Lettere al direttore

02 Aprile 2002 | di

Ebrei e palestinesi insieme per la pace

«Ebrei e palestinesi continuano a uccidersi. Ma non c`€™è proprio nessuno tra loro che abbia voglia di pace e si dia da fare per conseguirla?».

Margherita Centomo - Latina

Certo. E a questo riguardo abbiamo sentito Claudette Habesch, segretaria generale della Caritas di Gerusalemme e presidente della regione Medio Oriente e Nord Africa di Caritas internationalis, che così ci ha risposto:

In questo momento particolarmente drammatico per noi palestinesi, come presidente della Caritas di Gerusalemme, voglio dire che credo che la solidarietà  sia possibile, credo che una vita migliore sia possibile. Le sofferenze delle mamme palestinesi e di quelle israeliane, anche se a livello numerico le perdite sono differenti, a livello umano sono ugualmente tragiche.

Noi palestinesi vogliamo vivere una vita normale che significa andare a scuola, lavorare. In questo momento tre milioni di palestinesi vivono sotto coprifuoco e non possono recarsi sul posto di lavoro, con ingenti perdite per l`€™economia. La scolarizzazione verrà  compromessa se persisterà  il blocco militare che impedisce a bambini, ragazzi e universitari di raggiungere le sedi scolastiche. L`€™81 per cento della popolazione nella striscia di Gaza vive sotto il livello di povertà , in Cisgiordania il 55 per cento.

Non vogliamo uccidere, ma nemmeno essere uccisi; chiediamo che termini l`€™occupazione e la facoltà  di autodeterminarci. Non vogliamo essere in stato di guerra. Chiediamo il negoziato e il rispetto degli accordi di Oslo del 1993 e delle risoluzioni delle Nazioni Unite.

Non vi chiedo di essere a favore della Palestina e contro Israele, ma di guardare avanti; non sono venuta in Italia per chiedere aiuti in armi, ma solidarietà  nei rapporti tra le persone e che l`€™Italia faccia valere il suo peso politico all`€™interno delle Nazioni Unite e si opponga alla vendita di armi a Israele.

Ringrazio l`€™Italia per gli aiuti e il sostegno che ci offre. Sono venuta a Padova per rinsaldare i legami con alcuni enti e organizzazioni locali tra cui la Caritas, il Consorzio Etimos (che si occupa di microfinanza per il Sud del mondo), il comune di Modena. Insieme stiamo portando avanti i progetti di un centro comunitario per ragazzi a Ain Arik, un villaggio in Cisgiordania tra Gerusalemme e Ramallah e quello di microcredito rurale a sostegno delle donne palestinesi nel villaggio di Ain Arik, in Cisgiordania e nella striscia di Gaza.

L`€™attività  della Caritas in Terra Santa è rivolta senza discriminazione a tutti, pur non nascondendo la sua ispirazione cattolica. Come Caritas di Gerusalemme invitiamo gli israeliani a ripiantare gli ulivi come alberi di pace, cerchiamo di promuovere gli scambi tra giovani israeliani e palestinesi, di investire sulle donne, sull`€™educazione, anche se quello che ci impegna di più ora sono le emergenze.

Io spero che attraverso il mio lavoro, giorno dopo giorno, passi questo messaggio di non violenza, non solo per i palestinesi; perché Israele non avrà  pace se i palestinesi non avranno giustizia e pace, se israeliani e palestinesi non potranno vivere insieme.

Come donna, come madre, come moglie dico che o vinceremo insieme `€“ israeliani e palestinesi `€“ o perderemo insieme. Magari pensate che essendo donna e madre sia più facile parlare così, ma, credetemi, è molto difficile. Sto parlando della vita dei nostri figli e dei nostri nipoti.

Mia nipote, che ha cinque anni, al mattino si sveglia e chiede a suo padre: «Oggi posso andare a scuola o ci sarà  un omicidio?». Lei ha cinque anni, ha il diritto di essere bambina. Le abbiamo rubato la sua infanzia, la sua innocenza.

Da mesi non vedo mia figlia e i miei nipoti che abitano a dieci minuti da casa mia a Gerusalemme, perché tra me e loro ci sono tre check point che me lo impediscono.

Se andiamo in un asilo nido di un campo profughi, ci sono le foto dei morti e la bandiera palestinese. È così che i bambini vedono la vita?

La settimana scorsa sono stati uccisi sessanta palestinesi. Ma chi ha pubblicato la foto del bambino di nove anni? E della sua mamma? E della persona che ha ucciso l`€™autista dell`€™ambulanza? E dov`€™è la reazione della comunità  internazionale?

Per questo sono triste, e come donna e come madre non posso restarmene comodamente a casa mia. (Testimonianza raccolta da Laura Pisanello)

 Annapia, infermiera in Madagascar

«Una ragazza è partita. Sulle ali di un sogno che portava nel cuore da tempo ha raccolto nel valigione blu un poco della sua giovane vita per portarlo con sé, lontano. In una notte di settembre ha sorvolato l`€™Italia, il Mediterraneo, quasi tutta l'Africa e, molto a sud, si è posata in Madagascar. Lì ha portato il desiderio di imparare, di capire e donare, di sperimentarsi come persona e infermiera, di pensare alla sua vita nuova. Mia figlia».

Giorgia Bignami - Treviso

Queste poche righe accompagnavano alcune lettere scritte da Annapia, la quale sta realizzando in Madagascar un suo sogno, ma in una condizione di serio pericolo a causa di una delle tante guerre intestine che caratterizzano la vita di molti Paesi africani, per cui le notizie da laggiù arrivano con il contagocce. Pubblichiamo alcuni stralci di lettere, che non chiedono nulla, ma sono una preziosa testimonianza di quanto i giovani, quando vogliono, sanno dare di amore e di solidarietà .

«Manao ahoama a tutti! Il paesaggio è bellissimo, collinare, molto aperto. La missione è abbastanza vicina al mare e si cammina sempre sulla sabbia. Quando giro per le strade tutta la gente viene fuori a vedermi: `€œUn bianco, un bianco!`€. Lo straniero, il `€œvaraha`€! La vegetazione è tropicale, vari tipi di palme, fiori bellissimi, tante bouganvìllees, piante grasse... Anche la frutta è tropicale: cocco, papaia, mango, ananas e poi le banane: che buone! Non c`€™è confronto con quelle italiane!».

«In generale lo stato delle città  è estremamente decadente, e persino noi, che stiamo bene, sia alla Casa che al Dispensario, abbiamo i rubinetti che si tappano sempre e da cui esce un filo d`€™acqua. Malgrado tutto questo, io mi vergogno di avere da mangiare ogni giorno, di avere vestiti belli, un letto, una scrivania, un armadio e persino un comodino, e di vivere in una casa in muratura. La gente non ha vestiti, indossa stracci pieni di buchi, i gabinetti se li sogna ed è una vera fortuna, spesso, possedere anche solo una piccola baracca. Ad Antananarivo la povertà  è ancora peggio che in tutte le altre città . La vita è durissima e la criminalità  forte: alla sera non si può uscire neanche per fare 100 metri a piedi. Nelle campagne, invece, la solidarietà  è molto sentita: nessuno resta senza mangiare perché chi ne ha, per quanto poco sia, lo condivide con chi non ha nulla... Mi piace lo stile di vita: si sente la povertà  e anche nella missione si vive in modo molto semplice e molto più povero che in Italia. La gente, poi, è molto accogliente: tutti ti salutano, tutti vogliono stringerti la mano, parlare con te... In Madagascar non ci si sente mai soli, c`€™è sempre qualcuno che ti saluta, anche se non ti conosce e poi tutti i bambini ti guardano, ridono, ti seguono...».

«Amo tanto poter essere infermiera qui. Sto visitando diversi Dispensari e avrò la possibilità  di vederne altri; ho visto anche qualche ospedale e ci sono molti modi diversi di lavorare. Certo ho ancora moltissimo da imparare e molto sto imparando, soprattutto sulle malattie tropicali, ma anche sulle medicazioni e altre cose che non avevo mai fatto in Italia.

«Nel nostro Dispensario passano proprio i più poveri di Mahajanga che il più delle volte non sono in grado di pagare nulla. Lavorare in dispensario qui è molto diverso che lavorare in Italia perché i mezzi sono molto pochi e ogni dono che arriva, è una festa!...

«I malati non possono essere ricoverati in ospedale perché devono pagare medicine, flebo, bende e tutto ciò che serve, così, un po`€™ per questi problemi economici e un po`€™ per credenze religiose, molti dei malati che vengono al Dispensario sono già  gravissimi.

«Spesso, infatti, prima di recarsi da un medico i malgasci preferiscono tentare tutto il possibile con lo stregone o aspettare, sperando di guarire. Così, banali infezioni diventano cose enormi; malattie che normalmente sarebbero facilmente curabili arrivano a uno stadio da cui a volte diventa difficile `€œtirarli fuori`€. Da quando sono qui vedo continuamente bambini denutriti di un anno che pesano 4 Kg. Qualcuno è anche morto... Qualche giorno fa è morta una ragazza di 19 anni per una malattia al fegato. I genitori ce l`€™hanno portata già  morente e non c`€™è stato niente da fare.

«E poi le punture di zanzara: basta grattarsi un po`€™ che diventano piaghe e ci vuole molto tempo per guarire. Si possono usare solo quei pochi antibiotici di cui disponiamo. Purtroppo, circa sempre gli stessi per ogni tipo di infezione perché in Dispensario non ci sono pomate antibiotiche né antinfìammatorìe. Veramente si può fare cosi poco...

«È molto bello anche l`€™ecumenismo che si vive qui. Per esempio, qualche giorno fa, una suora è andata ad acquistare il riso per i `€œsuoi`€ poveri. I proprietari indiani quando hanno capito per chi erano tutte quelle spese, si sono messi a confabulare tra loro nella loro lingua. Poi hanno dato alla suora un sacco di riso gratis e del sapone di cui aveva bisogno e hanno detto: `€œNoi siamo musulmani, ma crediamo in Dio e le chiediamo preghiere vostre e dei bambini`€. Raccontandomi questo episodio, la suora ha concluso entusiasta: `€œQuesto si chiama ecumenismo`€».

 Che senso hanno i sacramenti oggi?

«Vorrei sapere qualcosa dei sacramenti, quello della riconciliazione, ad esempio: è solo un dialogo tra due persone o anche una retta linea di condotta per credermi inserita nella Chiesa? Che vuol dire, insomma, confessarsi? E che cos`€™è il battesimo, la cresima e gli altri sacramenti? Perché ricevendoli, spesso non succede nulla?».

L. Q. - Arezzo

I sacramenti sono dono e opera di Dio, ma così adatti alla situazione dell`€™uomo sulla terra che è facile prenderli come mezzi psicologici (o sociali) per sostenere la nostra esistenza. L`€™esempio più evidente è la confessione, dove l`€™uomo riceve un grande impulso a riprendere in mano la sua vita. Però bisogna ribadire il fatto che il sacramento è altra cosa: ossia Dio che irrompe nella vita dell`€™uomo per renderlo capace di operare secondo il Vangelo.

Si tenga presente, pertanto, che il sacramento è un`€™opera di Dio che si fa vivo nei momenti salienti dell`€™esistenza umana. È istituito da Cristo, e per operare non deve trovare ostacoli da parte nostra. Se spesso il sacramento trova riscontri nella tradizione umana è proprio per quel suo adattarsi bene alla nostra situazione di cui si diceva sopra; ma in effetti è un proprium del cristianesimo. Siccome il battesimo è la porta di tutti i sacramenti, chi non è battezzato non è «capace» di ricevere i sacramenti cristiani, che, pertanto, sono amministrati solo ai cristiani.

L`€™azione di Dio nei sacramenti non è visibile per l`€™occhio umano, eppure spesso si ha chiara la percezione che lì sta operando Dio. Ad esempio: dopo tanti anni uno si confessa e cambia vita, diventa un santo. Come si spiega il passaggio dal prima al dopo? Certo, con la decisione di cambiar vita. Ma tanti prendono queste decisioni. Come mai, nel nostro caso, quell`€™uomo ci è riuscito? Noi diciamo: in forza di quella grazia che ha ricevuto nei sacramenti cristiani. Facciamo l`€™esempio del matrimonio: vivere il matrimonio come dice la Chiesa, nella fedeltà , nell`€™apertura alla vita accogliendo i figli che Dio manda, accettando le prove (e perfino eventuali infedeltà  del coniuge, senza ricorrere a separazioni o al divorzio)...

Chi dà  al cristiano la forza di agire così? Noi diciamo, senza ombra di dubbio: la grazia sacramentale del matrimonio. Fuori di questo ambito, infatti, noi vediamo che il matrimonio è fragilissimo, poco fecondo e spesso estremamente pesante. La società  di oggi sta a dimostrare l`€™incapacità  dell`€™uomo, lasciato alle sole sue forze, di vivere un matrimonio decente.

C`€™è un problema: perché spesso i sacramenti rimangono senza effetto, per cui tanti si confessano e bestemmiano per tutta la vita, si sposano in chiesa e poi si dividono come gli altri, si fanno battezzare e... poi ti so dire!? Dicevamo che i sacramenti possono cadere in un terreno arido, trovano ostacolo da parte dell`€™uomo... Dio non forza nessuno, anche se è scritto che «la grazia di Dio ci spinge» (san Paolo). Quel che si vede nelle nostre comunità  è che per vivere un matrimonio cristiano non basta sposarsi in chiesa, ma bisogna permettere a Dio di agire.

Allora due fidanzati si preparano al matrimonio nella castità  come dice la Chiesa (senza anticipi su quel matrimonio che non è ancora celebrato e nel quale Dio darà  la sua grazia), sposandosi si trasmettono come ministri di questo mistero la grazia sacramentale, nella loro vita di sposi si aiutano con la parola di Dio, con i sacramenti, con i fratelli di fede...

Questi matrimoni sono forti della forza di Dio, che all`€™interno della famiglia fa spuntare i segni di un amore che non è di questo mondo, come dice l`€™apostolo: «Questo sacramento è grande, lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa». Come Cristo ama la sua Chiesa e dà  per lei la sua vita, così nel matrimonio lo sposo ama la sua sposa dando la vita per lei (questo significa, tra l`€™altro, che il marito è capo della famiglia).

 I sei giorni della creazione e altre cose

«Sono abbonata da diversi anni alla vostra rivista che leggo sempre con entusiasmo. Vorrei che mi rispondeste a queste domande: 1) dalla Bibbia sappiamo che Dio ha creato il mondo in sei giorni... Adamo ed Eva ebbero due figli, Caino e Abele, che in seguito fu ucciso dal fratello. Caino come ebbe figli, se è rimasto solo? 2) Non ho mai capito la frase del Padre nostro: `€œRimetti a noi i nostri debiti....`€. 3) Qual è il vero nome di Dio, perché in genere è chiamato Gesù, ma anche Davide...».

E. G. - Torino

Rispondo cominciando dalla storia delle prime generazioni umane. Quel che ne sappiamo noi cristiani, lo ricaviamo essenzialmente dalla Scrittura. Solo che i primi capitoli della Bibbia, in particolare i primi 11 capitoli della Genesi `€“ sui quali si sono versati fiumi d`€™inchiostro `€“ sono scritti in un linguaggio che potremmo chiamare mitico. Non stiamo ad approfondire il problema. Diciamo solo che oggi è considerato perfettamente legittimo il ricorso ai generi letterari. In concreto si sta al commento dei grandi studiosi, che prendono quei testi antichi come simbolici, ossia come una catechesi di fondo che mette in luce le grandi verità  della creazione (luomo viene da Dio), del peccato originale e del male che comincia a dilagare nel mondo (cfr. il diluvio), ecc. Nel caso specifico di Caino, si legge che dopo il suo peccato egli teme di essere ucciso, e Dio gli promette di difenderlo: «Chiunque ucciderà  Caino subirà  la vendetta sette volte» (Gen 4,15). Chi è quel «chiunque»? Non certo Adamo ed Eva... Diciamo che i particolari delle generazioni umane non ci sono noti, e tutto ha obbedito sicuramente al disegno di Dio creatore.

La seconda richiesta riguarda alcune domande del Padre nostro. «Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori»: è un classico del Vangelo. Si ricordi solo la parabola del fattore infedele, al quale viene condonato un debito immenso e poi a sua volta egli non condona il piccolo debito del suo compagno. Oppure, si pensi al detto di Gesù: «Se stai facendo la tua offerta all`€™altare e ti accorgi che qualcuno ce l`€™ha con te, lascia la tua offerta e va prima a riconciliarti con il tuo fratello» (cfr. Mt 5, 23-24).

Quanto al «non ci indurre in tentazione....», diciamo che riproduce lo stile tipicamente semitico degli ebrei, che a noi può creare, effettivamente, qualche difficoltà . Per cui si aspetta solo che la traduzione venga rifatta, come è avvenuto all`€™estero. Si arriverà  allora facilmente a pregare così: «Non permettere che siamo sottomessi alla tentazione, ma liberaci dal male». Sarebbe più chiaro!

L`€™altro quesito riguarda il nome di Dio: Dio traduce il famoso tetragramma ebraico Jahwè (nome sul quale ci sono molte discussioni tra gli studiosi). Ma Jahwè (e Dio) è chiamato anche «Signore, Emmanuele, Onnipotente», ecc. Va tutto bene ed è sempre lo stesso Dio.

Gesù invece è il figlio di Dio che s`€™è fatto carne. Questo Gesù è figlio di Dio, Dio, la seconda persona della Trinità . Ed è chiamato «figlio di Davide» (non Davide, come lei dice). Di conseguenza, quando si dice Dio s`€™intende in sostanza la santa Trinità , quando diciamo Gesù intendiamo il Verbo incarnato, il Gesù della storia.

Anche il cristiano è figlio di Dio, ma a differenza di Gesù che è il figlio naturale di Dio, egli è figlio adottivo. Anche questa è una cosa immensa: reso figlio di Dio per i meriti di Cristo, il cristiano è erede di Dio, coerede con Cristo, destinato alla vita eterna. Con tale speranza noi camminiamo con gli occhi rivolti a Dio, dal quale viene ogni dono perfetto (cfr. Gc 1,16).

Il dono della maternità 

«Sono abbonata da tanti anni, ne ho solo 34, ma sin da piccola sono devota di sant`€™Antonio. Forse perché la devozione a questo santo è stata tramandata da madre a figli, e forse perché Antonio da Padova ha interceduto sempre presso Dio per la mia famiglia.

«Oggi ho un motivo particolare per scrivervi: desidero con tutto il cuore ringraziare Dio per avermi dato il dono della maternità . Sono sposata da quattro anni e in questo tempo ho avuto due gravidanze, e da una sono uscita salva per un miracolo di nostro Signore. Tutto questo mi aveva fatto cadere nel tunnel della depressione. Oggi ringrazio Dio perché sono guarita, sono al settimo mese di gravidanza e tutto va bene. Voglio lodare Dio perché ho chiesto e mi sta esaudendo».

Vincenza - Villabate (Pa)

Che cosa manca alla passione di Gesù?

«San Paolo ha scritto una frase che mi colpisce e al tempo stesso mi risuona misteriosa: `€œCompio nelle mie membra quello che manca alla passione di Cristo`€. Ora io mi chiedo come mai possa essere imperfetta la redenzione operata dall`€™uomo-Dio; e mi chiedo anche come potesse san Paolo, con tutti i suoi limiti umani, aggiungere qualcosa all`€™opera divina. Credo che le parole di san Paolo corrispondano a un`€™altra espressione molto usata, la quale afferma che tutti dobbiamo essere corredentori con Gesù. Questa corredenzione si attuerebbe con le nostre sofferenze?».

Lucio - Mantova

Sulla croce Gesù ha vinto il male che si è scatenato contro di lui vivendo il suo martirio nell`€™amore per il Padre, per le persone a lui care, per i suoi crocifissori e per tutta l`€™umanità . E in questo modo il suo amore, scaturito dall`€™immenso dolore, è divenuto perfetto. E ora il suo spirito d`€™amore è vicino a ciascuno di noi offrendoci, con delicatezza e rispetto per la nostra libertà , di farci simili e lui. Ebbene, nella misura in cui noi accettiamo di lasciarci permeare dei suoi doni, diventiamo anche noi capaci di trasformare in amore il male che c`€™è in noi e in coloro che ci circondano, accettando le sofferenze che ci affliggono dalle mani del Padre, perdonando i nostri prossimi, e cercando di far regnare nei nostri ambienti il bene, l`€™armonia e la pace. In questo modo noi compiamo veramente quanto manca alla passione di Gesù, perché essa porta pienamente il suo frutto quando ciascuno di noi la fa rivivere nella sua vita, divenendo così un canale attraverso cui l`€™amore che sgorga dalle piaghe del Salvatore raggiunge e benefica coloro che hanno bisogno.

 Tutela ambientale

«Sono una delle tante lettrici del vostro mensile. Ogni mese arriva nella mia casa una folata di notizie sane, piene di amore e rispetto per Dio e le sue creature. Proprio per questo mi sono rivolta a voi. Abito e vivo in un piccolo paese della Costiera amalfitana, dove le bellezze naturali, paesaggistiche, rispecchiano la potenza divina. Ma, come spesso accade, la mano dell`€™uomo deturpa in modo vile la terra che lo nutre e che gli da sostegno.

«A Maiori, come in altri paesi della Campania, tempo fa c`€™è stata l`€™emergenza rifiuti. Si è subito corso ai ripari... La separazione dell`€™umido dal secco, la raccolta differenziata di plastica, vetro, carta ha avuto in un primo momento un grande successo, tanto da pensare che la nostra qualità  della vita fosse nettamente migliorata. Ma non è stato, purtroppo, così. A causa di non so chi o che cosa, la raccolta differenziata non è andata più avanti. La distribuzione delle buste biodegradabili per l`€™umido non è stata più effettuata da parte del comune di Maiori, i cassonetti della raccolta della carta sono scomparsi dalle strade e la puzza insopportabile dei bidoni stracolmi di pattume è presente 365 giorni l`€™anno, soprattutto in estate.

«Allora mi chiedo perché, nel 2002 debbano accadere ancora queste cose. Il rispetto verso la natura significa avere rispetto verso noi stessi e verso Dio, il Creatore».

Una figlia di Sant`€™Antonio

Non vogliamo rubare il lavoro al «Gabibbo» o alle «Iene». Ci pare, però, doveroso sottolineare che il rispetto della natura e dell`€™uomo passa anche per le vie della nettezza urbana. I cittadini costretti a vivere situazioni analoghe a quella qui descritta dalla lettrice, dovrebbero ribellarsi (pacificamente) e pretendere rapidi interventi risolutori. Se un`€™amministrazione non riesce a soddisfare questo elementare bisogno della città  `€“ di essere pulita `€“, meglio che passi la mano ad altri.

Decisioni e buona fede

«Abitando con mio marito in una città  della pianura padana spesso umida e nebbiosa, da tempo coltivavo il sogno di trasferirmi in una cittadina di mezza montagna in cui avevo fatto una bellissima vacanza. A un certo punto questo sogno è sembrato realizzabile, perché essendomi ammalata di bronchite, alcuni medici hanno approvato la scelta di trasferirci sui monti. Scelta che abbiamo fatto con una certa facilità , essendo pensionati. Grande, però, è stata la delusione, perché il clima si è rivelato disastroso per cui siamo tornati in città . Il tutto, però, ci è costato moltissimo, per cui tutti i nostri risparmi sono stati prosciugati.

«Adesso io sono disperata e piena di rimorsi che mi bloccano la vita, perché un po`€™ alla volta comincio a confessare a me stessa una verità  di cui mi vergogno. Infatti, per essere giustificata a lasciare la pianura, parlando con mio marito ho riferito solo i pareri favorevoli dei medici, non tenendo conto di quelli negativi. Inoltre (forse involontariamente) ho esagerato i miei disturbi e la paura che si cronicizzassero. In realtà , dunque ciò che mi faceva desiderare la montagna, in fondo non era la salute, ma l`€™attrattiva per le bellezze naturali. A quel tempo, però, tutto considerato mi sembrava di essere in buona fede e mi stupisco che Dio non mi abbia fatto capire che stavo facendo un passo così stupido e rovinoso, perché ho sempre cercato a modo mio di volergli bene».

Luciana

Dio può illuminare le nostre decisioni se abitualmente stiamo davanti a lui con animo limpido e sincero, desideroso solo di compiere la sua volontà . Se invece `€“ per vie più o meno nascoste e coscienti `€“ vogliamo appagare comunque i nostri desideri, egli evidentemente non può far sentire la sua voce, perché non siamo veramente uniti a lui e in una posizione di reale ascolto. Di fatto anche umanamente può scegliere con saggezza solo chi è psicologicamente povero, cioè distaccato da tutto. Invece, chi è dipendente dai suoi desideri può cadere in ogni errore, perché la sua visione delle cose è deformata dagli attaccamenti. Comunque lei ha avuto il non facile coraggio di riconoscere la verità  e Dio ne terrà  conto aiutandola a ricominciare un rinnovato cammino spirituale.

 Mia figlia fa l`€™amante

«Sono una persona molto anziana. Ho passato la mia gioventù lavorando in una casa molto numerosa. Mi è stato inculcato il senso dell`€™onestà  (anche troppo) e dell`€™illibatezza senza avere mai uno svago o un piccolo divertimento. Ho sposato una buona persona, grande lavoratore ma anche padre-padrone. Ora, vedova da dieci anni, vivo con l`€™unica figlia. In casa mi hanno insegnato che le donne che vanno con degli uomini sono sgualdrine. Ora devo annoverare tra costoro anche mia figlia che fa l`€™amante di un uomo sposato con figli. E la cosa mi deprime da morire».

P. G.

Lei rischia di vivere male gli ultimi anni della sua vita. Nella questione che ci presenta s`€™intrecciano sentimenti profondi, per il suo passato e l`€™educazione ricevuta da una parte, e, dall`€™altra, una delusione acuta per la figlia che ha preso una strada non buona. Vediamo di trovare un modo più sereno di affrontare la realtà .

Cominciamo con la figlia. La situazione di lei va considerata sotto due aspetti: quello psicologico e quello morale. Quanto al primo aspetto, mi pare evidente che la figlia, dato il padre-padrone e l`€™essere stata figlia unica, ha finito per cercare come compagno un uomo sposato. Non entro, però, in questi particolari che non sono il mio specifico. Vengo piuttosto all`€™aspetto morale, per dire che un simile comportamento della figlia resta negativo e non può essere approvato. Ciò non per l`€™educazione rigida o non rigida che abbiamo ricevuto, ma perché oggettivamente le cose stanno così. Il peccato non l`€™hanno inventato la Chiesa o i preti o gli educatori, ma è un disordine che fa male. È vero che spesso i peccatori danno l`€™impressione di essere più allegri degli altri, ma poi si scopre che non è vero. Diciamo allora che sua figlia non è in pace, non vive una vita serena: quindi soffre. Ecco, Dio vede che il peccatore soffre, e vuole salvarlo: Dio non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva. Allora non si tratta di giudicare né di dare titoli offensivi alle persone, ma di fare nostri i sentimenti di Cristo e di affidarli alla misericordia di Dio. Tutti noi conosciamo persone che erano lontane da Dio e peccatrici, che ora sono profondamente pentite del loro passato e molto devote. È la storia del figliol prodigo.

Che dire di più? Una cosa che lei, cara signora, farà  fatica ad accettare è che con questa figlia ha un legame esagerato. Io capisco che una persona anziana e sola ha bisogno di qualcuno che le stia vicino, ma è anche vero che ognuno vuol vivere la propria vita. Potrà  scegliere una vita sbagliata, certo; e a noi sarà  sempre consentito dire quello che pensiamo, ma nulla più.

Un consiglio? Torni alla preghiera semplice di un tempo, se può camminare, vada a pregare nella sua chiesa e si tenga unita alle persone che pregano con lei e portate le une i pesi delle altre. Vedrà  che le depressioni passano, e anche la vecchiaia sarà  consolata da Dio.

 FEDE E VITA di Claudio Mina

Il cuore è inquieto finché non riposa in Dio

«Sono una laureata in lettere, casalinga per scelta, per poter accudire e far crescere il meglio possibile i miei tre bimbi. Voglio tanto bene a loro e anche a mio marito, con cui ho, su tutti i piani, un buon rapporto. Ho dunque una vita fortunata, anche se non mancano quelle difficoltà  quotidiane che ogni moglie e mamma conosce, e tra esse l`€™ostacolo più grande con cui devo combattere è la tentazione di cedere alla depressione per la monotonia della ripetizione quotidiana delle faccende domestiche. In genere, però, sono serena e contenta.

«Ma a dire il vero non sono soddisfatta del tutto. C`€™è, infatti, in me la sensazione che mi manchi qualcosa nei confronti di Dio e talvolta tornano a galla alcune letture in cui si parlava della possibilità  di acquisire un`€™abituale vicinanza con Lui. Sarebbe tanto bello! Ma come avviarsi su questa strada?».

Gianna

«Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi», ci dice Gesù; e la Bibbia afferma che Dio stesso va in cerca di coloro che vogliono stare in rapporto con lui.

L`€™aspirazione che insorge in lei è dunque il Signore che gliela dona. Lei, però, ha il notevole merito di riconoscere con sincerità  questo anelito: cosa non comune, perché troppe sono le persone che evitano di guardare a fondo nel loro animo proprio per non incontrare lo sguardo di Dio, nel timore che egli chieda loro di allontanarsi da una mediocrità  e da una superficialità  di vita cui non intendono rinunciare. Questa sua sincerità  sarà  largamente premiata da Dio il quale `€“ se lei comincerà  a cercare la sua vicinanza `€“ la illuminerà  e, un po`€™ alla volta, la farà  progredire portando a termine, come promette la Scrittura, l`€™opera da lui stesso iniziata in lei.

Ma come avviarsi su questo cammino di unione col Signore? Un mezzo semplicissimo, che tutti abbiamo continuamente a portata di mano e che non sarà  mai abbastanza ricordato, ce lo insegna, con un luminoso e noto consiglio, san Paolo: «Sia che mangiate o beviate o dormiate o qualsiasi altra cosa facciate, fate tutto nel nome del Signore».

Per lei dovrebbe risultare agevole seguire questa indicazione. Lei, infatti, conduce già  una vita buona e ricca di amore; si tratterebbe di impreziosirla ulteriormente, vivendola con la certezza che tutti i suoi aspetti non sono frutto di circostanze casuali, ma fanno parte del progetto che Dio ha su di lei, e sono, pertanto, un compito che lui stesso le affida, dandole la grazia per svolgerlo con sempre maggiore impegno, amore e serenità .

Animata da questa fede, lei allora potrà  trasformare le sue azioni quotidiane, anche le più semplici, in un esplicito atto di amore a Dio e di adesione alla Sua volontà . E Dio ricambierà  questo suo amore: egli stesso, infatti, ci ha detto «A chi mi ama manifesterò me stesso». Le darà , allora, ulteriori grazie che la incoraggeranno a cercare sempre più la sua vicinanza, fino a giungere a considerarlo e a percepirlo abitualmente come un amico che vuole camminare giorno per giorno con lei, aiutandola nel suo impegno di amore verso i suoi c

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017