L’attualità di una pagella
Comportamento-carattere: il bimbo si è inserito molto bene, direi che ha raggiunto l’optimum della socializzazione. Questa è stata la conquista base per un suo sicuro progredire. Ora l’espressione serena del viso testimonia questa sua conquista e dice chiaramente che il suo cuore buono e la sua intelligenza sono aperti a tutti. Niente gli sfugge; mostra di possedere un cuore buono e sensibilissimo, un’intelligenza vivida, un carattere in via di formazione ma già originale, personalissimo. Senso dello humor sviluppato.
Capacità di applicazione: ora che ha in parte vinto una certa capricciosità, l’alunno è capace di imporsi uno sforzo, con la volontà di completare il lavoro.
Rendimento scolastico: ottimo per l’aritmetica. Assimila tutto, rielabora con rapidità, ricorda benissimo, offre talora soluzioni personali che oltrepassano la richiesta. Il suo pensiero si è organizzato in espressioni sempre più idonee, correggendosi e superandosi di continuo. L’espressione scritta è armoniosa, la frase ora è completa e chiara.
Conclusione: la sua promozione alla terza classe è del tutto meritata e tutto lascia sperare in ulteriori progressi.
Il documento che avete appena letto sembra appartenere ai nostri giorni e riferirsi a un alunno «normale», come «normale» sembra essere l’insegnante che lo ha scritto. Invece, per capire quel documento dobbiamo compiere un viaggio a ritroso nel tempo: queste parole, infatti, risalgono a quarant’anni fa; ma come mai sembrano così attuali? Ecco il motivo: sono, a loro modo, profetiche. Risalgono al 1970, e costituiscono il giudizio di fine anno relativo a un bambino disabile, quando l’integrazione scolastica ancora non c’era. Dimostrano che già prima del 1977 poteva esserci «l’integrazione prima dell’integrazione», prima cioè che venissero votate e applicate le leggi che chiudevano le classi «speciali». La realizzazione dell’integrazione veniva affidata alle singole persone, alcune delle quali, come questa maestra, riuscivano bene nel loro compito. Da questa pagella emerge il ritratto di un’insegnante che già aveva intuito la necessità di superare le classi differenziate e che si comportava come avrebbe fatto se si fosse trovata in una scuola «normale». Aveva capito che un rapporto paritario sarebbe stato in futuro l’orizzonte pedagogico di riferimento: si trattava di riorganizzare i contesti, perché è a questo livello che si può lavorare per tentare di ridurre gli handicap.
L’alunno in questione sono io. Pochi giorni fa ho ritrovato quei fogli, imbucati in un cassetto: per me sono stati la conferma sconvolgente di un ricordo che non riuscivo a confermare nemmeno a me stesso, mancandomi le prove. Ovvero il ricordo di quanta fiducia questa insegnante fosse riuscita a trasmettere a me e ai miei compagni: elementi fondamentali per la nostra carriera scolastica, per la nostra vita futura, per la costruzione autonoma della nostra personalità e per un confronto sereno coi ragazzi normodotati negli anni post ’77. È difficile spiegare la portata di quanto quella maestra ha fatto e di quanto avesse intuito anche solo seguendo la sua sensibilità, che la portava a dare per ovvio e pressante il superamento delle classi differenziate, sapendo che tale risultato dipendeva anche dal suo impegno con quegli alunni. L’integrazione cioè veniva vista come necessità le cui condizioni andavano però stimolate e preparate con cura. Allora come oggi. Quanti altri gesti di integrazione «prima della legge» ci sono stati, a scuola e altrove? Raccontatemeli scrivendo a claudio@accaparlante.it o cercando il mio profilo su Facebook. E tanti auguri (a studenti e insegnanti) per questo nuovo (difficile) anno scolastico.