Le ragioni dell’Incarnazione della Seconda Persona della Ss. Trinità

Testimonianza di Nicola la Camera.

Nei periodi forti di Avvento e di Natale i sacerdoti, attraverso i testi biblici presenti nel Lezionario feriale e festivo, invitano i fedeli a riflettere sul motivo che ha spinto Dio ad incarnarsi. Danno solo delle motivazioni bibliche senza attingere al ricco patrimonio teologico che la Chiesa ci ha consegnato mediante i Padri e i Dottori della Chiesa. D’altronde i presbiteri non potrebbero fare diversamente, visto che si trovano a spiegare i misteri della fede solo durante la celebrazione eucaristica. Con questo articolo invitiamo i cristiani ad alzare lo sguardo per farli entrare nel mistero della Trinità. Dalla parte scritturistica (del perché Dio è divenuto uomo) passiamo alla parte prettamente teologicam (sul perché si è incarnata la Seconda Persona della SS.ma Trinità).

La fede ci insegna che noi non crediamo a un Dio monoteistico, ma trinitario: in tre Persone uguali e distinte. Uguali nella natura e distinte per caratteristiche e ruoli. Premesso ciò, andiamo a sviluppare il nostro tema. Tra i vari teologi scegliamo Bonaventura da Bagnoregio, un santo francescano di cui ricorrono quest’anno gli ottocento anni dalla nascita. Il dottore serafico, nel tenere a mente le varie caratteristiche delle Persone della Trinità, afferma che il Figlio doveva necessariamente incarnarsi, in quanto le sue proprietà essenziali corrispondono pienamente alla missione che doveva portare a termine. Nella Trinità la Seconda Persona viene chiamata Figlio, Immagine e Logos. Figlio in quanto si sente amato da Dio Padre: prima Persona della Trinità, come tale. Nel sentirsi Figlio, sente la necessità di restituire questo amore a chi gliel’ha donato e di trasmetterlo anche al di fuori della Trinità stessa.

Fa parte del mistero di Dio la capacità di donare amore e di riceverlo. È divino non solo il saper donare, ma anche il saper ricevere. In questo ricevere, restituire e condividere, il Figlio diventa pura obbedienza perché fa in tutto la volontà del Padre. A tal proposito, Bonaventura afferma che Gesù deve manifestare l’amore di Dio all’uomo e successivamente lo deve condurre al suo Creatore, mediante la sua obbedienza filiale per liberarlo dal peccato e donargli la grazia della filiazione adottiva. Il Figlio è detto anche Immagine per la sua somiglianza con il Padre nella capacità di amare. In virtù di ciò, il dottore serafico dichiara che spettava a Lui diventarne l’immagine visibile per permettere all’uomo di realizzare la sua vocazione, che è quella di essere immagine di Dio.

Infine, la Seconda Persona è detta Logos. Il termine Logos ha molteplici significati ed è stato sviluppato dai Padri in tutti i suoi aspetti cristologici. Noi seguiamo il pensiero del dottore francescano. Traduce il termine Logos con la parola Verbo e scrive: «Come il verbo intellegibile deve unirsi alla voce sensibile per rendersi manifesto, così il Verbo il Padre doveva unirsi alla carne per manifestare la divinità». (Breviloquio 2,2). Figlio, Immagine e Logos indicano tre modalità di Gesù con cui ha salvato e redento l’umanità a partire dalla sua incarnazione. Prima lo ha fatto sentire figlio, poi gli ha dato la capacità di esercitare questa figliolanza; infine gli ha comunicato a parole e con gli esempi come pensare, sentire e agire da figlio nel Figlio a Dio. 

Data di aggiornamento: 13 Dicembre 2017