Le radici e il dono della vita
Care Amiche, Luciana Svaldi rappresenta una figura particolare nella storia delle donne italiane all’estero. Nata in Belgio a Charleroi da genitori emigrati dal Trentino, è poi partita con loro verso gli Stati Uniti per fermarsi a Chicago, dove era già fiorente una comunità di connazionali, cresciuta attorno alla chiesa di Nostra Signora del Monte Carmelo, a Melrose Park. Della comunità di quel quartiere di Chicago, abbiamo parlato nel precedente numero della rivista.
Luciana è un vero personaggio, non solo per la sua doppia emigrazione e «triplice identità», ma anche per la sua posizione di rilievo all’interno della comunità trentina di cui fa parte. È stata presidente del club trentino di Chicago e oggi è vicepresidente dell’Ittona (Italian Tyrolean Trentini Organization of Nord America), la federazione dei club trentini di Canada e Usa, che si riunirà nel prossimo luglio in Minnesota. Luciana lavora, inoltre, nell’amministrazione del Lyons Club International Foundation, la fondazione nata a Chicago nel 1907 e diffusa in 206 Paesi, che raccoglie e gestisce fondi da tutto il mondo per aiutare popoli in difficoltà.
Msa. Tra Italia, Belgio, Stati Uniti, comunità trentina e comunità internazionale: quali valori riconosce alla base delle sue radici culturali?
Svaldi. L’apprezzamento delle proprie radici porta naturalmente all’amore per la famiglia e per gli amici, rafforza il sentimento di fede, fa vivere i propri impegni con integrità, umiltà e aiuta a riconoscere il grande dono della vita.
I suoi genitori emigrati le hanno trasmesso le loro esperienze di vita. Le ritiene valide per far riflettere i giovani di oggi?
A Chicago, quando incontro persone della mia età o più giovani, noto che esprimiamo tutti una «cultura di emigrazione», del tutto diversa da chi è rimasto in Patria. Per chi è cresciuto negli Stati Uniti è importante conoscere la propria storia; e quando andiamo in Italia, vogliamo capire ancor meglio le ragioni della nostra «appartenenza».
Alcuni anni fa lei mi raccontò dell’assistenza affettuosa che figlie, nuore e nipoti riservavano agli anziani, tenuti in famiglia. È ancora cosi? Oppure pensa che la nuova legislazione sull’assistenza sanitaria voluta dal presidente Obama cambierà i rapporti sociali?
Chi è partito dall’Italia e ora si trova a Chicago anziano e malato, è assistito da figli, figlie e nipoti come un tempo: anche le giovani coppie spesso tengono i nonni in casa. Il programma di Obama sarà completato solo nel 2014 e ci sono giudizi differenti in proposito. Noi, intanto, continuiamo a tenere le nostre famiglie unite.
Lei ha dovuto «subire» più che scegliere l’emigrazione, per seguire i suoi genitori prima verso le miniere del Belgio e poi negli Stati Uniti. Come ha influito questo nel suo modo di pensare e nelle sue scelte?
Le decisioni della mia vita sono state tutte compiute in base alle necessità della mia famiglia: anche sposarmi o non sposarmi, scegliere il lavoro o cambiare città. L’emigrazione ha sempre come base la famiglia; che anche per le seconde e terze generazioni resta un punto fermo.
Qual è la sua vera Patria oggi?
Vivo negli Stati Uniti e qui mi sento a casa; mi sento a casa anche quando parlo italiano e quando torno in Trentino e parlo dialetto. Mi sento a casa quando parlo francese, o inglese. Che dire? Per me «Patria» è tutto questo insieme.