L'eredità di Carlo Sgorlon
Carlo Sgorlon, scrittore friulano scomparso il giorno di Natale, è sempre stato generoso con il «Messaggero di sant’Antonio». Alle diverse richieste di collaborazione non aveva mai detto di no, neanche quando gli era stato commissionato un racconto su sant’Antonio: «L’uomo che faceva per lui c’era davvero, e neppure troppo lontano – si legge ne Il mandorlo e la locusta, Emp 1998 –. Viveva da qualche mese nel convento dei francescani di Padova, città di sapienti dottori, che avevano frequentato l’Universitas studiorum. Era il santo padre Antonio, nativo di Lisbòa del Portogallo, predicatore la cui parola generava effetti miracolosi. Era preceduto in ogni luogo da una fama di grandissimo uomo di Dio, cui l’Onnipotente concedeva di dire e di fare cose mirabili, perché nell’abisso del suo consiglio lo aveva già eletto alla santità». E così continua il racconto ispirato al Santo di Padova: «Il santo francescano, dopo un attimo di raccolta preghiera e una giaculatoria, salì sul pulpito e cominciò a parlare. La sua oratoria era distesa e fluente come un fiume nel tempo in cui le nevi si sciolgono. Il suo tema generale era la sapienza degli uomini di Dio. Spiegò che la notte era simbolo del peccato e Dio, nella sua infinita misericordia, per bocca dei profeti incuteva ai peccatori il timore salutare del giudizio e della possibile condanna. Ma purtroppo l’anima sventurata non sempre accoglieva la parola dei sapienti per allontanarsi dal male, e volgersi alla penitenza...». E proprio negli ultimi mesi Sgorlon, in un biglietto vergato di suo pugno, con quella pacata gentilezza che era nel suo carattere, ci scriveva: «Così la promessa che vi ho fatta slitta di molto, e speriamo che il Padreterno mi conceda ancora un po’ di salute e di voglia di lavorare». La promessa di scrivere ancora per noi ora lui non potrà mantenerla, ma siamo noi a scrivere di lui. Fu un infaticabile narratore, un uomo buono e onesto, un ecologista ante litteram (comprò una collina per non lasciarla alla speculazione edilizia), un estimatore delle donne (inseparabile dalla moglie Edda che ancora continua l’opera di catalogazione di tutta la sua opera).
Era nato a Cassacco, in Friuli nel 1930 e ha vissuto a Udine. È stato tra i più grandi scrittori del Novecento, tra i più amati dalla gente e più premiati: con Il trono di legno (Supercampiello, 1973), La conchiglia di Anataj (Supercampiello, 1983), L’armata dei fiumi perduti (Strega, 1985), La foiba grande (1992). In tutto oltre tre milioni di libri venduti.
In questo mese escono postume due sue opere. Il circolo Swedenborg (Mondadori) si occupa delle tematiche a lui care nell’ultimo periodo: fenomeni paranormali e inesplicabili di ogni tipo. Protagonista, Ermete Lunati, uno spirito libero ed eccentrico. E poi il suo terzo romanzo in friulano Ombrîs tal infinît: ai tempi dello scià Reza Palawi una ragazza curda incinta arriva in Italia...
Nell’ultima intervista, rilasciata a Stefano Damiani, nella quale parla anche della solitudine dell’uomo e della morte, Sgorlon si autodefinisce: «Sono un seguace del bene assoluto e mi sono interessato solo del problema morale».
I libri del mese
Carlo Sgorlon, Il circolo Swedenborg, Mondadori, pagine 300, € 19,00
OmbrÎs tal infinÎt, Società Filologica Friulana, pagine 190, € 18,00
Le nostre segnalazioni
Con bellissime fotografie di Elio Ciol, le pagine di Massimo Camisasca ci accompagnano in tutti i momenti dell’anno, nei tempi dell’uomo, della natura e della liturgia. Un libro da meditare che raccoglie belle riflessioni come questa: «Rallegratevi per tutto quello che vi è dato e passa per le vostre mani, ma non trattenete nulla per voi se non ciò che è assolutamente importante per vivere. Dalla povertà viene nella vita un fiume di gioia e di serenità».
Massimo Camisasca, Armonia delle stagioni, Marietti 1820, pagine 170, € 25,00
Questo è un libro davvero speciale. A scriverlo è Jaume Sanllorente, fondatore di una ong, «Sorrisi di Bombay», che offre una vita dignitosa a più di cinquemila persone povere. «A volte siamo più ossessionati da un foruncolo sul nostro naso che dal fatto che ogni giorno nel mondo muoiano di fame tanti bambini» dice un proverbio cinese. E scrive Jaume: «Fare felice il prossimo è il vero segreto della felicità». «Tutto quello che non viene donato è perduto» , aggiunge Dominique Lapierre, autore della prefazione al volume. Jaume Sanllorente, I SORRISI DI BOMBAY, Rizzoli, pagine 186, € 18,00
Andrea Tornielli, vaticanista, racconta in questa biografia la vita di Giovanni Paolo II.
Un Papa che aveva conosciuto da vicino la persecuzione nazista, la dittatura comunista, la negazione della libertà religiosa… Dagli esordi del Pontificato, con quel grido «Aprite le porte a Cristo», ai viaggi, fino alla fine, fino all’abbandono fiducioso nelle braccia del Padre celeste. «Lasciate che vada al Padre» furono le sue ultime parole a compimento di una vita totalmente protesa a conoscere e a contemplare il volto del Signore.
Andrea Tornielli, SANTO SUBITO, Piemme, pagine 236, € 16,00
«Avete notato quanti colpi capitano nella nostra vita? Un’invasione. Colpo di testa, colpo di fortuna, colpo di fulmine, colpo di telefono, colpo di sole, colpo della strega, colpo di vento…Nessuna di queste espressioni è errata, per carità. Ma forse di colpi si abusa nel parlare quotidiano e quando nel nostro discorso i colpi si fanno troppo numerosi è il momento di sostituirne qualcuno». Ce lo dice Aldo Gabrielli in un classico della linguistica ora riproposto in questa nuova versione curata da Paolo Pivetti.
Aldo Gabrielli, SI DICE O NON SI DICE? Hoepli, pagine 418, € 16,90
Vie di fuga da Scientology
«Conosco Scientology. Ho visto ragazzi risucchiati da un meccanismo in cui hanno perso la loro libertà. Lì viene sconvolto il pensiero, si pratica una totale decostruzione per una successiva reimpaginazione della persona. La decostruzione ha un passaggio obbligatorio: la rottura totale con la propria famiglia. Scientology è un pericolo serio»: sono considerazioni del cardinal Ersilio Tonini che riassumono bene il contenuto di questo libro coraggioso che raccoglie quattordici testimonianze di fuoriusciti da una delle organizzazioni religiose più controverse dei nostri anni: la chiesa di Ron Hubbard, che si presenta come organizzazione filantropica ma in realtà diventa per molti una durissima caserma (con veri e propri gradi militari) dalla quale è difficile uscire. Sia perché le relazioni familiari, le amicizie e ogni tipo di rapporto precedente vengono sconvolti e letteralmente frantumati, sia perché si attivano nel soggetto forme difficilmente superabili di dipendenza. Individui generalmente sensibili e intelligenti, che vogliono investire le proprie energie in percorsi di crescita, quando entrano negli ingranaggi di Scientology perdono il controllo su se stessi e si trovano ad essere eterodiretti. E chi se ne va fatica a ricominciare, come testimonia Bryce, nome di fantasia per un ex membro del movimento: «Quando decidi di uscire non ti resta niente. Io, una volta uscito, così come molti, mi sono sentito svuotato e stanco. Smarrito. Non avevo conservato più nulla: né amici, né un lavoro, né una casa. Tutto ciò che ero era Scientology o era in Scientology». I quattordici racconti, fondati su testimonianze liberamente rilasciate, sono praticamente narrazioni con trama fissa, soprattutto nel finale: dopo lunghi anni di sequela hubbardiana chi se ne va deve ricominciare tutto da capo. Spesso senza affetti e sicuramente con il conto in banca completamente svuotato. Un libro da leggere, da consigliare, da far circolare, di cui parlare.
Ugo Sartorio
Alberto Laggia, Il coraggio di parlare. Storie di fuoriusciti da Scientology, a cura di Maria Pia Gardini, Paoline, pagine 170, € 16,50. www.paoline.it