L'etica del confronto

La chiersa è apportatrice di valori, e promuove il dialogo con gli Stati affinché i temi cruciali che riguardano l'uomo non restino solo sterile materia giuridica.
30 Luglio 2008 | di

Il rapporto «chiesa-società» continua ad essere oggetto di vivaci dibattiti all’interno delle comunità ecclesiali e nell’ambito laico-politico. Nella consapevolezza di vivere in una società multiculturale e multirazziale, i cristiani alla luce dei documenti del Vaticano II hanno scelto come metodo d’approccio nei dibattiti lo stile del dialogo, per individuare innanzitutto i valori etici condivisi e riconosciuti dal fondamento giuridico di ogni Stato. Nella ricerca, infatti, del bene comune, allo Stato, oltre alla tutela dell’ordine pubblico, spetta il compito di difendere e salvaguardare nelle scelte riservate alla persona, anche i valori religiosi. Stato laico non equivale a stato ateo o laicista; e la laicità non può essere intesa come esclusione della religione dalla vita pubblica. «Se la politica pretende di agire come se Dio non ci fosse, alla fine s’inaridisce e perde la consapevolezza stessa dell’intangibile dignità umana», ha affermato recentemente il cardinale Renato Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace.
Un pensiero, questo, non condiviso da quanti affermano che la democrazia si può fondare solo sul relativismo etico, convinti che se c’è una verità assoluta non è più possibile il pluralismo. Ne consegue un modello di stato democratico con funzioni di «notaio», che permette alle persone di comportarsi in base ai propri valori morali; e un modello di cittadino che, obbediente ai criteri del soggettivismo etico, nega l’esistenza d’ogni valore etico proposto come fondamento del suo comportamento.
Lo Stato non può essere un’entità «neutra». Ha infatti dei valori di riferimento, espressi nella sua Costituzione, che devono essere visibili nelle sue scelte politiche. Da questa consapevolezza, da parte del mondo politico emerge l’interesse per l’apporto della chiesa sui grandi temi etici e anche sui morali – come la giustizia, la pace e la salvaguardia del creato – che oggi sono condivisi da popoli di diverse culture e religioni. Il rapporto con la chiesa cattolica diviene più difficile quando le norme degli Stati misconoscono alcuni valori universali, «non negoziabili»; quando cioè sono messi in gioco le basi della dignità umana, come il valore intangibile della vita, dal suo nascere alla sua fine naturale; la tutela dell’embrione; la famiglia fondata sul matrimonio di persone di sesso diverso; la libertà religiosa e la libertà di educazione. Il dibattito può divenire anche conflittuale, soprattutto quando uno Stato impone per legge degli orientamenti etici che devono essere invece lasciati alla responsabilità della coscienza individuale. È in tale ambito che emerge, per i cristiani impegnati nei settori dell’educazione o della responsabilità civile, il compito di formare le coscienze per scelte coerenti alla propria fede.
La chiesa, attraverso il suo magistero, non intende imporre la sua visione alla società pluralista. Essa si sente depositaria di una visione della vita, della famiglia, dell’educazione, e di direttive riguardanti i valori della pace e della giustizia provenienti dalla Rivelazione. «Visioni di vita» e valori che non sono espressi, né devono essere accolti, come una posizione «di parte», ma come un apporto – umano, spirituale e razionale – che trova fondamento nella legge naturale, offerto, nel contesto dell’attuale pluralismo religioso e culturale, nello stile del dialogo. Una chiesa che si pone, quindi, a servizio dell’umanità per evitare il rischio, o la pretesa da parte d’ogni singolo Stato, d’affrontare da solo le grandi sfide del mondo che richiedono condivisioni di valori e d’intenti.

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017