L’azzurro di Giotto

All’alba della prospettiva e recuperando lo stucco romano, il pittore toscano ha lasciato una traccia
03 Aprile 2002 | di

 Padova e il mondo salutano con ammirazione e rispetto il restauro del capolavoro di Giotto: quella Cappella degli Scrovegni, affrescata in due anni dal maestro di Vicchio, agli inizi del Trecento, con le Storie di Maria e Gesù e con il Giudizio Universale: quasi un atto di espiazione di Enrico Scrovegni, anche a nome del padre, noto usuraio.

Frutto di un";intesa tra il Ministero per i Beni e le Attività  culturali e il Comune di Padova, proprietario della Cappella, il ripristino dell";imponente ciclo pittorico è stato finanziato dal Ministero per un importo superiore a 1 milione e 700 mila euro, ed è stato portato a termine dall";Istituto Centrale per il Restauro che già  era intervenuto sugli affreschi di Giotto, ad Assisi, dopo l";ultimo devastante terremoto.

La superficie affrescata da Giotto tocca i 900 metri quadrati su cui si sviluppano ben 103 riquadri con 143 soggetti e 42 scene narrative. Il colore azzurro occupa da solo quasi un terzo dell";intera superficie affrescata.

Il restauro è durato meno di un anno ma ha dovuto essere pianificato e preparato in oltre vent";anni durante i quali sono state condotte ricerche scientifiche, studi e analisi per conoscere nei minimi dettagli l";opera del maestro toscano.

Due le linee d";azione: interventi conservativi nelle aree a massimo rischio, come il Giudizio Universale "; anche a causa dell";inquinamento atmosferico che non risparmia nemmeno la città  del Santo "; e l";attenuazione delle differenze cromatiche originate da interventi di restauro compiuti in passato, con la reintegrazione di alcune lacune.

È così che durante i lavori sono state fatte interessanti scoperte: per esempio è stata apprezzata la forza e la qualità  cromatica della sua pittura. Si è poi scoperto che Giotto impiegò la tecnica dello stucco lucido o stucco romano per i finti marmi del ciclo; una tecnica ben nota fra i romani ma che si era perduta nel corso del Medio Evo.

Gli studiosi hanno acclarato che Giotto «scolpiva» letteralmente con il colore, usato come fosse marmo: un modo per avvicinarsi di più alla realtà  dipinta. Le sue figure acquistano infatti una sorta di tridimensionalità . Perfino il rigagnolo di una lacrima sullo zigomo di una madre ne La Strage degli innocenti, appare di un";intensità  rara quanto geniale. Durante i restauri sono stati ritrovati, sull";aureola del Cristo del Giudizio Universale, tre tondi di stagno dorato per riflettere la luce.

Insomma l";actio di Giotto, ovvero una gestualità  quasi teatrale dei personaggi rappresentati, rende la sua teoria pittorica viva, dinamica come quella di pochi altri; una teoria che sembra spiccare dalle pareti per compiersi in una fusione tra spettatore e artista, fusione che è esperienza mistica, metafisica, e che Giotto ha saputo perpetuare, con la pittura, annullando lo scorrere del tempo, in un ciclo infinito di eterni falsi movimenti, stampati su quegli affreschi ora immortali, proprio come i personaggi ivi rappresentati.

Un plauso va tributato a Giuseppe Basile dell";Istituto centrale del restauro e alla quarantina di restauratori che in questi mesi, tra i ponteggi, hanno restituito all";umanità , in tutto il suo primitivo splendore, uno dei capolavori più alti dell";arte di tutti i tempi. Sebbene non previsto dal progetto iniziale e dal relativo finanziamento, è partito anche il restauro del monumento funebre marmoreo di Enrico Scrovegni, e sono stati appaltati i lavori per la statua di Enrico in preghiera, in sagrestia, per le statue d";altare in marmo di Giovanni Pisano, per le suppellettili e gli arredi sacri fissi della Cappella.

Ulteriori informazioni si possono reperire sul sito Internet www.icr.arti.beniculturali.it/scrovegni.htm attraverso il quale ci si può immergere nella pittura di Giotto.

 

Intervista a Vittorio Sgarbi, sottosegretario ai Beni e alle Attività  culturali

Msa. C";è un Giotto protorinascimentale nella Cappella degli Scrovegni?

Sgarbi. Il riferimento al mondo antico, all";architettura in particolare, fa pensare che Giotto avesse di Roma e del mondo antico una conoscenza che è quella che noi attribuiamo al Rinascimento. Poi ci si accorge che gli elementi architettonici sono proprio nel peso delle figure, nel loro essere dentro la storia. Non sono propriamente figure: stanno in una storia e in una leggenda che è quella dei tempi, ma sono figure di un tempo che rinasce. Non sono personaggi di un sogno. Questa consistenza, questo senso fisico del corpo dell";uomo è evidentemente l";inizio della rinascita. E poi l";altro riferimento, di natura archeologica: tutti questi elementi di porfido, serpentino, marmi, tutti questi elementi di foderatura dell";architettura attraverso la pittura, sono le lastre marmoree che troviamo negli edifici antichi.

Quale sarà  il prossimo Giotto da restaurare?

La «Sala del Capitolo» che è veramente il Giotto sconosciuto. Quando io portavo alcuni visitatori a vedere la mostra di «Giotto e il suo tempo» ero più orgoglioso di far vedere la Sala che non la Cappella perché, quest";ultima, è conosciuta da tutti. Ero orgoglioso di far vedere che c";era Giotto al Santo e che si vedeva bene: si vedeva un Francesco che prendeva le stimmate; si vedevano degli elementi coperti dalla ridipintura settecentesca; elementi proprio d";impostazione: nicchie in cui stanno dei santi che hanno una postura perfettamente prospettica e che sono pensate da un Giotto architetto. Alcuni volti di profeti o di santi sono veramente il massimo della solennità  giottesca: austeri, forti, in stretto rapporto con Assisi e direi anche, rispetto agli Scrovegni, sicuramente di qualche tempo prima: più arcaici, veramente bellissimi.

Giotto sotto la cantoria non è «giottesco»?

Quello non me lo ricordo. Forse è ridipinto. C";è la «Cappella delle benedizioni» che è una delle cappelle del coro in cui si vede una serie di mezze figure di santi che sono sicuramente sue. L";altro, poi, è probabile, avendo lavorato in quella zona. Si vedrà : si possono compiere dei sondaggi. Quella che è più consistente è certamente la «Sala del Capitolo».

Silvio Scacco

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017