Le lacrime del perdono

Riconoscere la propria situazione umana di peccatori è il punto di partenza di ogni itinerario di salvezza. Se manca questa, non c’è speranza e tutto è perduto.
10 Marzo 2001 | di

Come dobbiamo pregare? Non solo con una fiducia «sfacciata» e con un' insistenza che non si arrende, ma con la convinzione di aver bisogno di essere salvati.
La preghiera del fariseo, dietro l' apparente devozione e pietà , è una preghiera atea. Il fariseo fa solo mostra di sé, del suo credito davanti a Dio. Per autoesaltarsi si contrappone agli altri e crea quella divisione sociale e religiosa che gli serve per mettere in evidenza la sua presunta «giustizia».
Per questo egli torna a casa con un peccato in più: perché «presume di essere giusto» e disprezza gli altri.
La preghiera dell' esattore del fisco, invece, è la preghiera del peccatore, di colui che è consapevole del suo peccato; per questo egli chiede perdono e si rimette completamente nelle mani di Dio; per questo egli torna a casa perdonato: riceve la «giustizia» come dono misericordioso di Dio.

Siamo tutti peccatori. Noi crediamo di essere «giusti», perché facciamo qualche opera buona. In realtà , tutta la nostra vita, immersa in un mondo di ingiustizia e di disordine, ha bisogno di essere salvata, perché siamo tutti peccatori.
Questa affermazione, che siamo tutti peccatori, sembra fatta apposta per indisporre gli uomini. Agli uomini d' oggi, come a quelli del tempo di Gesù, non piace sentir parlare di peccato. La preoccupazione di liberarsi da complessi di colpa e da tabù reali o presunti li porta a relativizzare ogni norma morale, a non saper riconoscere più il male e a ritenersi innocenti. Eppure il male esiste: attorno a noi e dentro di noi!
- Il peccato del mondo sta davanti agli occhi di tutti; siamo immersi in un mondo malato. Il male è una realtà  di tutti i giorni: guerre, genocidi, torture, oppressioni di popoli inermi, abuso di potere; discriminazioni razziali, sociali, religiose, ideologiche; disprezzo della vita, aborto, eutanasia; violenze sulle persone e in particolare sui minori, imbrogli, corruzione amministrativa, mafia, camorra, egoismo elevato a sistema...
- Il peccato è visibile anche nella comunità  ecclesiale e tra i cristiani: cattive testimonianze, relativismo etico, indifferenza religiosa; mancanza di comunione, irrigidimento delle divisioni, chiusure campanilistiche; compromissione con le potenze del mondo, attaccamento ai beni materiali; mancate prese di posizione contro le ingiustizie, in difesa dei deboli...
- Il male è intorno a noi, perché è dentro di noi. L' esperienza e la parola di Dio ci avvertono che il «cuore» dell' uomo non è così libero e forte da potersi sottrarre alla suggestione del male. Anche il cristiano che si mette in cammino al seguito di Gesù e si impegna a vivere la vita come dono, in un rapporto di servizio, si scopre vittima dell' egoismo e delle numerose debolezze quotidiane. Tutta la vita umana, sia individuale sia collettiva, presenta i caratteri di una lotta drammatica tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre.
L' uomo è incapace di superare efficacemente da solo gli assalti del male, così che ognuno si sente come incatenato. Ce lo ricorda lo stesso apostolo Paolo nella Lettera ai romani. Egli è consapevole di essere schiavo del peccato e di non riuscire a liberarsi con le sole sue forze. «C' è in me il desiderio del bene, ma non la capacità  di attuarlo; infatti, io compio non il bene che voglio, ma il male che non voglio. Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. Sono uno sventurato. Chi mi libererà  da questo corpo votato alla morte?' (Rm 7,18-20.24).

Riconosciamoci peccatori. È necessario che riconosciamo l' esistenza del peccato nella nostra vita: questo atteggiamento di «sincerità » ci aprirà  all' accoglienza di Dio e all' incontro con lui e ci aiuterà  a stabilire relazioni «nuove» tra di noi. Secondo l' apostolo Paolo, la consapevolezza della propria situazione umana di peccato è il punto di partenza di ogni itinerario di salvezza. Ma se manca questa, non c' è speranza e tutto è perduto.
Il peccato è rifiuto dell' amore di
Dio, ingratitudine verso di lui, presunzione di essere autosufficienti. Rifiutando Dio e perdendo la comunione con lui, l' uomo si mette in contraddizione con la propria tendenza originaria al bene, subisce l' oscuramento della coscienza, deforma il modo di rapportarsi agli altri e alle cose, produce conflittualità  sociale e strutture di peccato, che a loro volta opprimono le persone e ostacolano il loro sviluppo.
Per salvarsi è necessario riconoscere la gravità  del peccato. Una seria considerazione di questa gravità  è il punto d' avvio di ogni altro discorso positivo di speranza. Chi non percepisce la contraddizione che lacera l' uomo e l' impotenza di fronte al male che coinvolge l' intera umanità , chi sottovaluta la gravità  e l' irrimediabilità  della cattiveria umana, sempre risorgente nonostante la sincerità  degli ideali e dei buoni propositi, non può capire che cos' è la salvezza.
La salvezza è liberazione ricevuta, dono offerto, potenza divina che prende per mano l' uomo impotente e lo libera dalla sua intera e alienante divisione. È proprio questo il pensiero di san Paolo: egli, infatti, conclude la sua amara diagnosi sul peccato con la celebre esclamazione: «Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore!» (Rm 7,25). Dio soltanto, in Cristo, ci libera dalla schiavitù del peccato. «La salvezza può venire solo da Dio. E Dio va a cercare l' uomo, gli fa prendere coscienza del peccato, gli promette la vittoria sul 'tentatore'» (CdA 393). La salvezza comincia a realizzarsi con la venuta di Gesù. Gesù Cristo, con la sua morte e risurrezione, ci libera dal peccato e dalla morte, che ne è la conseguenza immediata.

Liberati dal peccato. Questa «liberazione» operata da Dio è perdono e rinnovamento, morte del vecchio e creazione del nuovo; è redenzione che ricupera e risana, è giustificazione che lega a Dio e santifica. Essa è tutta opera e dono di Dio. Per questo si può concludere che la Bibbia conosce una sola risposta al problema del peccato: l' affidamento totale e senza riserve di tutto se stessi al giudizio di Dio e al suo gratuito perdono, un affidamento che san Paolo chiama «fede».


 
  UNA PARABOLA PER I NOSTRI GIORNI      

  Gennaro e la prostituta

di Adriana Zarri     

A                   veva il nome più prestigioso, più religioso e più sacrale che possa portare un napoletano. Gennaro l' avevano chiamato, e battezzato nella chiesa del Santo (e quando, a Napoli, si dice, «il Santo» non c' è bisogno di nominarlo perché si sa chi è e nessuno penserebbe mai di confonderlo con altri). Fariseo, figlio di farisei, come qualcuno diceva, in Israele, ai tempi di Gesù, se voleva vantare le sue origini. Così lui: napoletano, figlio di napoletani e di devoti del Santo. Cattolico osservante, aveva sempre votato nel modo giusto (anche se ormai non era più così chiaro come un tempo), era andato a Roma a prendersi le sante indulgenze giubilari (si poteva anche nelle chiese locali, lo sapeva, ma era un giubileo di seconda categoria e lui lo voleva di prima, vicino al Papa, com' era giusto per un Gennaro napoletano, virtuoso e osservante).
           Non si era mai infangato con le puttane e anzi faceva parte di un' associazione impegnata per ripulire la città  da quello sconcio e mandare quelle donnacce a casa loro, che non venissero a insudiciare l' Italia, Napoli e il mondo dabbene. Magari erano pure musulmane e venivano a sporcare la cristianità . Una ne aveva vista perfino nei paraggi della chiesa del Santo e l' aveva cacciata a male parole. Lei si era allontanata piangendo. Lacrime di coccodrillo. Una fa la vita (la bella vita) e poi fa finta di piangere... Ma lui non ci cascava, non era       come quelli che predicavano l' accoglienza. Accoglienza di chi? Di tutti gli avanzi di galera? Per fortuna non era come loro: mezzi criminali, mezzi comunisti (o comunisti interi e criminali rifiniti).
      Lui era un uomo giusto, che votava giusto, e non si mescolava con certa gente che è meglio perderla che trovarla. E ringraziava Dio di non esser come loro.
             Lui dava l' otto per mille alla Chiesa cattolica e le tasse allo Stato, magari con qualche piccola evasione perché non era più lo stato cattolico, col partito cattolico di un tempo e si poteva anche frodare... Perciò, nonostante le piccole evasioni e anzi, anche in forza di quelle, seguitava a sentirsi giusto. Passò davanti a una chiesa e si fece un rapido segno di croce, mentre incrociava gente di colore e anche bianchi napoletani che magari erano clienti di quelle là ... «Ti ringrazio, Signore, che non sono come loro».
                          Nei pressi della chiesa del Santo una ragazza di colore, «una di quelle», se ne stava parlando tra di sé       mortificata: «Ti dicono che qui c' è un grande santo, ma io vengo da lontano e non so chi sia. Vorrei pregare il Dio del cielo ma temo di non saper fare neanche questo. Il mio è un Dio diverso e quello che adorano qui non lo conosco. Però non credo che i due litighino tra di loro come fanno gli uomini. Forse vanno d' accordo, forse sono un Dio solo che noi chiamiamo con dei nomi diversi. O Signore del cielo, chiunque tu sia, non cacciarmi lontana, come fa tanta gente. Lo so che faccio un brutto mestiere, ma ho da dar da mangiare a dei figlioli e nessuno mi dà  altro lavoro: soltanto questo mi fan fare. Ed è un lavoro brutto, lo so; ma spero che tu mi capirai. Che Dio saresti se non fossi più buono degli uomini? O Dio ignoto, Dio che non conosco, Dio che non so neanche nominare... Ricordati di me. Non sono degna di starti davanti e di parlarti; ma con chi posso parlare, se non con te? Chi mi compra non vuole parole. E tu, Dio sconosciuto, non guardare alle mie tante colpe, guarda alla tua misericordia».
      Così parlava e piangeva la piccola donna di colore, dai molti uomini e dai molti peccati; e Dio la guardò con pietà . Anche l' uomo dalle molte virtù parlava con Dio, pavoneggiandosi, per i suoi tanti meriti; ma Dio volse lo sguardo da un' altra parte.

 

 
   
  PIETRO, IL PECCATORE SALVATO      

N              el racconto della Passione fatta dall' evangelista Luca, Pietro è l' immagine del peccatore salvato. Il suo errore, come accade a tutti noi, era stato quello di prendere alla leggera l' impotenza umana di fronte al male: «Sono pronto ad andare alla prigione e alla morte!». Poi finì anche lui per fare quello che non voleva: rinnegò il suo Maestro, senza rendersi ben conto della gravità  di quello che faceva. Ma Luca dice che «il Signore, voltatosi, guardò Pietro». Questo sguardo di denuncia e di grazia portò Pietro alle lacrime e alla salvezza. E questo sguardo del Signore, per nostra fortuna, è rivolto per sempre sul mondo e su ciascuno di noi.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017