, di portar via qualche tanica di petrolio da vendere per sopravvivere: è una risorsa del loro territorio, che però appartiene ad altri.
Sono, questi, solo due esempi, tra migliaia possibili, delle lancinanti contraddizioni che dividono il Nord dal Sud del mondo. Anche quando vivono o soffrono vicini, a contatto diretto. C' è una valle, in Lombardia, dove molti anni fa è stato costruito un villaggio per la cura delle persone malate di tubercolosi. Quelle in cui la povertà era abitata dalla denutrizione, dal lavoro insalubre o dalla precarietà d' alloggio. Poi la malattia fu apparentemente sconfitta dallo sviluppo: ora è tornata, con le nuove povertà . Vittorio e Zhaki si sono conosciuti lì, scambiandosi, nei lenti giorni della guarigione, le proprie storie. Di «randagio» nelle strade di una città d' Italia il primo, di immigrato clandestino in fuga dalla miseria il secondo. Insieme malati, insieme sono guariti. Poi Vittorio ha voluto e potuto cercare i percorsi del reinserimento e dell' integrazione; Zhaki avrebbe voluto, ma non ha potuto fare lo stesso. Espulso, ai primi sintomi di guarigione dalla malattia. Condannato a morire lontano, senza cure, dopo essere stato amorevolmente curato da vicino.
A Pretoria, in Sudafrica, è iniziato nel marzo scorso un processo intentato da una quarantina di multinazionali farmaceutiche contro il governo sudafricano, reo di aver votato, nel 1997, una legge che autorizzava a produrre o a importare i farmaci per le terapie contro l' aids a costi decisamente inferiori rispetto a quelli praticati dalle industrie titolari dei brevetti. L' allora presidente della Repubblica sudafricana, Nelson Mandela, affermò nel merito: «Possiamo importare o produrre farmaci antiaids a un decimo del prezzo attuale. Facciamolo e fermiamo l' Olocausto in Africa».
Sono oltre 20 milioni le persone affette da Hiv/aids nell' area subsahariana del continente, per le quali finora le uniche soluzioni possibili sono la rassegnazione alla morte in tempi brevi e l' ulteriore diffusione del virus: molti, infatti, non avendo alcun accesso alle cure, non si sottopongono al test sulla sieropositività . I dati parlano più di qualunque opinione in merito: da quando, nel 1996, sono state sperimentate con successo le terapie combinate contro l' aids, il numero di morti negli Stati Uniti è sceso da 19 mila a 10 mila, mentre in Africa è salito da 1 milione e mezzo a 2 milioni e mezzo.
Un gruppo di persone sieropositive, che per condizioni economic-osociali è in grado di sottoporsi alle terapie, ha deciso di sospenderle, mettendo in campo lo «sciopero della pillola», come segno concreto di solidarietà nei confronti di chi non può averle. «Il diritto alla salute non deve essere tutelato da brevetti, ma dalla possibilità di accesso ai farmaci», dicono. E questo dovrebbe valere per l' aids, ma anche per altre malattie che aggrediscono e devastano i paesi poveri. I farmaci, in questi casi, possono decidere della vita e della morte di uomini e donne.
In Africa vive il 70 per cento delle persone sieropositive; la spesa farmaceutica incide per l' 1 per cento rispetto a quella mondiale. La mobilitazione per garantire e tutelare un diritto umano fondamentale, quello alla salute, ha già prodotto alcuni effetti: un' industria produttrice si è detta disponibile a vendere ai paesi in via di sviluppo due componenti delle terapie combinate di tre farmaci al prezzo, rispettivamente, di 500 e di 600 dollari l' anno per paziente, invece degli attuali 5 mila e 6 mila dollari. Ancora lontano dai prezzi proposti da industrie tailandesi e indiane, che dispongono di copie efficaci, ma sicuramente un passo in avanti. Anche perché in questo caso, con molta evidenza, le fredde cifre si traducono direttamente in vite salvate, oppure in morti cinicamente sacrificate alla legge del profitto. Una legge che dovrebbe lasciare il passo a leggi ben più alte. E più umane.