L’arroganza ai tempi del Suv
I nuovi vizi degli italiani. Arroganza e maleducazione
26 Febbraio 2009
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Per cominciare
«Di fronte a realtà come la sporcizia sui muri e nelle strade, alla sguaiataggine nei luoghi pubblici, alla volgarità ostentata, si resta impotenti e scoraggiati. Ed è questo atteggiamento dimissionario che alla fine ringalluzzisce i maleducati, li fa sentire impuniti e invincibili e fa tendere verso il basso il comportamento collettivo. Cominciano i genitori a lasciar perdere, per evitare discussioni; la società si fa indifferente e tollerante, la scuola non osa intervenire per evitare rogne. E così dilaga il cattivo gusto e trionfa la grossolanità e la rozzezza. Mai come in questo caso andare controcorrente è segno di dignità e coraggio».
G. Ravasi, Le parole e i giorni. Nuovo breviario laico, Mondadori, Milano 2008, pag.122
La provocazione
L’arroganza e la maleducazione, secondo la ricerca effettuata in esclusiva dall’Istituto Astra per il «Messaggero di sant’Antonio», sono i nuovi vizi peggiori e più diffusi tra gli italiani. Ma, a guardar bene, non sono poi così recenti…
Bruno è spavaldo e affronta la vita, nell’Italia del boom, con la sicurezza di chi non deve rendere conto di niente a nessuno. Suscita al tempo stesso riprovazione e ammirazione: riprovazione, perché sovverte le regole; ammirazione, perché è un vincente. Accanto a sé trascina Roberto, che è tutto l’opposto: timido e riservato, educato e impacciato. A bordo della sua Lancia Aurelia Sport, in un tragico finale sulla strada che costeggia la scogliera tra Livorno e Castiglioncello, Bruno condurrà Roberto alla morte. Un incidente; ma anche il logico abisso reso necessario dal cinema «morale», fortemente civile, di Dino Risi… Ormai dovreste averlo capito. Stiamo parlando del film Il sorpasso, capolavoro del 1962, con Vittorio Gassman nella parte di Bruno e Jean-Louis Trintignant in quella di Roberto.
Bruno è l’antesignano e prototipo di un nuovo genere di arrogante che va affermandosi in un’Italia ormai dimentica delle angustie della guerra e dell’umiltà necessaria a chi vuol ripartire da zero. L’arrogante, al contrario, si sente già arrivato. Gode di tutto ciò di cui può godere senza curarsi delle conseguenze. L’umile che costruisce ha un progetto e un futuro; l’arrogante non sa che farsene dei progetti e sguazza in un eterno presente.
Bruno, dal 1962 a oggi, è cresciuto e si è moltiplicato; e la sua arroganza è diventata, secondo il giudizio degli italiani, il primo e peggiore e più diffuso e molesto dei nuovi vizi. Bruno, con il suo veicolo – un Suv cicciuto, un Tir ipertrofico, ma anche un’indisciplinata utilitaria – parcheggia in seconda fila o nei posti riservati ai disabili, lui che disabile non è; sulle strisce pedonali tira dritto; in autostrada a 130 all’ora te lo ritrovi a pochi centimetri dietro di te, scalpitante e mortalmente pericoloso, deciso a mettere a repentaglio, assieme alla sua vita, anche la tua e pressoché certo dell’impunità: quando mai un simile comportamento criminale viene multato?
Bruno è il dirigente che maltratta i sottoposti; è il giovanotto che non cede il posto all’anziano in tram ma è anche l’anziano che, furtivo, ti passa davanti quando sei in fila; Bruno ti fa fare anticamera anche se non ce n’è bisogno e non ti richiama mai al telefono. Ah, il telefono… Bruno strilla i fatti suoi al cellulare davanti a tutti in treno, sul bus, in sala d’aspetto, al bar, per la strada. Bruno parla ma non ascolta. Se fuma, getta il mozzicone per terra allo stesso modo in cui suo figlio si disfa della gomma americana masticata o della carta della merendina. Bruno, da perfetto tetragono e implacabile arrogante, non prova vergogna; anzi, c’è chi afferma che l’arroganza serva appunto a neutralizzarla, la vergogna.
Bruno di sicuro non sa che arroganza deriva dal latino ad rogare, che significa richiedere e attribuirsi ciò che in realtà non spetterebbe. Ma «richiede» e «si attribuisce» come se lo sapesse perfettamente.
Sarà anche additata come il peggiore dei nuovi vizi, l’arroganza. Eppure il mercato, che ci scruta con attenzione e difficilmente sbaglia un colpo, da quasi trent’anni decreta il successo di un profumo, per lui e per lei, che si chiama appunto Arrogance. Un comunicato stampa dell’aprile 2007 lo presenta così: «Punta a tutti quelli che vivono i nostri tempi con la fermezza e il temperamento necessari». E sette mesi dopo l’azienda descrive il nuovo Arrogance 7 Uomo con queste parole: «Un profumo intensamente maschile, fresco e sensuale, che contiene tutta la forza e il mistero dell’uomo». L’involucro è «grigio, richiamo alla roccia e al suo vigore». Retorico, esagerato, fastidioso? Eppure funziona e vende. I tempi di Bruno sono ancora lungi dal tramontare.
Il barile di aceto e la goccia di miele
di Domenico Segalini (vescovo di Palestrina; assistente ecclesiastico generale dell’Azione Cattolica Italiana)
E noi cristiani?
Rispondere con il bene al male, ovvero decalogo per rapportarsi in modo buono con persone arroganti.
Il maleducato crede di essere il centro del mondo, ma spesso non ne ha colpa. Chi doveva educarlo ha creduto che lui (così come l’essere umano in genere) non avesse dentro una grande voglia di bene, ma solo una forza irresistibile che lo portava all’egoismo. Oppure, ha pensato che nella vita il bene fosse spontaneo, e la persona non andasse educata alla sua ricerca. Lo ha lasciato, quindi, tranquillo a fare perno su di sé anziché sugli altri. Ha scambiato il semplice istinto di conservazione, molto importante per vivere, per una legge definitiva di crescita. Non gli ha fatto vedere com’è bella la vita con gli altri, quanto si ha bisogno di loro e quanto si può imparare da tutti. Così il «piccolo imperatore», quando ha cominciato a capire che la felicità la trovava solo aprendosi all’amore verso gli altri, mettendo gli altri al centro delle proprie attenzioni, si è scoperto incapace di dialogo, senza una vera considerazione di sé, senza delicatezza, senza sentimenti tenui, senza allenamento, e si è sentito come un elefante in una cristalleria.
Troverà, nella sua vita, qualcuno che, senza fare sconti, lo aiuterà a riscoprire l’importanza di una norma di comportamento, che è poi sempre la legge dell’amore?
Il maleducato spesso crede di essere coartato da questa società, mentre lui vuole vivere in modo spontaneo. In fondo è giusto porsi l’obiettivo di una libera espressione del proprio io che sia manifestazione di tutto l’essere, della personalità e della piena integrazione tra le diverse sfere della vita, intellettuale, affettiva e sensitiva. Però nella strutturazione di una propria personalità e nell’edificazione di sé come soggetto umano maturo e adulto, la legge, le norme, le regole che ispirano la buona educazione hanno un ruolo ineliminabile: insegnano a non rimanere prigionieri delle proprie pulsioni e dei bisogni immediati e danno, così, accesso alla vera libertà.
L’arrogante, mentre crede di imporsi con la forza, in realtà è schiavo di se stesso e non ha intelligenza per valutarsi e definirsi. Non solo non fa attenzione agli altri, ma li schiaccia, li tratta come pezze da piedi, sbaglia direzione nel tentativo di costruire rapporti belli, puliti, forti e nobili. C’è speranza? Nella vita dell’uomo non si può dire la parolaccia «ormai»: si può e si deve sempre ricominciare, perché le persone hanno energie impensabili di bontà da stanare e far crescere, mettere a disposizione e canalizzare. In definitiva, allora, che fare? Provo a suggerire un decalogo di comportamento per aiutare a costruire rapporti belli anche con chi sembra ci voglia sovrastare o disprezzare.
- non ti sentire mai offeso, nessuno può entrare nel sacrario della tua coscienza;
- non perdere tempo a rendere pan per focaccia: peggiori tu e spingi l’altro a perseverare;
- non compatirlo, ma creagli attorno un contesto disarmante di amicizia;
- spesso è maleducazione incosciente la sua: aiutalo a scoprire i sentimenti tenui della vita;
- sappi che ogni uomo ha bisogno degli altri per essere felice, ma deve allargare il cuore per far loro spazio;
- si è fatto lui centro del mondo: aiutalo a scoprire il vero centro che è Dio;
- per valutarsi nella verità di se stesso, ha bisogno di lasciare il suo loculo, nel quale si sente papa, re e profeta;
- se comincia a chiedere scusa, anche tra i denti, non lo scoraggiare: è su una buona strada;
- la buona educazione non è il politicamente corretto, ma il lasciarsi conquistare da un ideale;
- conquisti più arroganti con una goccia di miele che con un barile di aceto.
Chi punta il dito. I preoccupati per la prepotenza
Ben nove italiani su dieci lo considerano un difetto grave e dilagante. È il mix di maleducazione e arroganza il nuovo vizio più avvertito dalla popolazione adulta del nostro Paese, secondo l’indagine realizzata in esclusiva per il «Messaggero di sant’Antonio» dall’Istituto Astra Ricerche. Ma qual è l’identikit dell’accusatore? Analizzando i dati, si notano alcune accentuazioni che identificano un profilo tipo. Intanto, l’età: sono i 45-54enni a incriminare la maleducazione/arroganza, ritenuta grave dal 95 per cento di questa fascia. Un fenomeno che coinvolge in particolare Lombardia e Veneto, le due regioni leader per inciviltà diffusa, almeno a giudicare da come la pensano i loro abitanti. Quanto alle dimensioni dei centri abitati, non vi è dubbio: sono le città medio-grandi e grandi (con più di 250 mila abitanti) quelle nelle quali è più forte il disagio collettivo per la scortesia e la prepotenza dei nostri connazionali. Addirittura il 96 per cento dei residenti in città hanno puntato il dito contro questo vizio. Altri elementi del profilo: il nostro accusatore vive in una famiglia nella quale non ci sono figli minorenni ed è preferibilmente single (93 single su cento hanno denunciato questo vizio). Per quanto riguarda il gruppo sociale di appartenenza, a lamentare di più il problema sono i «ceti up», ovvero imprenditori, dirigenti e liberi professionisti, ma anche i «salariati», cioè commessi, agricoltori, operai. Entrambe le classi hanno raggiunto il 94 per cento di denuncia. Meno significative sono altre caratterizzazioni. Ad esempio, sono uomini e donne in egual misura a dolersi per questo neovizio. Anche il titolo di studio non fa differenza: non
serve una laurea per percepire la maleducazione montante.
serve una laurea per percepire la maleducazione montante.
Prima l’uomo, poi le regole
di Giovanni Ventimiglia
Di che vizio sei?
Attenzione e rispetto per l’altro: ecco gli antidoti alla maleducazione e all’arroganza.
Se la maggioranza degli italiani ritiene maleducazione e arroganza in testa nella classifica dei nuovi vizi, i maleducati e gli arroganti da che parte stanno? Dalla parte della minoranza? Non credo.
Anzitutto stigmatizzare gli altri come maleducati è maleducato. Ho in mente una signora veramente educata: mai uscì dalla sua bocca un commento negativo su qualcuno. Noi quante volte sentenziamo: «Quello è un cafone»?
La verità è che ci sentiamo tutti beneducati, informati come siamo di ogni regola del galateo. Mai come ai nostri giorni, infatti, si vendono libri sul bon ton: questo non si fa, quest’altro non si dice. Dire «buon appetito», per esempio, non si fa, scrive qualche simil nobildonna. E se a tavola uno ci guarda negli occhi, augurandoci un cordialissimo «buon appetito», che facciamo? Rispondiamo all’augurio o restiamo muti per non cedere al «maleducato»? E se la colf extracomunitaria, nel servire il caffè durante un pranzo con i nostri ospiti, commette un errore di bon ton, che facciamo? La riprendiamo di fronte a loro (con la malcelata intenzione di far capire che noi le buone maniere gliele abbiamo insegnate ma lei, ahimè, non recepisce)? E se, suonando alla porta di casa di persone importanti, viene ad aprirci un cameriere filippino, porgendoci la mano, mentre poco lontano la padrona di casa ci viene incontro, che facciamo? Stringiamo la mano al filippino o andiamo spediti incontro alla signora (pensando a quel «prima la padrona di casa!» che abbiamo letto sull’ultimo libro)? Sono casi limite, certo, ma è proprio lì che cade il finto beneducato. Il quale ha letto forse qualche recente libro di bon ton ma certo non il Galateo di Monsignor Della Casa, dove si spiega fin dall’inizio la regola aurea di tutte le buone maniere: l’attenzione e il rispetto per l’altro, chiunque sia. Per questo, nei casi limite, tra la regoluccia e l’altro, vince sempre l’altro. Ecco perché è maleducato dire «maleducato», perché è un giudizio che umilia l’altro. E se l’altro ci augura «buon appetito», non lo si umilia con un maleducatissimo silenzio. E non si umilia la colf, rimproverandola di fronte a tutti, o il filippino lasciandolo con la mano vuota. Senza attenzione all’altro c’è, al di là di qualunque regola, solo maleducazione e arroganza.Per lo stesso motivo, se siete le commesse di un negozio di articoli per giovani e vi si presenta un anziano, distinto signore, vi prego, non umiliatelo con quel terribile «Ciao». Lui si aspetta un «Buongiorno» come il filippino di prima si aspettava il vostro saluto: l’altro è in tutti i gradini della scala sociale. Attenzione e rispetto per l’altro: ecco l’antidoto alla maleducazione e all’arroganza. Non regolette di bon ton e nemmeno manuali di morale, pieni di elenchi sterili di valori. Perché il rispetto per l’altro non si legge da nessuna parte: si impara per imitazione di testimoni, nasce dalla memoria di essere stati noi un tempo, in famiglia e a scuola, riconosciuti, rispettati, amati. Ultimamente, credo, nasce dalla consapevolezza che la nostra stessa vita, tutto quello che siamo e abbiamo, è la conseguenza di un’attenzione, di un amore, da parte di un Altro. Ricordo un pranzo in una casa considerata esemplare in fatto di buona educazione. Mi permisi, nell’apprestarmi a desinare, di accennare a una preghiera. Fu il gelo. Intuii che non si usava, che non era annoverata tra le buone maniere. Mi spiegarono poi, con molto garbo, che solo le famiglie povere erano solite ringraziare il Buon Dio per il cibo ricevuto, non quelle benestanti, dove il cibo non mancava mai. Dunque, pensai, questi benestanti ritengono di bastare a loro stessi. E quindi non si sentono oggetto dell’attenzione di Dio. Poverini! Come potranno essere capaci di vera attenzione agli altri? Cioè di – autentica – buona educazione?
Spunti di catechesi. «Arrogante io?»
«Beneditemi, padre, perché ho peccato».
«Il Signore sia nella tua bocca e nel tuo cuore. Quali sono i tuoi peccati?».
«Ho dimenticato le preghiere della sera e della mattina; mi è scappata qualche parolaccia; ho perso la pazienza; ho detto qualche bugia, ma a fin di bene; ho saltato
la Messa alla domenica».
«Poi?».
«Poi, niente! Grazie a Dio, altri peccati non ne faccio. Almeno credo.
Mi aiuti lei».
«Vediamo. Hai mai parcheggiato la macchina senza fare attenzione se fosse di intralcio agli altri?».
Occhi sgranati: «Sì, credo di sì. Non ci faccio caso. Però…».
«Hai mai occupato il posto riservato ai disabili?».
«Quando vado di fretta sì, tanto gli handicappati non ce li ho mai trovati».
«Sì, però se uno solo, una sola volta ne avesse bisogno… In autostrada, hai mai sorpassato a destra?».
«A volte sì. Sa, padre, ci sono certi guidatori della domenica. Ma…».
«E i fari abbaglianti? Come ti comporti con i fari abbaglianti?».
«Scusi, padre, le posso fare una domanda?».
«Certo!».
«Mi sta facendo la confessione oppure l’esame per la patente?».
«Bella domanda! Ti rispondo dopo. Adesso passiamo a un altro campo. Hai usato il telefonino in luoghi non opportuni, oppure parlando forte senza tenere conto del fastidio arrecato agli altri?».
«Non lo so. Non mi sono mai posto il problema».
«Hai rispettato la fila?».
«Questa poi! Con tutte le file che bisogna fare, se uno non si arrangia, quando affitta?».
«In autobus o in metropolitana, hai ceduto il posto a persone più anziane o in difficoltà?».
«E no! Questo no. Questo non si usa più. A me nessun giovane ha mai ceduto il posto. Ricordo una volta che mi faceva male la schiena, ho chiesto a un giovanotto se mi faceva il favore, nemmeno mi ha risposto. Da quella volta, vecchi o non vecchi, non sento storie».
«Sì, infatti Gesù ha detto: Se uno ti fa uno sgarbo, tu rifaglielo».
«Che c’entra, padre! Al tempo di Gesù mica c’era la metropolitana».
«No, ma i vecchi e i deboli c’erano.
E Gesù la precedenza gliela dava».
«Se è così, un cristiano deve viaggiare sempre in piedi. Non mi pare il caso».
«E già! Ma, a proposito di chiesa… Ti capita di masticare la gomma americana durante la Messa?».
«Questa poi… Anche adesso ce l’ho in bocca. Non mi dirà che anche masticare la gomma è peccato».
«È peccato, peccato vero, qualsiasi cosa che non rispetta gli altri».
«E come si fa a sapere che non si rispetta gli altri?».
«Gesù ci ha lasciato un criterio semplicissimo: Non fare agli altri…».
«… Ciò che non vuoi che gli altri facciano a te».
«Bravo! Semplicissimo!».
«Semplicissimo da imparare, non da praticare».
«È per questo che siamo peccatori e dobbiamo ricominciare a convertirci ogni giorno».
Tonino Lasconi
Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017