Le due vite della Todeschini
Cosa mai ci può essere in comune fra una fisarmonica e una cucina componibile? Nulla, a meno che non ci si metta di mezzo un incendio devastante. Insolita e bella storia, quella della Todeschini di Bento Gonçalves (siamo nella regione brasiliana della Serra Gaúcha, Rio Grande do Sul). Insolita perché è assai raro che un’azienda – leader incontrastata in un settore di nicchia – riesca a cambiare completamente «abito» e a ottenere eguale successo con dei prodotti del tutto diversi dai precedenti.
Bella perché, ancora una volta, ci ritroviamo a parlare di fantasia, di pionierismo, di coraggio e di cultura del lavoro di famiglie italiane trapiantate in Brasile.
L’incredibile storia di quest’azienda dalle due vite inizia nei primi decenni del Novecento, quando il tredicenne Luiz Matheus Todeschini va a lavorare nella bottega di Luigi Somensi, un artigiano specializzato nella riparazione e revisione di fisarmoniche. Appartenente alla famiglia degli aerofoni a mantice ad ancia libera, la fisarmonica – con tutte le sue varianti, che vanno dall’organetto, al bandoneón alla concertina – era lo strumento musicale folcloristico per antonomasia e aveva fatto il suo ingresso in Sud America nella seconda metà dell’800, grazie ai migranti europei.
La prima impresa
La grande passione che unisce Somensi e Todeschini li porta dalla semplice riparazione alla realizzazione di un primo modello di fisarmonica, esemplare che viene addirittura premiato a un’esposizione fieristica del 1925. Impresa affatto semplice, se pensiamo alla complessità costruttiva di questi strumenti, che arrivano a essere composti da quasi 4 mila pezzi.
Alla morte di Luigi Somensi, nel 1930, Todeschini rimane per qualche tempo alla guida del laboratorio artigianale, ma un paio d’anni più tardi dà vita a una propria ditta, dall’altisonante nome di «Grande Fábrica de Instrumentos Musicaes a Foles de Luiz M. Todeschini». Nel 1939, l’azienda diventa «Todeschini e Cia Ltda» e nel 1947 si trasforma in società anonima: la «Acordeões Todeschini SA».
Negli anni Quaranta il marchio inizia a imporsi rapidamente nel florido mercato delle fisarmoniche e nel decennio successivo, fino alla metà degli anni Sessanta, i preziosi strumenti che escono dalla fabbrica di Bento Gonçalves (500 artigiani specializzati ne producevano mediamente 1.500 esemplari al mese) sono molto apprezzati, per la loro qualità, dai musicisti di mezzo mondo.
Ma il prepotente avvento degli strumenti musicali elettrici, sul finire degli anni ’60, coincide con il declino della fisarmonica e alla Todeschini, che nel frattempo era diventata il maggior produttore del continente americano, crollano le vendite. Così, per non mandare a casa centinaia di operai, si iniziano a costruire anche mobili per la cucina.
Proprio in quegli anni le redini dell’azienda passano in mano a José Eugênio Farina, un trentenne di origine italiana come Luiz Matheus Todeschini e come questi partito praticamente da zero iniziando, a soli 12 anni, come garzone di bottega in una drogheria. Per comprendere lo spirito imprenditoriale di Farina (discendente di emigrati cremonesi) basterà ricordare che, quando alcuni anni prima un suo datore di lavoro lo voleva premiare con una somma in denaro, il giovane non ci pensò nemmeno un attimo a chiedere di convertire il premio in una piccola partecipazione societaria.
È il 1971 quando José Eugênio Farina, che in passato aveva già fondato alcune aziende meccaniche, vende tutto ciò che ha per rilevare le quote di maggioranza della Todeschini. Ma pochi giorni dopo (per gli scaramantici, era un venerdì 13) un terribile incendio distrugge tutto: merce in magazzino, macchinari, materia prima e capannoni. «Restai senza nulla – ricorda Farina – ma dovevo assolutamente fare qualcosa, perché avevo dei figli piccoli e soprattutto perché la sorte di centinaia di collaboratori e delle loro famiglie dipendeva da una mia decisione».
Il grande salto
José Eugênio Farina interpreta la sciagura come un segno del destino: da allora la Todeschini non avrebbe più prodotto strumenti musicali, ma cucine componibili. Gli operai sono con lui, l’intera comunità di Bento Gonçalves crede nelle sue capacità e questo gli dà una tale fiducia che decide di rischiare di nuovo. S’indebita fino al collo e riparte da zero, insieme a 250 collaboratori.
La sua tenacia e la sua ferma volontà lo premiano. La «nuova» Todeschini risorge dalle proprie ceneri come un’Araba fenice e in pochi anni s’impone come una delle prime aziende brasiliane di cucine componibili, segmento di mercato che negli anni ’70 è in grande espansione.
Le dure prove del passato insegnano a Farina due cose fondamentali: la prima è che negli affari bisogna sempre cercare nuove soluzioni; la seconda è che il principale patrimonio di un’azienda è costituito dai dirigenti, dagli impiegati e dagli operai.
Seguendo questi due indirizzi, la Todeschini, a partire dagli anni 2000, si «reinventa» di nuovo, stravolgendo completamente la propria linea di prodotti (non più solo cucine, ma mobili per tutti gli ambienti della casa, per l’ufficio, per le comunità) e puntando su una diversa clientela di riferimento: quella delle classi A e B.
Questo significa notevoli investimenti in ricerca e tecnologia (nei 54 mila metri quadri di stabilimento c’è anche una linea di verniciatura tra le più moderne al mondo), in design, in marketing e distribuzione, con la creazione di oltre 200 negozi monomarca sparsi in tutto il Brasile.
La Todeschini dei nostri giorni è una delle principali aziende di mobili del mondo, grazie a una tecnologia di altissimo livello, abbinata a una cultura aziendale che mette in primo piano anche il rispetto per l’ambiente: la gestione ambientale dell’azienda, certificata ISO 14001, prevede, ad esempio, che per ogni albero utilizzato nella produzione se ne piantino altri quattro.
Ma il primato che maggiormente inorgoglisce José Eugênio Farina è un altro. Da anni la sua azienda è ai primi posti nella classifica delle imprese brasiliane che offrono un’elevata qualità dell’ambiente lavorativo. Una qualità che si traduce in incentivi salariali per i dipendenti, nella partecipazione di tutti i collaboratori alle decisioni strategiche, in processi formativi e in un gran numero di altri benefit per operai e dirigenti.
D’altronde, è da quel 1971 che lui continua a ripeterlo: «Il vero segreto del nostro successo sta nella gente che lavora con noi».