LETTERA DEL MESE

02 Settembre 2002 | di

Razzismo verbale e solidarietà  reale

«Succede spesso che quando clandestini sbarcano sulle nostre coste qualcosa non funzioni e qualcuno ci rimetta la vita, magari giovani donne o bambini. Mi è capitato di sentire a queste tragiche notizie commenti come questo: `€œMeglio! Quattro vu`€™ cumprà  bastardi in meno`€. L`€™astio, non vorrei chiamarlo odio, contro questi disgraziati è vivo in molta della nostra gente. Però ho assistito anche a episodi di commovente solidarietà  verso costoro. Questo è molto bello. Ma quello che fa male al cuore è la cattiveria di molte persone, ed è sapere che non è facile estirparla. So che queste persone frequentano la Chiesa e si credono più cristiane di altri».

Chiara - Bergamo

Come vede, intorno a noi si può trovare di tutto sia una certa forma di razzismo verbale sia tanta solidarietà . Come è possibile ridurre il primo e allargare la seconda? Il compito è improbo, ma l`€™impegno di risolverlo in modo positivo caratterizza il cammino di umanizzazione dei rapporti tra gli uomini. Il razzismo è frutto del pregiudizio che, a sua volta, è collegato con l`€™appartenenza etnico-culturale. Il pregiudizio si manifesta quando entriamo in contatto con chi ci appare diverso per lingua, per colore, per religione, ecc.: presenze tra noi un tempo insignificanti oggi sempre più consistenti a causa proprio della massicce immigrazioni, irregolari o clandestine, di gente che fuggendo da Paesi dove non ci sono che miseria, fame e disperazione, cercando in Italia occasioni e motivi di speranza.

Siamo consapevoli che un`€™immigrazione incontrollata alla lunga crea disagi per tutti e diventa intollerabile. Il governo italiano lo scorso luglio ha varato una legge per mettere ordine sul complesso con inevitabili giri di vite che qualcuno ha gradito, invocando anche maggiore severità , e altri invece hanno condannato come poco rispettosa dei diritti umani (vedi la lettera che segue).

Comunque l`€™atteggiamento del cristiano non può essere che quello dell`€™accoglienza e della solidarietà  con chi, arrivato da noi in cerca di speranza, lavora nel rispetto delle regole della convivenza. E non certo quello del rifiuto preconcetto e del razzismo.

Il razzismo è anzitutto, una reazione emotiva, prerazionale. Educazione e ragione dovrebbero aiutarci a guardar meglio le persone, a verificare qualità  `€“ positive o negative `€“ che «pregiudizialmente» si attribuiscono al gruppo di cui fanno parte. Solo con l`€™esercizio critico della ragione si può passare dal «pregiudizio» al «giudizio». Certo, la solidarietà  non è solo frutto della liberazione dal pregiudizio. Essa ha la sua radice nell`€™intuizione che, nonostante tante diversità , gli uomini sono eguali ed egualmente bisognosi di comprensione e di aiuto, anche se non meritevoli di consenso e di stima.

  

A 40 anni si può ricominciare

«Avevo 16 anni quando ho incontrato un giovane che aveva una decina d`€™anni più di me e che mi ha fatto girare la testa. Si è preso tutto di me. Gli anni più belli della mia gioventù li ho trascorsi con lui. Poi mi ha lasciato per andare con un`€™altra. Non le dico il dolore provato... Al marito, che ho conosciuto due anni dopo, raccontai tutto del mio passato; lui ha capito e mi ha sposato. Sono passati vent`€™anni e continuo a pensare all`€™uomo che mi rese infelice: un incubo che mi rende nervosa... a tal punto da essere scortese con tutti, persino con le mie bambine».

Una donna quasi disperata

Nella vita di tutti ci sono momenti difficili e alcuni sono per ciascuno quasi tappe obbligate di dolore per crescere. L`€™adolescenza è uno di questi periodi: attorno a noi si affolla una serie di problemi, di richiami, di impulsi ma anche dolore e rabbia. Abbiamo la sensazione di non essere abbastanza «grandi» per affrontare la situazione. L`€™altro classico momento è quello chiamato «il trauma dei quarant`€™anni». A quell`€™età , all`€™incirca, si finisce inevitabilmente per fare un primo bilancio della propria vita, ed è inevitabile concludere con la frustrante sensazione di non si è dato né ricevuto abbastanza.

Due sono allora le possibilità : cercare di porre attivamente rimedio alla delusione oppure ripiegarci nella malinconica nostalgia del «bel» tempo passato. La prima scelta offre davvero la possibilità  di ricominciare: so di più di una donna che, a quarant`€™anni, anziché frignare sul tempo che fu, ha ripreso in mano i libri per migliorare la propria cultura o per fare ciò che impegni troppo pressanti prima non avevano consentito, come avviare un`€™attività  artigianale, non per soldi ma per realizzarsi o rivitalizzare il rapporto con il marito, sviluppando comuni interessi; qualcuno ha cercato di mettere la propria esperienza al servizio di qualcosa di utile, in un`€™associazione di volontariato...

La seconda scelta apre la via alla depressione psicologica. Lei, cara lettrice, afferma di ritornare con amore, nella memoria, al rapporto con quell`€™uomo che la fece tanto soffrire, e teme di esserne ancora innamorata. Secondo me, no, Mi creda: lei è solo innamorata della ragazza che è stata, piena di speranze e di illusioni. Ricordi con tenerezza, come è giusto, quella sedicenne; ma abbia anche rispetto e amore per la donna che lei è oggi, per suo marito (mi pare un uomo straordinario ed è lei a suggerire questa pressione), per le sue bambine, per un futuro che, se lei davvero vuole, può avere ancora i colori del sorriso, il sapore della gioia e della speranza. A quarant`€™anni, ma anche dopo, si può sempre ricominciare.

 

La solitudine: che soluzione è?

«Conosco gruppi di coetanei che vivono con gioia il loro impegno cristiano. Li invidio, ma io non riesco a essere come loro, a stare con loro. Non ho il loro carattere aperto, estroverso. Alle riunioni cui partecipavo non mi riusciva di parlare. Mi sento `€œl`€™imbranato`€, il perennemente `€œtagliato fuori`€, il peso che gli altri devono sopportare e così ho tolto l`€™incomodo e me ne sono andato...».

Pino, l`€™imbranato, 16 anni

Riprendi il tuo posto nel gruppo. Lo starsene da soli, vivere in solitudine non è mai una soluzione. Non credere di essere un peso per gli altri perché non parli, te ne stai tra gli altri silenzioso. Sono di solito i chiacchieroni a infastidire. Forse più che di gente che chiacchiera abbiamo bisogno di chi è capace di ascoltare. Conosco persone che, incapaci di parlare in pubblico, sono invece straordinarie all`€™ascolto e sono preziose per chi ha bisogno di un po`€™ di attenzione affettuosa e di qualche consiglio. Può anche darsi che nel tuo comportamento ci sia un pizzico di superbia o di gelosia per chi «primeggia» nel gruppo. Cerca di essere autentico e di occuparti degli altri e dei loro problemi: è una cura infallibile per ridimensionare i nostri.

 

Suicidio, un atto di egoismo

«Sono un giovane non credente, ma ugualmente sensibile agli ideali del Vangelo. Credo negli uomini, credo in me stesso ma vorrei scomparire dalla faccia della terra. Vorrei morire per far morire la mia falsa apparenza di felicità . Non penso a impadronirmi di un Dio ultraterreno perché non ci credo e quindi la stessa fede mi smentirebbe. Finirò con il togliermi la vita se non riesco a trovare un motivo vero, terreno, che mi convinca a resistere».

Mario C. - Palermo

Nella tua lettera mi pare di cogliere non tanto la voglia di morire ma di cambiare, e profondamente, la tua vita che ti pare inutile. Sei alla ricerca di un motivo «vero» per continuare a vivere. Ebbene, se sei sensibile agli ideali del Vangelo, non ti sarà  difficile trovare il motivo: ed è che tu non appartieni solo a te stesso ma anche agli altri. Non mi riferisco tanto ai tuoi familiari che, togliendoti di mezzo, aggrediresti crudelmente condannandoli a un terribile dolore; mi riferisco alla grande moltitudine di oppressi, di emarginati, di gente che muore di fame o di miseria a causa delle ingiustizie sociali. Chi, come te, ha avuto il privilegio di vivere in una buona famiglia, senza problemi, di studiare, di farsi una buona cultura... è in debito verso tutti costoro. Un`€™eventuale rinuncia alla vita sarebbe un atto di incomprensibile egoismo nei confronti di chi potrebbe, anzi di chi ha il diritto di essere aiutato da te.

Sulla strada dell`€™impegno per gli altri poi (che se si fa «concreto» ti aiuta a distoglierti da quella sterile autocompassione e da esami di coscienza inutilmente spietati; e quindi impari la naturalezza e la semplicità  di spirito) potrà  accaderti di incontrare Gesù di Nazaret, che non è un «Dio ultraterreno» ma l`€™«Emanuele», il «Dio-con-noi»: quello che per amore dell`€™uomo (di te, di me, di tutti) si è fatto carne e rimane presente nella storia, soprattutto in quella di quei poveri che si diceva, in cerca di liberazione. Se ti capiterà  allora di incontrarlo, non temere: non ti smentirà , al contrario confermerà  tutti i valori in cui credi e ti darà  senz`€™altro nuova forza per viverli.

 

La rivoluzione di Cristo è un`€™altra cosa

«Le rivoluzioni che nascono e sono sostenute dalla violenza delle armi, durano finché le armi o il terrore riesce a tenerle in piedi. Poi magari si spengono per riesplodere più avanti, perché i motivi che le hanno fatte sorgere non sono cambiati, e cioè la miseria e l`€™ingiustizia e l`€™odio cui sono vittime milioni di persone nel mondo. Solo un mite e un amante della pace; mi chiedo come Gesù Cristo ha saputo realizzare una rivoluzione senza ricorrere alle armi e alla violenza. E che rivoluzione! Rafforzatasi nel tempo, anche perché suggellata da eventi straordinari inattesi, come la morte di Gesù e la sua risurrezione.

La sua fu una rivoluzione pacifica, basata sull`€™amore e sono molti oggi ancora a crederci, nonostante a volte le forze del male e della violenza sembrino prevalere».

Mariolina Censui, Potenza

A rendere diversa dalle altre la rivoluzione di Gesù Cristo non sono solo i mezzi usati, cioè la proposta e la persuasione al posto della forza e dell`€™imposizione. La fanno diversa il contenuto e lo scopo che intende raggiungere. Il contenuto: non è potere politico, economico, ideologico ecc. da togliere a chi ce l`€™ha per darlo a nuovi padroni. È, invece, un altro potere, spirituale, proprio di Dio, che Cristo non vuole tenere esclusivamente per sé, ma distribuire a chiunque sia disposto ad accoglierlo e appropriarselo: «A quanti lo hanno ricevuto (Cristo) ha dato il potere di diventare figli di Dio» (Gv 1,12).

Il fine poi della rivoluzione di Gesù Cristo è di liberare la coscienza dall`€™errore, dal male morale per porla in un rapporto diverso con Dio e con gli uomini. Nella misura in cui il cristiano si lascia compenetrare dalla consapevolezza di essere figlio di Dio e fratello di tutti gli uomini, ama anche i nemici, seguendo l`€™esempio e l`€™insegnamento di Cristo. È stato bello e commovente vedere il Papa, dopo avere perdonato a chi aveva attentato alla sua vita, chiedere perdono per le offese più o meno gravi che la Chiesa ha recato nel tempo a gruppi e persone. E a sollecitare al perdono quanti credono di poter risolvere le controversie ricorrendo alla violenza delle armi, perché non può esserci pace senza giustizia e perdono. Questa sì che è rivoluzione!

 

La realtà  e i nostri occhi

«Mi piace assai poco di quello che vedo intorno a me, nella scuola, nella società  (sono giovane): solo scandali, persone poco oneste pronte a ogni compromesso, compagni vuoti, banali, privi di ideali, che a chiacchiere sono a mille ma a fatti non riescono ad andare sopra lo zero. Che speranza si può avere nel futuro con gente così?».

Diciassettenne, Caserta

Ho sintetizzato una tua lunga lettera, intelligente, ricca di brio (nella parte riferita invero non ce n`€™è) ma anche di tanto amaro pessimismo, di disprezzo per il mondo e per chi ti sta accanto, come dimostrano le tue parole riportate. Poco si salva: te stesso e la tua famiglia. Permettimi di dire a te e ad altri giovani che a volte scrivono con tanta aggressività : questo mondo trasuda, se vuoi, di realtà  terribili, di miserie vergognose, di intollerabili ingiustizie; di uomini meschini, di donne sciocche. Abbiamo spesso modo di rilevarlo anche nelle pagine del nostro giornale.

Ma poiché il Signore è in mezzo a noi e ci ama, il nostro mondo è anche pieno di iniziative straordinarie, di galantuomini, di meravigliose madri di famiglia, di gente che lotta eroicamente non per il proprio tornaconto ma perché altri abbiano giustizia e libertà .

Chi vuol vedere solo l`€™una o solo l`€™altra faccia della nostra società  è come se si cavasse volontariamente un occhio. Noi possiamo scegliere: o lasciarci catturare dalla ragnatela opprimente del pessimismo e dell`€™egoismo, dell`€™amore dato solo a chi ci ama per primo, oppure possiamo cercare di collegarci a tutti gli altri che vogliono che questo mondo cambi, e cambi in meglio.

Nel primo caso vivremo un`€™esistenza affranta dalle paure, solitaria, in case inutilmente trasformate in fortezze; nel secondo affronteremo rischi e tensioni, non avremo probabilmente la possibilità  di arricchirci e di fare carriera ma la nostra vita sarà  ricca di valori e di rapporti umani, interessante, gioiosa di una gioia «come non la dà  il mondo».

  

Una carovana per la pace

«Abbiamo la consapevolezza che oppressioni ed esclusioni su scala planetaria sono il frutto avvelenato di un ordine economico-politico profondamente ingiusto e violento. Per questo siamo determinati a impegnarci `€“ come singoli, come società  civile, come chiesa `€“ per modificare una situazione che ci ripugna e per inaugurare un millennio senza esclusi».

Ci eravamo lasciati così, nel settembre del 2000 a Verona, al termine di quella carovana del «Giubileo degli oppressi» che ci aveva portato a incontrare migliaia di persone da Bari a Napoli, da Pesaro a Bologna, da Milano a Brescia, da Padova a Verona. Dovunque abbiamo visto cattolici e laici esprimere partecipazione ed entusiasmo, indignazione e voglia di cambiare. Dovunque c`€™è stato autentico ascolto dei testimoni del sud del mondo: Alex Zanotelli, Scholastica Kimanga (Kenya), dom Tomà¡s Balduino (Brasile).

Quella carovana non si è fermata con il chiudersi dell`€™anno giubilare. Gli impegni formulati a Verona sono stati raccolti da tante mani, tradotti giorno dopo giorno in sobrietà , in cittadinanza attiva, in partecipazione politica nei movimenti e nelle reti `€“ come quella di Lilliput `€“ in stimolo per le comunità  ecclesiali. Uno degli impegni più difficili e significativi era quello di promuovere la pace e oggi siamo qui a rilanciare con più forza l`€™impegno per la pace, in piena continuità  con il giubileo. Siamo consapevoli che per essere pienamente cristiani è necessario essere costruttori di pace e quindi promuovere la giustizia, che della pace è presupposto.

Ancora una volta, perciò, formiamo una «Carovana della pace» che incontrerà  dal 5 al 15 settembre tante comunità  in giro per l`€™Italia. Ancora una volta saranno presenti testimoni autorevoli che accompagneranno le varie tappe: don Ciotti, Arturo Paoli, Alex Zanotelli, monsignor Nogaro, Enzo Biagi, monsignor Bregantini, Giancarlo Caselli, monsignor Cetoloni, Beppe Grillo, monsignor Bettazzi. Inoltre, saranno presenti anche due rappresentanti dall`€™America Latina e dall`€™Africa: Valdenia Aparecida Paulino e Magouws Catherine Morakabi.

Ancora una volta vogliamo suscitare partecipazione, tensione morale, scelte chiare e nonviolente dentro e fuori la Chiesa. La carovana troverà  ad attenderla in ogni città  gruppi, associazioni e comunità  capaci di proporre a loro volta percorsi ed esperienze di pace o di educazione alla pace. Vogliamo invitare anche i lettori del «Messaggero di sant`€™Antonio» a unirsi a noi e per questo vi chiediamo di segnalare sulle pagine della rivista il programma completo dell`€™iniziativa:

5 settembre: Verona
6 settembre: Trento
7 settembre: Venezia Mestre
8 settembre: Milano
9 settembre: Genova
10 settembre: Firenze
11 settembre: Terracina (Latina)
12 settembre: Molfetta (Bari)
13 settembre: Pesaro
15 settembre: Bologna (appuntamento conclusivo).

S. F.

Pubblichiamo volentieri l`€™invito augurando alla manifestazione un buon successo, nel senso che riesca a scuotere le coscienze su temi così importanti e decisivi.

 

La sessualità , dono di Dio

«Dio ha creato l`€™uomo mettendo in lui l`€™istinto sessuale, come tutti gli altri istinti oppure esso è sorto nell`€™uomo dopo il peccato originale, come castigo di Dio?».

M. F. - Torino

Perché mai l`€™istinto sessuale dovrebbe essere un castigo di Dio? Il peccato originale ha deviato gli istinti verso il disordine, ma non ne ha prodotti di nuovi. La sessualità  non è quella che lei osserva disgustata nei disordini prodotti dall`€™immoralità , lì essa è distorta, strumentalizzata, commercializzata, banalizzata. Nella sessualità  ordinata c`€™è invece un`€™immagine dell`€™amore di Diio: è per essa che gli uomini raggiungono la pienezza della propria unione, mettono al mondo del figli, proseguendo l`€™opera della creazione. Altro che castigo di Dio.    

  

Fede e vita di Claudio Mina

È possibile pregare sempre?

«Sono una vedova con due figli. Alla sera dopo aver messo a letto i bimbi e riordinata la casa, posso finalmente dedicarmi un po`€™ a me stessa e in questa tranquillità  leggo sempre qualche pagina, o anche solo qualche riga, del Vangelo, ricavandone spesso un notevole aiuto spirituale. Qualche parola di Gesù mi pone però interrogativi che non riesco a chiarirmi, come la raccomandazione di `€œpregare sempre`€`€¦».

Livia

Le domande che lei pone sono di vitale importanza, ma purtroppo nello spazio disponibile posso rispondere soltanto a due di esse.

Come si può pregare sempre, pur svolgendo una normale attività ?

L`€™espressione di Gesù «pregate sempre» non può certo essere intesa come un invito a recitare in continuazione formule verbalizzate, cosa davvero impossibile. Interpretazioni di autorevoli commentatori danno invece a questa parola evangelica un senso più praticabile, interpretandola come la raccomandazione di essere presenti a Dio nel modo più continuativo possibile, ovviamente senza che lo spirito sia teso in modo innaturale.

Questo atteggiamento interiore, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, è del tutto realizzabile dalla nostra natura psicospirituale. È normale, infatti, che pur svolgendo i nostri compiti, siano presenti a livello subconscio (semi-latente) tutta una serie di sentimenti e di atteggiamenti mentali i quali, anche se non vi prestiamo attenzione, influenzano il nostro agire, divenendo un`€™efficace motivazione dei nostri comportamenti e delle nostre scelte. Questa azione può essere esercitata, ad esempio, dal desiderio di portare a termine un compito, dalla simpatia o dall`€™antipatia, dall`€™aggressività , dall`€™ottimismo e dal pessimismo, dall`€™ambizione e così via. Ebbene, tra questi fattori che possono più o meno stabilmente essere presenti nel nostro «sottofondo psichico» ci può essere evidentemente anche l`€™amore verso Dio e verso il prossimo, i quali possono essere particolarmente radicati e motivanti in quanto corrispondono ai principali bisogni spirituali dell`€™uomo.

Pensiamo, ad esempio, a una mamma cristiana la quale ama intensamente Dio, suo marito e i figli. Per svolgere le sue molteplici mansioni, deve porre all`€™esterno la sua attenzione; tuttavia, la più comune esperienza ci dice che sono le sue interiori motivazioni d`€™amore che le forniscono la forza di agire per il perseverare nelle sue occupazioni, insieme alla gratificazione spirituale di compiere la volontà  di Dio e di provvedere ai suoi cari. Ovviamente, anche queste motivazioni profonde possono subire eclissi e discontinuità . Ma ogni parola di Gesù va interpretata nella certezza che egli non ci chiede impegni superiori alle nostre possibilità ; e inoltre è pieno di comprensione per la nostra fragilità  e per i nostri limiti e quindi, lungi dal farcene una colpa, semmai ci dà  la grazia per superarli.

Perché è necessaria questa preghiera continua?

Questa necessità  possiamo comprenderla in primo luogo alla luce dell`€™amore infinito di Dio, che vuole condurci a vivere per l`€™eternità  nell`€™ineffabile gioia della comunione con lui, pienezza di ogni bontà , di ogni bellezza, di ogni felicità . È per questo fine che Dio ci pone nel cammino terrestre, affinché possiamo scegliere questo destino che egli ci offre nella libertà , iniziando da subito, con l`€™aiuto dei suoi doni, un rapporto d`€™amore con lui.

E questi suoi doni noi li riceviamo per l`€™appunto tenendo il più possibile quell`€™apertura al divino del nostro animo, nella quale avviene una vera e propria «trasfusione» della sua vita in noi. Questa presenza al Signore è preziosa anche per la nostra felicità  interiore, perché Dio è ben lieto di ricambiare la nostra attenzione a lui, facendoci percepire «pur nel chiaroscuro della fede», la sua amorevole vicinanza. Così, il nostro animo è appagato nella sua sete più profonda, cioè nella sete di infinito e di amore incondizionato. E questo appagamento essenziale ci salva anche dal male e dal cadere in quelle condizioni di mediocrità  e di peccato che sono collegate con l`€™indifferenza verso il divino e con il vano tentativo di saziare la nostra esigenza di Assoluto rivolgendoci con disordinata bramosia alle sole realtà  terrene.

 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017