Lettere al direttore

02 Maggio 2002 | di

 Preti pedofili

«Sento, preoccupato le molte notizie che riguardano il problema della pedofilia, vizio che coinvolge anche esponenti del clero».

D.C. - Modena

Riassumiamo in questi termini la lunga lettera di un amico lettore, la cui preoccupazione è legittima. I numeri, quelli conosciuti almeno, sono così. E sono inquietanti. Tant`€™è vero che lo stesso Giovanni Paolo II, scosso dai drammi che stanno dietro ai numeri, ha ritenuto opportuno mettere a nudo questo versante della pedofilia. Lo ha fatto in un momento particolarmente intenso e solenne della vita della Chiesa: la celebrazione dei riti del giovedì santo, legati alla istituzione del sacerdozio da parte di Gesù. Il Papa ha usato toni accorati e severi. «Siamo personalmente scossi nel profondo `€“ ha detto `€“ dai peccati di alcuni nostri fratelli che hanno tradito la grazia ricevuta con l`€™Ordinazione, cedendo anche alle peggiori manifestazioni del mysterium iniquitatis (mistero del Male) che opera nel mondo.  Sorgono così scandali gravi, con la conseguenza di gettare una pesante ombra di sospetto su tutti gli altri benemeriti sacerdoti, che svolgono il loro ministero con onestà  e coerenza, e, talora, con eroica carità .  Mentre la Chiesa esprime la propria  sollecitudine per le vittime e si sforza di rispondere secondo verità  e giustizia ad ogni penosa situazione, noi tutti `€“ coscienti dell'umana debolezza, ma fidando nella potenza sanatrice della grazia divina `€“ siamo chiamati ad abbracciare il mysterium Crucis e a impegnarci ulteriormente nella ricerca della santità . Dobbiamo pregare perché Dio, nella sua provvidenza, susciti nei cuori un generoso rilancio di quegli ideali di totale donazione a Cristo che stanno alla base del ministero sacerdotale.

È proprio la fede in Cristo che ci dà  forza per guardare con fiducia al futuro.  Sappiamo, infatti, che il male sta, da sempre, nel cuore dell'uomo, e solo quando l'uomo, raggiunto da Cristo, si lascia `€œconquistare`€ da Lui, diventa capace di irradiare intorno a sé pace e amore».

Come vede, il Papa non ha indorato la pillola. E dopo la pubblica denuncia, è passato ai fatti, invitando a Roma i vescovi degli Stati Uniti, dove il fenomeno sembra avere maggior consistenza, per interrogarsi insieme a loro sui fatti e individuare delle strategie volte sia a prevenire,  adottando magari maggiore attenzione e scrupolo nella scelta degli aspiranti al sacerdozio, sia a neutralizzare immediatamente il colpevole evitando che faccia altre vittime. Non si sa che cosa verrà  fuori dall`€™incontro perché mentre scriviamo i lavori sono ancora in corso.

Perché la pedofilia ha attecchito in  modo così vistoso tra i preti? Non glielo saprei dire. Ma è il fenomeno della pedofilia a essere lievitato in modo così abnorme nel nostro tempo. Penso che in questo c`€™entrino solo marginalmente le possibilità  di ampliare le conoscenze e gli adescamenti, offerte da mezzi di comunicazione come internet. Probabilmente la pedofilia è un frutto bacato dei nostri tempi, di un tempo che ha oscurato tanti valori e che, soprattutto in materia di sesso, non accetta limiti, non vuole freni. E c`€™è chi segue giungendo a queste sciagurate conclusioni.

Anche i preti sono figli di questi tempi e chi non è profondamente motivato e convinto nella sua vocazione, chi non ha una spiritualità  forte e una volontà  allenata al sacrificio e alla penitenza, imbocca nefande scorciatoie provocando i danni che conosciamo. 

Ma, come nella società  dove il fenomeno della pedofilia è emerso in forme così inquietanti, non tutti sono pedofili, così nel mondo dei preti che sta vivendo lo stesso disagio, non  tutti sono preda del vizio. 

Per ora è importante aver messo a nudo il problema, si tratta di trovare soluzioni che prevengano il male e lo isolino non appena emerge, perché i danni che ne possono venire sono notevoli.

 

Sacramenti ai divorziati

«Mi hanno sorpreso alcune affermazioni di Aroldo Tieri e della Lojodice, da loro fatte nell`€™intervista pubblicata nel numero di marzo. Queste, ad esempio: `€œPer me la fede `€“ dice Tieri `€“ è un sentimento segreto e intimo, di cui non mi vergogno, ma ho pudore a esporre`€. E Giuliana Lojodice: `€œ...Ho incontrato un sacerdote a Genova, molto accogliente, che ci ha permesso di prendere l`€™eucaristia...`€. Ma la Chiesa non vieta ai divorziati di accostarsi ai sacramenti?».

Lettera firmata

Rispondendo alla gentile abbonata che, oltre ad accusare ritardi nell`€™arrivo della nostra rivista (la colpa è quasi sempre delle Poste), si mostra irritata per il modo in cui viene presentata una coppia di divorziati che affermano di avere la fede e si accostano alla comunione, per quanto mi riguarda, mi sento di dire alcune cose importanti.

Se la Chiesa ribadisce il principio che i divorziati non sono ammessi ai sacramenti, non sarà  il singolo prete che può decidere il contrario. Ma oggi c`€™è davvero una notevole confusione in giro e si dà  il caso che anche il prete talvolta suggerisca cose che vanno contro le indicazioni della Chiesa. Nella fattispecie, bisognerebbe conoscere bene la faccenda e ricordare che in foro conscientiae può esistere una situazione nella quale i due promettono esattamente quello che richiede la Chiesa per potersi accostare ai sacramenti (in pratica, vivere da fratello e sorella) dandone la garanzia sicura. Resterebbe il fatto della pubblicità : se le persone che conoscono la coppia vedono che questa è ammessa ai sacramenti, giustamente rimangono meravigliate. E questo non per un atteggiamento moralistico, ma proprio perché, alla fine, non si capisce più nulla. La realtà  del matrimonio oggi lascia sempre più perplessi e io credo che si richieda grande chiarezza.

Nei passaggi riportati sopra, peraltro, non si dice che il consiglio del prete è giusto o non è giusto, ma si riferisce semplicemente il fatto e il sentimento di fede che anima i due. È possibile parlare di fede in un caso simile? La fede può esserci anche in situazioni anomale. Si tratta di farla operare; ma questo è un lavoro lungo che richiede pazienza, come ben sanno i preti che lavorano nella pastorale.

Una parola conclusiva? Io penso che talvolta, anche sulle nostre pubblicazioni, si rischia di non essere chiari. In tale eventualità  l`€™intervento dei nostri lettori è prezioso, e per questo ringraziamo anche la nostra  abbonata.

Gesù è morto per i nostri peccati...

«Al gruppo di catechismo che frequento viene insegnato con fermezza che la morte sulla croce di Gesù non è avvenuta per il perdono o condono di tutti i nostri peccati... la morte sulla croce di Gesù è stata solo il frutto della cattiveria umana di coloro che non credettero...».

Giovanna - Roma

Se quanto scrive è vero, si tratta di cose incredibili per un cristiano e quanto alle signore che affermano questo, bisogna sicuramente parlarne con il parroco. Si tratta, infatti, di punti essenziali della fede cristiana che non vengono contestati neppure dai protestanti.

A conferma, riporto qui due soli passi della Scrittura, che contengono il famoso kèrigma (ossia l`€™annuncio primitivo degli apostoli): «Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch`€™io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno, secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e ai Dodici...» (1 Cor 15, 3-5); e «...nei giorni della sua vita terrena Cristo offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà ; pur essendo Figlio, imparò, tuttavia, l`€™obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono, essendo stato proclamato da Dio sommo sacerdote alla maniera di Melchìsedec» (Ebr 5, 7-10).

Obbedienza suppone una volontà , in questo caso la volontà  di Dio. Questa volontà  passa certo per i fatti della storia e, pertanto, per l`€™incomprensione degli ebrei, ma è quella di Dio. Si confronti il passo della bellissima lettera ai Filippesi, il famoso inno cristologico: «Cristo umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l`€™ha esaltato...» (Filip. 2, 8-9).

Anche noi siamo d`€™accordo che il cuore della redenzione è l`€™obbedienza di Cristo, che va a pagare esattamente la disobbedienza dei progenitori. Peraltro, è l`€™obbedienza che porta Cristo a entrare nella morte. Gesù aveva ben coscienza della sua missione. Basta ricordare le parole riportate dall`€™evangelista Giovanni: «Ora l`€™anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest`€™ora? Ma per questo sono giunto a quest`€™ora!» Credo che queste citazioni della stessa Bibbia siano illuminanti.

A proposito di identità  cristiana

«Voglio dichiarare, con la presente, la mia piena solidarietà  con la lettera del signor Fernando R. sul numero di gennaio della rivista. Non altrettanto posso dire della risposta. Questo modo di affrontare l`€™argomento sulla minacciata identità  cristiana è deprecabile e molti preti e prelati cattosinistri stanno scandalizzando tanti bravi credenti, cosa che è di mia esperienza, i quali o si allontanano dalla Chiesa o dalla confessione o, almeno, rifiutano la firma per l`€™8 per 1000 nella denuncia dei redditi.

«Io mi adeguo a quanto detto dal cardinale Biffi e dal vescovo Maggiolini e agli insegnamenti del Catechismo della Chiesa cattolica (numeri 2263/2264) citati opportunamente dal signor Alfredo».

Q.G. - Catania

Non mi meraviglio che lei non sia d`€™accordo con la risposta da noi data alla lettera del signor Fernando R. Confrontarsi su opinioni diverse aiuta a capire meglio i problemi e a crescere. Noi riteniamo che il dialogo con le persone di diverse cultura e differente religione che sono tra noi, e sono disponibili a farlo in un clima di reciprocità , sia necessario: per cercare di conoscersi, capirsi e convivere in una certa armonia.

Mi dispiace che lei non abbia colto la sostanza della risposta, che è un invito ai cristiani a recuperare e a difendere la loro identità , testimoniandola con una vita coerente agli insegnamenti del Vangelo. Perché se la nostra vita `€“ ci sembra `€“ non è conseguente (e spesso non lo è), l`€™identità  cristiana rischia di apparire una parola vuota, un riferimento culturale, importantissimo ma sterile.

Quanto agli articoli 2263 e 2264 del Catechismo della Chiesa cattolica sulla legittima difesa, nulla da eccepire. Questi articoli dicono che «chi difende la propria vita non si rende colpevole di omicidio, anche se è costretto a infliggere al suo aggressore un colpo mortale» (anche il Papa nel definire l`€™episodio terroristico dell`€™11 settembre atto criminale contro l`€™umanità  e contro Dio ha legittimato una difesa proporzionata) ma non vietano di battere altre strade, anche perché a volte a pagare il prezzo più alto sono degli innocenti.

Decisioni e buona fede

«Abitando con mio marito in una città  della pianura padana spesso umida e nebbiosa, da tempo coltivavo il sogno di trasferirmi in una cittadina di mezza montagna in cui avevo fatto una bellissima vacanza. A un certo punto questo sogno è sembrato realizzabile, perché, essendomi ammalata di bronchite, alcuni medici hanno approvato la scelta di trasferirci sui monti. Scelta che abbiamo fatto con una certa facilità , essendo pensionati. Grande, però, è stata la delusione, perché il clima si è rivelato disastroso per cui siamo tornati in città . Il tutto, però, ci è costato moltissimo, per cui tutti i nostri risparmi sono stati prosciugati.

«Adesso io sono disperata e piena di rimorsi che mi bloccano la vita, perché un po`€™ alla volta comincio a confessare a me stessa una verità  di cui mi vergogno. Infatti, per essere giustificata a lasciare la pianura, parlando con mio marito ho riferito solo i pareri favorevoli dei medici, non tenendo conto di quelli negativi. Inoltre (forse involontariamente) ho esagerato i miei disturbi e la paura che si cronicizzassero. In realtà , dunque, ciò che mi faceva desiderare la montagna, in fondo non era la salute, ma l`€™attrattiva per le bellezze naturali. A quel tempo, però, tutto considerato mi sembrava di essere in buona fede e mi stupisco che Dio non mi abbia fatto capire che stavo facendo un passo così stupido e rovinoso, perché ho sempre cercato, a modo mio, di volergli bene».

Luciana

Dio può illuminare le nostre decisioni se abitualmente stiamo davanti a lui con animo limpido e sincero, desideroso solo di compiere la sua volontà . Se invece `€“ per vie più o meno nascoste e coscienti `€“ vogliamo appagare comunque i nostri desideri, egli evidentemente non può far sentire la sua voce, perché non siamo veramente uniti a lui e in una posizione di reale ascolto. Di fatto anche umanamente può scegliere con saggezza solo chi è psicologicamente povero, cioè distaccato da tutto. Invece, chi è dipendente dai suoi desideri può cadere in ogni errore, perché la sua visione delle cose è deformata dagli attaccamenti. Comunque lei ha avuto il non facile coraggio di riconoscere la verità  e Dio ne terrà  conto aiutandola a ricominciare un rinnovato cammino spirituale.

Mia figlia e l`€™uomo sposato

«Sono una persona molto anziana. Ho passato la mia gioventù lavorando in una casa molto numerosa. Mi è stato inculcato il senso dell`€™onestà  (anche troppo) e dell`€™illibatezza senza avere mai uno svago o un piccolo divertimento. Ho sposato una buona persona, grande lavoratore ma anche padre-padrone. Ora, vedova da dieci anni, vivo con l`€™unica figlia. In casa mi hanno insegnato che le donne che vanno con degli uomini sposati sono sgualdrine. Ora devo annoverare tra costoro anche mia figlia che fa l`€™amante di un uomo sposato con figli. E la cosa mi deprime da morire».

P. G.

Lei rischia di vivere male gli ultimi anni della sua vita. Nella questione che ci presenta s`€™intrecciano sentimenti profondi, per il suo passato e l`€™educazione ricevuta da una parte, e, dall`€™altra, una delusione acuta per la figlia che ha preso una strada non buona. Vediamo di trovare un modo più sereno di affrontare la realtà .

Cominciamo con la figlia. La sua situazione va considerata sotto due aspetti: quello psicologico e quello morale. Quanto al primo aspetto, mi pare evidente che la figlia, dato il padre-padrone e l`€™essere stata figlia unica, ha finito per cercare come compagno un uomo sposato. Non entro, però, in questi particolari che non sono il mio specifico. Vengo piuttosto all`€™aspetto morale  per dire che un simile comportamento della figlia resta negativo e non può essere approvato. Ciò non per l`€™educazione rigida o non rigida che abbiamo ricevuto, ma perché oggettivamente le cose stanno così. Il peccato non l`€™hanno inventato la Chiesa o i preti o gli educatori, ma è un disordine che fa male. È vero che spesso i peccatori danno l`€™impressione di essere più allegri degli altri, ma poi si scopre che non è vero. Diciamo allora che sua figlia non è in pace, non vive una vita serena: quindi soffre. Ecco, Dio vede che il peccatore soffre, e vuole salvarlo: Dio non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva. Allora non si tratta di giudicare né di dare titoli offensivi alle persone, ma di fare nostri i sentimenti di Cristo e di affidarli alla misericordia di Dio. Tutti noi conosciamo persone che erano lontane da Dio e peccatrici, che ora sono profondamente pentite del loro passato e molto devote. È la storia del figliol prodigo.

Che dire di più? Una cosa che lei, cara signora, farà  fatica ad accettare è che con questa figlia ha un legame esagerato. Io capisco che una persona anziana e sola ha bisogno di qualcuno che le stia vicino, ma è anche vero che ognuno vuol vivere la propria vita. Potrà  scegliere una vita sbagliata, certo; e a noi sarà  sempre consentito dire quello che pensiamo, ma nulla più.

Un consiglio? Torni alla preghiera semplice di un tempo, se può camminare, vada a pregare nella sua chiesa e si tenga unita alle persone che pregano con lei e portate le une i pesi delle altre. Vedrà  che le depressioni passano, e anche la vecchiaia sarà  consolata da Dio.

Ai suoceri per interposto giornale

«Sono una mamma felice di 30 anni, ed è la prima volta che scrivo a un giornale. Il motivo per cui mi sono decisa non è per chiedere consigli o per esporre un problema ma è per ringraziare due persone a cui tengo molto ed è grazie a loro che ho conosciuto il vostro interessantissimo mensile. Sono i miei `€œsuoceri`€ (non mi piace chiamarli così, sa cosa si racconta delle suocere...).

«`€œCari Franca e Bruno, voglio ringraziarvi per tutto quello che state facendo per la nostra famiglia. Sempre pronti quando vi chiediamo un aiuto, di qualsiasi tipo: dalle compere al servizio di baby sitter, dai vari viaggi in una giornata per servizi vari, ai consigli utili e così via. Non avrei mai pensato di trovare nei genitori di mio marito due persone come voi, vi voglio bene come se foste la mia famiglia e quando al sabato sera ci riuniamo a cena con voi... per me è come essere a casa. Anche i nostri bambini, Chiara e Gabriele, vi amano molto e quando sono con voi sappiamo che sono al sicuro e si trovano bene`€».

Filippini Stocchero Luisa - Casaloldo (Mn)

Con quello che si dice di nuora e suocera... questa è una gran bella storia. Ma ora, che in qualche modo ha rotto il ghiaccio, dica ai «suoceri» anche a viva voce quel che invia per interposto... giornale. Avrà  un altro sapore.

 

FEDE E VITA di Claudio Mina

Matrimonio, sacramento quotidiano

«Regali, abito bianco, fiori, musica, pranzo, commozione`€¦ Mi pare che spesso il matrimonio si riduca a una cerimonia alla quale, una volta terminata, non si pensa più. Ma chi conosce cosa sia il matrimonio come sacramento e come si possono sfruttare le grazie che può dare?».

Carlo

Effettivamente nella consulenza matrimoniale si constata quanto spesso i coniugi cristiani ignorino le grandi risorse soprannaturali che possono scaturire dal matrimonio, quando esso venga vissuto come sacramento di unità .

Di fatto è quasi normale che le coppie vivano il loro rapporto in una luce puramente naturale, trovando logico fare affidamento solo sulle proprie umane possibilità . Esse dimenticano così che `€“ come avviene per ogni aspetto della crescita cristiana `€“ anche la realizzazione di una soddisfacente unione coniugale è destinata a essere prima di tutto frutto di doni che «scendono dall`€™alto». Doni che sono opera di quel Dio che, in Gesù, ha compiuto il suo primo prodigio mutando alle nozze di Cana l`€™acqua in vino, significando la disponibilità  di porre la sua onnipotenza al servizio dei coniugi, per rendere la loro unione sempre più completa e gratificante.

È appunto questo aiuto di Dio che è garantito in modo del tutto particolare dal sacramento del matrimonio; ed è, dunque, quanto mai opportuno che i coniugi conoscano la natura di tale sacramento, per collaborare attivamente con la sua azione.

Ricordiamo, allora, che l`€™elemento centrale del matrimonio cristiano consiste nel fatto che quando gli sposi davanti a Dio si giurano l`€™indissolubile patto di fedeltà  e di unione, è proprio questo patto stesso che diviene sacramento, cioè fonte di grazia, in virtù dell`€™azione divina. È proprio per questo motivo che i «ministri» del sacramento sono i coniugi stessi, mentre il sacerdote porta la benedizione e la testimonianza della Chiesa.

Va chiarito ancora che l`€™azione del sacramento non si esaurisce di certo nell`€™ambito della cerimonia iniziale. Subentra qui un aspetto quanto mai incoraggiante e consolante del sacramento: poiché il patto di unione tra i coniugi è destinato a durare nel tempo, il sacramento `€“ intimamente connesso, come dicevamo, con questo patto `€“ continua a esercitare quotidianamente la sua efficacia divenendo `€“ come affermava Pio XII nella Casti connubii `€“ «sacramento permanente» che esercita la sua azione durante tutta la vita coniugale. Il che significa `€“ come chiaramente spiegava il noto teologo Bartman `€“ che «tutti gli atti i quali traducono nella pratica il dono vicendevole, ossia tutto ciò che nei coniugi è manifestazione del patto di unione e di amore, sono fonte di grazia». È in virtù di questo che i coniugi «rimangono per tutta la vita ministri l`€™uno per l`€™altro della grazia sacramentale» (Thomas).

Questa verità  ha una portata vitale che non dovrebbe più sfuggirci. Continuamente, infatti, i coniugi hanno a disposizione un grande e semplice mezzo per attingere all`€™onnipotenza di Dio, che consiste in tutti quei comportamenti in cui essi, rinunciando all`€™individualismo, cercano di accrescere la loro unione: affrontare insieme le difficoltà  del loro rapporto, accordarsi su ogni aspetto della loro vita, cercare insieme di crescere nei valori migliori e nel rapporto con Dio, appagare i reciproci bisogni, perdonare i rispettivi difetti, coltivare l`€™unione fisica e così via.

Nella misura in cui i coniugi persevereranno in questo amore che unisce, saranno via via nutriti da Dio. Egli, innanzitutto, accrescerà  nel loro animo la sua presenza e il calore e lo slancio verso di lui. E, contemporaneamente, egli comunicherà  agli sposi non solo quei doni che possono aiutarli a realizzare quell`€™intima unione a cui il loro animo profondamente aspira, ma arricchirà  anche le loro singole personalità  affinché, nella mutua collaborazione, possano realizzare quella molteplice pienezza di vita che rafforza la loro unione e dona loro la gioia di essere insieme.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017