L’amico importuno ovvero come pregare

11 Febbraio 2001 | di


   
   

   

   

  CHIEDETE E VI SARà€ DATO / LA PARABOLA      

«U

         n giorno Gesù disse ai suoi discepoli: Se uno di voi ha un amico e va da lui a mezzanotte a dirgli: 'Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da mettergli davanti'; e se quegli dall' interno gli risponde: 'Non m' importunare, la porta è già  chiusa e i miei bambini sono a letto con me, non posso alzarmi per darteli'; vi dico che, se anche non si alzerà  a darglieli per amicizia, si alzerà  a dargliene quanti gliene occorrono almeno per la sua insistenza.
           Ebbene io vi dico: 'Chiedete e vi sarà  dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà  aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà  aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà  una pietra? O se gli chiede un pesce, gli darà  al posto del pesce una serpe? O se gli chiede un uovo, gli darà  uno scorpione? Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà  lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono'!».
  (Lc 11,5-13)
         

   La duplice parabola (Lc 11,5-13) fa parte della catechesi sulla   preghiera, che si trova nel secondo capitolo del vangelo di Luca. Con la parabola dell'amico importuno   Gesù ci esorta a una preghiera sostenuta da una fede «sfacciata» verso Dio.

La successiva parabola dell'amore paterno risponde alla frequente obiezione di chi prega e ha l' impressione di non essere       esaudito.

 Dalla vita
La preghiera e le divisioni del Papa

di Giovanni Gennari

«Q

uante divisioni ha Pio XII?». La domanda di Stalin a Churchill, quando gli fu detto di tener conto della Santa Sede, mi viene sempre in mente, quando sento chiedere a che serve la preghiera. Si sa come è andata a finire, poi, tra gli eredi di Stalin e quelli di Pio XII&
Non serve a niente la preghiera, ma come la fede dà  senso a tutto: è gratuita, ma non superflua.
Nella parabola prima c' è l' amicizia, poi la preghiera. Tutto gira attorno a tre amici. Il primo, già  nel letto con i suoi figli, dorme. Della moglie non si parla neppure. Svegliarla non è un problema, lo è invece svegliare i piccoli. Il secondo, è quello che bussa per poter rispondere alle necessità  del terzo, arrivato all' improvviso, che però non è amico di quello che dorme, altrimenti busserebbe direttamente lì. Con Dio non è così: lui è amico di tutti.
Sulla base dell' amicizia si capisce la seconda parte della parabola, in cui Gesù annuncia la sconfinata disponibilità  di Dio a esaudire chi bussa. Non conta ciò che chiediamo. È centrale la rivelazione della realtà  di Lui che è dono infinito. L' unica ragione che Dio ha di amarci, è che non ha alcuna ragione: ci ama e basta. Staremmo freschi, cattivi come sempre siamo, se Dio ci amasse perché noi siamo buoni. No. Ci ama perché è buono Lui. Qui è il centro. Dio padre e madre insieme, Dio fratello e amico, Dio sposo e amante, Dio grande e piccolo, Dio trascendente e vicinissimo. Dio, il Dio d' Abramo, il Dio di Mosè, il Dio di Gesù di Nazaret, c' è sempre: «Io ci sono& Io sono Colui che c' è». È la rivelazione dell' Esodo, che nega una definizione e afferma una presenza: Io ho già  colmato la distanza tra me, il tuo bisogno e la tua sete di amore, non aspetto altro che esaudirti, che amarti, che ricolmarti di me, se tu bussi alla mia porta. Con me nessun rischio di pietra, di serpe e di scorpione per chi chiede pane, pesce, e uovo. Nessuna delusione, dal Dio di Gesù di Nazaret: questo è l' annuncio della parabola. Dio è fedele alla sua promessa. Ogni preghiera, anche la più sconsideratamente audace, anche la più folle pretesa di ascolto, che venga da chi è ritenuto, e magari si ritiene, il più indegno, se sincera, è accolta. Ci torniamo alla fine&

 

Preghiera, allora.

Preghiera, non preghiere. Non il ripetere formule, ma lo slancio di una vita che bussa tutta intera. Non «dire le preghiere», ma essere domanda, essere sete, essere richiesta, essere mendicanza alla porta di Dio& Non ci chiede, Gesù, di cambiare le nostre parole, pregando, ma di cambiare il nostro cuore, nella coscienza che la nostra preghiera arriva sempre seconda, è sempre risposta, anche quando chiede, perché Lui ci ha amati e chiamati per primo: «Ecco, io sto alla porta e busso: se uno sente la mia voce e apre la porta, io entrerò da lui, e cenerò con lui, e lui con me»(Apc 3,20). Si è fatto povero, e ha bussato alla nostra porta& La prima condizione della nostra vita è ascoltare il pulsare della sua mano sulla porta del nostro cuore. Aprirgli, e poi bussare anche noi, ma memori del Suo monito: «Non moltiplicate vane parole,& pagani» (Mt. 6,7).
Perciò la conclusione non è di piccola portata. Gesù non ci dice che Dio ci concederà  i suoi doni, ma che ci concederà  lo Spirito Santo, e cioè se stesso. La sua accoglienza della nostra preghiera-vita non è abbondante, è sovrabbondante, e la preghiera-vita non è quella che chiede i doni di Dio, ma Dio stesso, e ha fiducia incrollabile di riceverlo. Ogni volta che pregando chiediamo, dobbiamo chiedere non tanto i suoi doni, ma Lui stesso. È la promessa mantenuta con l' Ascensione-Pentecoste, il campo libero della storia lasciato all' uomo assistito dall' «avvocato» interiore, il «Dio dentro di noi», il mistero che dura in noi fino alla fine dei secoli: lo Spirito Santo che diventa vita nostra saziando ogni fame, ogni sete, ogni desiderio, ogni richiesta, ogni vuoto nostro. È parola esplicita: «Occhio umano mai vide, orecchio umano mai udì, cuore umano mai ha potuto presagire quello che Dio ha preparato per coloro che lo amano» (1Cor 2,9). Per questo «bisogna sempre pregare, e non stancarsi mai» (Lc 18,1): perché la preghiera autentica, quella che apre la porta della vita all' invasione di Dio che si offre come vita - pane, pesce, uovo, nella semplificazione naturalissima della parabola - ha già  in se stessa l' esaudimento.
Non c' è il rischio che bussando si trovi la porta chiusa? Non c' è. A meno che& In verità  un unico rischio c' è, di trovare la porta chiusa. Lo corriamo quando noi la chiudiamo agli altri. Non è un discorso inventato per urgenze di modernità  e di populismo sociologizzante: Dio non conosce, e non apre, a chi nella vita non lo riconosce nel fratello che bussa alla sua porta, e non apre la porta della sua vita ad esso (Mt 25). Perché il Dio che ci si è rivelato in Gesù è uno che bussa alla porta nostra tutti i giorni, nel fratello immigrato, nel povero, nell' antipatico, nel diverso. Una porta chiusa è l' antivangelo. Ecco tutto: tenere aperta la nostra porta ai fratelli, e bussare insieme, cocciutamente, a quella di Dio, che è già  aperta, spalancata, definitivamente simboleggiata nella misteriosa ferita del fianco di Cristo crocifisso, da cui uscì sangue e acqua, tutta la vita e tutta la realtà & Perciò nessuna incertezza, nessuna disperazione. Il mistero di Dio è già  nostro per grazia, anche se ancora non si vede quello che già  siamo (IGv 3,2). Possiamo chiedere, nientemeno, lo Spirito Santo, chiedere Dio a Dio, e diventare una cosa sola con Lui, per grazia Sua. Perciò la sconfinata fiducia dei Santi veri: non confidavano in Dio perché erano Santi loro, ma perché è Santo Lui. Ecco - e mi piace chiudere con questo - il grido finale della Storia di un' Anima di Teresa di Lisieux, a torto creduta «piccola» per un incredibile imbroglio tentato su di lei e sui suoi scritti da sorelle e consorelle, ma oggi non solo santa e patrona delle missioni, ma anche dottore della Chiesa: «Anche se avessi sulla coscienza tutti i peccati che si possono commettere, andrei, con il cuore spezzato dal pentimento, a gettarmi nelle braccia di Gesù (& ) Non è perché il buon Dio, nella sua preveniente misericordia, ha preservato l' anima mia dal peccato mortale che io mi innalzo fino a Lui con la confidenza e con l' amore». Lettore, de me, de te, fabula narratur: si parla di me e di te&
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L' unica ragione che Dio ha di amarci,
 è che non ha alcuna ragione:
ci ama e basta.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017