L’Etna, il grande patriarca

Un vulcano in attività è sempre uno spettacolo che affascina e incute timore. La sua forza distrugge ma dà origine a un microcosmo particolare e vivo che vale la pena di proteggere.
09 Febbraio 2002 | di

 Quando l`€™Etna erutta dalle sue bocche incandescenti fiamme, lava e lapilli è uno spettacolo strabiliante. Soprattutto di notte. Una forza della natura che continua ad affascinare e a incutere timore, ma anche a creare con il tempo situazioni ambientali particolari, uniche, un microscosmo abitato da animali e piante che bisogna proteggere dalle insidie e dalle speculazioni dell`€™uomo, assieme a quell`€™insieme di tradizioni, di miti e di cultura che attorno a un tale fenomeno si sono create nel tempo.

Lo strumento più valido per salvaguardare tutto questo è stata l`€™istituzione del Parco naturale, avvenuta nel 1987. Esso ha le sue pendici su colline per poi estendersi fino a 3323 metri sul livello del mare. La differenza di altitudine inclusa nei suoi confini è talmente significativa da determinare una forte diversità  dei caratteri climatici e biologici. Le condizioni climatiche delle zone meno alte, che nella fascia orientale fuoriescono dai confini del Parco fino a raggiungere il mare, sono influenzate in maniera decisiva dal clima tiepido e secco del Mediterraneo. Viceversa, nelle aree centrali con altitudine più elevata, il clima gradualmente raggiunge condizioni più fredde e umide. Si aggiunga a questo l`€™influenza che il vulcano esercita sul clima in generale. L`€™attività  vulcanica infatti, anche durante i cosiddetti periodi di quiescenza, influisce sulla temperatura, sull`€™umidità  e sulla piovosità  donando all`€™intera zona del Parco un microclima localizzato con una tipologia ben distinta dalle zone circostanti. Questa particolare condizione la si può godere in ogni angolo e lungo ogni sentiero del Parco. Tuttavia, una prova della forza con cui la Natura ha modellato rocce e montagne la si trova soprattutto nella Valle del Bove, dove il crollo improvviso di vecchi edifici vulcanici ha prodotto una gola stretta e profonda che raggiunge altezze di 1000 metri.

 

Piante e fiori

L`€™energia e l`€™azione esercitate dal grande vulcano, anche oltre i 215 chilometri di circonferenza che normalmente si attribuiscono al complesso dell`€™Etna, hanno avuto inizio in mare 600mila anni or sono. In un periodo così lungo l`€™alternarsi di fasi eruttive attive e fasi di quiescenza ha determinato un susseguirsi di cambiamenti climatici e morfologici dell`€™intero comprensorio. Ogni cambiamento si è riflesso sulle vita animale e vegetale dell`€™area, dove si possono trovare sia esemplari di alcune specie, un tempo più numerose quando le condizioni ambientali erano diverse, sia specie cresciute nelle condizioni attuali. Caratteristica di tutte è l`€™essersi adattate a condizioni davvero estreme.

Le zone più alte dominate da colate laviche antiche e recenti, sono alquanto aride e spoglie; poco o nulla resiste a quella condizioni. Un po`€™ più sotto, però, i pendii sono ricoperti di rigogliosi boschi di pino nero, betulla e faggio, specie tipiche di climi freddi continentali. Ma ve ne sono anche altre che crescono solo qui, come la ginestra dell`€™Etna, simile alle altre ginestre ma che si sviluppa quasi ad albero.

 

Gli animali

Ambienti diversi ospitano specie diverse di animali. Vari rapaci diurni e notturni (sparviero, allocco, assiolo, gufo comune, ecc.) volano alti sopra i boschi, dove in primavera e d`€™estate cuculi in quantità  lanciano i loro insistenti richiami, mentre picchi e passeriformi colorati vociano e svolazzano lì per tutto l`€™anno. Nelle zone più alte di montagna, brulle e arse, si può osserva il volo planato dell`€™aquila reale e della poiana. Oppure cogliere il gheppio immobile nel cielo (rapidissimi colpi d`€™ala sfruttano le correnti d`€™aria), pronto a piombare sulla preda. O anche il volo potente e veloce del falco pellegrino, che si lancia rapido e preciso sui piccioni selvatici che nidificano nelle pareti rocciose. Tra i piccoli uccelli il più comune è il culbianco, che si muove veloce tra i massi compiendo piccoli voli così aggraziati che sembrano una danza.

Intorno al Lago Gurrida, unico specchio d`€™acqua del Parco, vivono aironi, folaghe e anatre. I mammiferi sono più rari ed erranti, ma non è difficile imbattersi in volpi, ricci e conigli selvatici che attraversano i sentieri del Parco durante le prime ore del mattino.

È solo un piccolo elenco, inadatto a descrivere la vita che pulsa abbondante sulle pendici del grande patriarca, ma che può essere completato in parte ricordando anche anfibi, rettili e insetti, molti dei quali ancora quasi sconosciuti.

 

Il Parco naturale regionale

Il Parco è stato istituito nel 1987 a salvaguardia di uno dei pochi vulcani ancora attivi in Europa e dei suoi peculiari aspetti naturalistici e geologici. Ha una superficie di poco superiore a 58mila ettari. I suoi confini interessano tutto il corpo centrale del vulcano e la maggior parte del complesso vulcanico più recente. Il comprensorio protetto interessa ben 21 comuni inclusi nel territorio della provincia di Catania e viene gestito da un Ente Parco autonomo (tel. 095914588).

Per i visitatori sono stati allestiti un centro di educazione ambientale, a Fornazzo di Milo, e una serie di sentieri che si inoltrano nel cuore del Parco partendo dai diversi versanti del complesso montuoso. Alcuni sono dedicati alla descrizione del corpo vulcanico e delle sue attività  eruttive recenti, mentre altri concentrano la loro attenzione sugli aspetti naturalistici, inoltrandosi in antichi boschi di conifere e faggi.

 

La montagna vivente

L`€™avvio dell`€™attività  vulcanica è legata alla pressione che il peso delle rocce esercita sulla parte più profonda della crosta terrestre, dove le temperature sono così alte da fondere tutto. Così basta che un movimento della litosfera in superficie crei una frattura verticale perché la pressione spinga il materiale fuso verso l`€™alto, fino all`€™esterno. Il materiale fuso, a contatto con la superficie fredda del suolo e con l`€™aria, solidifica creando via via il cono vulcanico, che può avere forme diverse a seconda del tipo di eruzione che lo ha prodotto. Quando il materiale è incandescente e sottile, la forma del cono è schiacciata e molto estesa, perché la lava impiega più tempo a raffreddarsi e possiede una minore capacità  di coesione. Un vulcano alto e stretto è il risultato di eruzioni laviche miste con materiale grossolano e meno fuso.

Ma torniamo all`€™Etna. Inizialmente la costa dell`€™area del comprensorio vulcanico era bassa e pianeggiante. Le prime eruzioni si manifestarono nella zona sottomarina di fronte a dove oggi sorge l`€™Etna, a poca distanza dalla costa. Le prime colate laviche erano fuse, anche se il contatto con l`€™acqua ha aumentato il potere di raffreddamento limitando il percorso della lava. In seguito gli strati profondi che fornirono al neo-vulcano il materiale eruttivo si sono evoluti e il magma è risultato composto da materiale meno fuso e più grossolano che ha determinato la nascita dei primi coni vulcanici, stretti ed elevati, tra cui il vulcano Calanna e il Trifoglietto, che si ergono sullo strato magmatico eruttato precedentemente e poi solidificatosi.

Dopo una lunga attività , un forte evento catastrofico ha modificato completamente la morfologia del comprensorio dando forma all`€™attuale Valle del Bove. Contemporaneamente una nuova spaccatura verticale ha portato materiale fuso e sottile in superficie. Ha preso così lentamente forma un imponente cono dalla base larga che oggi chiamiamo Mongibello, attuale centro attivo dell`€™Etna.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017