Lettere al Direttore

Il 26 ottobre del 1986, giorno in cui Giovanni Paolo II chiamava ad Assisi i capi religiosi del mondo a pregare insieme per la pace, aprendo una stagione di incontri e di dialogo, oggi più che mai necessario.
28 Settembre 2004 | di

La lettera del mese

Lo spirito di Assisi ovvero il coraggio del dialogo

Ho più volte sentito parlare, nelle prediche del parroco e negli incontri, dello spirito di Assisi. Nessuno l'ha mai spiegato, forse ne davano per scontato il senso. E io per non fare brutta figura non ho mai avuto il coraggio di chiederlo. Potreste spiegarmelo voi?.
Annarita Cosulich - Brescia

Lo spirito di Assisi nasce, come espressione e come contenuto, quel 26 ottobre del 1986, giorno in cui Giovanni Paolo II chiamava ad Assisi i capi religiosi del mondo a pregare insieme per la pace. Erano i tempi della guerra fredda, con la minaccia nucleare incombente sul pianeta. E fu una giornata straordinaria. Tutti, messi da parte vecchi rancori, si trovarono d'accordo nel ritenere che, di fronte ai pericoli, civiltà  e religioni diverse, anziché combattersi, dovevano pregare e operare insieme per la pace. Per quel giorno singolare, poi - raccontano le cronache - in tutto il mondo le armi hanno taciuto. Chi c'era quel giorno ricorda ancora le profonde emozioni spirituali vissute nel vedere uniti nella preghiera per la pace esponenti di religioni e di fedi diverse, anche quelle che storicamente si erano spesso crudamente contrapposte.
Assisi era diventata in quel giorno capitale della pace e san Francesco, fratello universale, esempio cui guardare. Nel discorso conclusivo davanti alla basilica francescana, Giovanni Paolo II disse: Forse mai come ora nella storia dell'umanità  è divenuto a tutti evidente il legame intrinseco tra un atteggiamento autenticamente religioso e il grande bene della pace... la preghiera è già  in se stessa azione, ma ciò non ci esime dalle azioni al servizio della pace. E ancora: Insieme abbiamo riempito i nostri sguardi di visioni di pace: esse sprigionano energie per un nuovo linguaggio di pace, per nuovi gesti di pace, gesti che spezzeranno le catene fatali delle divisioni ereditate dalla storia o generate dalle moderne ideologie. La pace attende i suoi artefici....
Da Assisi il Papa rivelava al mondo intimorito dalla guerra fredda il suo sogno di un mondo in pace e chiamò quel sogno spirito di Assisi e invitava tutti a viverlo, a custodirlo e a farlo crescere.
Alcuni anni dopo cadeva il muro di Berlino e con il crollo delle dittature comuniste pareva che quel sogno potesse avverarsi, che il mondo, sottratto alle logiche della guerra fredda, potesse incamminarsi verso il nuovo millennio con uno spirito nuovo, di solidarietà  e di concordia.
Pochi anni ed eccoci di nuovo, con la tragedia del terrorismo e del possibile conflitto di civiltà , stretti nella logica della paura e della violenza. La situazione non è facile, c'è il rischio di semplificare le cose dividendo il mondo in buoni e cattivi: buoni noi, occidentali, cattivi tutti gli altri; buono il cristianesimo, nessun dialogo con l'islam.
Invece è necessario più che mai, in questo momento, richiamare e rivivere lo Spirito di Assisi, ossia l'incontro e il dialogo tra fedi e religioni diverse, in particolare tra cristiani e musulmani. Dialogo difficile - considerato soprattutto il modo assai diverso di interpretare la modernità  - per quale ci vuole, come diceva monsignor Pietro Rossano, navigato in queste cose, una pazienza geologica. Ma non ci sono altre strade percorribili se si vuole evitare la trappola della contrapposizione. Senza cedere a facili compromessi. È la strada che percorre la Comunità  di Sant'Egidio, ad esempio, che ogni anno (questa volta a Milano), sulla scia di quello di Assisi, promuove un incontro di preghiera tra le religioni, che si rivelano sempre fecondi. Le situazioni di conflitto restano, o forse si aggravano. Ma è appunto nella pazienza dell'attesa che matura e porta frutto l'arte dell'ascoltarsi, del capirsi, del riconoscere il profilo umano e spirituale dell'altro.


Gli islamici contro il terrorismo?

Ho ascoltato con positiva sorpresa le dichiarazioni dei rappresentanti del mondo islamico in Italia e in Francia e altrove e le loro decise prese di distanza dai sequestri e dal terrorismo, che dicono essere estranei alla loro religione. Affermazioni sincere o mosse strategiche per dribblare l'onda di rabbia e di indignazione che sta montando nel mondo occidentale contro l'islam in genere?. 
Antonino J. - Messina

Io credo e spero che siano sincere. Sono portato a leggere in queste prese di posizione - come negli inediti cortei di cittadini musulmani di Baghad che chiedono la liberazione delle due nostre concittadine, Simona Pari e Simona Torretta, rapite da un commando di fanatici - dei segnali che qualcosa sta cambiando, che non tutti nel mondo islamico condividono quella spietata ferocia che miete ovunque nel mondo vittime innocenti, donne e bambini compresi; che non vogliono che tanta barbarie venga associata alla loro religione. Che predica ben altro.  
E cominciano a prendere le distanze. Lo fa, ad esempio, il direttore della rete televisiva al Arabiya, Abdel Rahman al Rashed che in un quotidiano panarabo, Ashraq al Awsat scrive: Una cosa è certa, ed è che noi ci vergogniamo di annoverare tra i nostri quelli che prendono in ostaggio i bambini e giornalisti,che uccidono i civili e fanno esplodere autobus, quali che siano le loro sofferenze. Sono loro che hanno snaturato l'islam e lo hanno enormemente danneggiato.
E non è l'unico, come abbiamo sentito, a farsi quest'esame di coscienza e a invitare i correligionari a fare altrettanto. Questo che cosa vuol dire? Che esiste anche un islam moderato, che non vuole avere nulla da spartire con quei fanatici che insanguinano il mondo e che probabilmente un dialogo e un'alleanza con questo può essere la via giusta per isolare e neutralizzare il fanatismo terrorista. Più delle armi e delle guerre.  


Da tanto tempo sono nel dolore per i miei figli

Desidero comunicarle il mio stato d'animo, perché da tanto tempo sono nel dolore e il Santo a me tanto caro è l'unico raggio di sole, in mezzo a tanto buio! Sono la mamma di due ragazzi: uno è tossicodipendente attualmente in comunità , e il più grande da molti anni è alcolista; ho provato di tutto per aiutarlo, ma purtroppo senza alcun successo, passa da una comunità  all'altra, scappa sempre e quando è ubriaco mi fa paura perché in passato è stato molto violento.
Ho pregato tanto Dio affinché mi aiutasse, ma purtroppo sino ad oggi continuo a portare la croce che lui ha deciso per me. Vedo mio figlio morire lentamente, usa psicofarmaci facendone abuso e io non so più che fare. Vi chiedo con tutto il cuore di aiutarmi a pregare per i miei ragazzi, affinché riescano ad uscire da questa situazione e che io possa avere un po' di pace.
Una mamma

Il dolore straziante di tante madri ci ha accompagnati in questi giorni in foto e servizi drammatici legati al terrorismo. E c'è poi il dolore, non meno straziante, quotidiano, continuo, di tante madri di fronte al dramma dei propri figli, come quello che abbiamo ascoltato in questa lettera. Discorsi ne sono stati fatti molti. Percepiamo la nostra impotenza e non vogliamo arrenderci, ascoltando in profondità  per sentire nostra questa invocazione. Saranno in molti a ritrovarsi, saremo in molti a sostenere questa domanda, convinti della forza materna capace di continuare a generare speranza.


Alberto Marvelli un politico diventato santo

Ho letto con interesse sul Messaggero di Alberto Marvelli e ne ho seguito poi la beatificazione in tv. Mi è piaciuta l'idea di uno che diventa santo pur facendo politica. Ma è mai possibile, e dove traeva la forza per resistere in una realtà  che non appare proprio cristallina?.
Giuseppina M. - Brescia

E non è l'unico. Anche di Igino Giordani, studioso e politico, è in corso la causa di beatificazione e di Alcide De Gasperi se ne è parlato a lungo. E chissà  quanto altri sconosciuti, di ieri e di oggi, lavorano così, pur tra mille difficoltà ,  convinti che  attraverso l'impegno politico sia possibile incarnare nella prassi quegli ideali di solidarietà  e di giustizia che la Chiesa propone, in modo che informino la società , allora come oggi attratta da tante altre sirene.
Scrive Marvelli nel suo Diario: Bisogna fondare il diritto nazionale e internazionale su basi cristiane. Il Vangelo e le Encicliche pontificie devono essere la norma di vita non solo dei singoli, ma dei popoli, delle nazioni, dei governi del mondo. Ma non ci può essere una incisiva azione politica, se non è sostenuta da purezza e santità  di coscienza. Per puntellare la libertà  occorrono non i cannoni, ma la purezza e santità  di coscienza.
Dove traeva la forza? Nella sua fede, nella sua vita spirituale intensa e, soprattutto, nell'eucaristia. Alberto era un innamorato dell'eucaristia. Qualcuno dice che avese il carisma dell'eucaristia. Aveva iniziato a riceverla ogni giorno già  a quindici anni.  Sentiva l'eucaristia come presenza viva di Dio nella storia e quindi come fonte da cui attingere la forza per l'instancabile impegno verso gli altri. Scriveva: Tutto il mio essere è pervaso dall'amore di Dio, in quanto egli viene in me col suo Corpo e con la sua Anima e divinizza tutto il mio corpo, i miei pensieri, le mie azioni, le mie parole.
Per i politici che ci credono una bella figura con cui confrontarsi e delle indicazioni su cui riflettere.

Che vuol dire santità  quotidiana?

Una volta, se ricordo bene, le persone che venivano proclamate sante in vita avevano fatto un sacco di cose straordinarie, miracoli strepitosi, oppure erano passate attraverso straordinarie esperienze mistiche o avevano sottoposto il loro corpo a digiuni e penitenze feroci. Oggi questo Papa mette sugli altari persone che sembrano le persone della porta accanto, che hanno vissuto una vita normale, senza sfolgorii... Ma allora che cos'è la santità ?.
Antonella Marasciullo - Catania

È vero solo in parte. Perché anche tra i santi di una volta ci sono figure umili e semplici, come il cappuccino Serafino di Montegranaro, per esempio, che ha passato la vita a coltivare con cura l'orto dando ai poveri tutto quello che produceva in più. Persona insignificante all'apparenza, ma capace di amare Dio e i fratelli con un'intensità  e una generosità  uniche. E qui sta il nocciolo della questione, che specifico narrandole un aneddoto tratto dalla Vita dei Padri del deserto. Un giorno chiesero al superiore Abba Agatone chi fosse il più grande tra loro nella vita monastica. Abba Ischirione che fa miracoli? O Abba Pambo che splende per la sua saggezza... E giù ad elencare tutti i possibili candidati.
Abba Agatone lo lasciò dire, e poi: Non ve ne siete accorti, ma tra noi c'è un monaco che fa semplicemente il fornaio, fa il pane per tutti noi con molto amore e cerca di farne per tutti i poveri che passano ed è così che serve i fratelli e cerca di servire Dio. Nessuno si è mai accorto di lui in monastero, ma lui è il più grande, il più santo.
Ecco allora che santità  è vivere bene, con amore, la propria vita di ogni giorno. Che spesso non vediamo neppure in chi ci sta accanto, ma che quotidianamente serve i piccoli, serve i poveri, quelli che sono feriti nel corpo e nell'anima adempiendo al comandamento nuovo. Se noi ci amiamo gli uni gli altri, Dio abita in noi (1Gv 4,12). È questo il metro della santità . Se ci amiamo gli uni gli altri, Dio abita in noi, cioè noi siamo la dimora di Dio, siamo il Santo di Dio. E tutto questo può avvenire in un contesto di quotidiana semplicità . Ecco perché il Papa dice che i santi sono molti di più di quelli che finiscono sugli altari, non sono i miracoli a renderli tali ma l'amore: per Dio e per i fratelli.


Nuovo usanze: funerale con applauso

Oggi c'è l'usanza di battere le mani ai funerali. Per esprimere la gioia che quel tale è defunto? Dopo il battimani aspetto che chiedano il bis.
Elisa A. - Rapallo (GE)

Lei trova fuori luogo gli applausi a un funerale e li bolla con sarcastica ironia.
Alcune persone si sono di certo guadagnate sul campo un riconoscimento che merita di essere sottolineato anche da un battimani che, se sincero, può essere opportuno. Un applauso non di gioia, ovviamente, ma di riconoscimento, una sorta di benedizione laica, un dire bene alla persona che si è conosciuta e amata.
Credo, tuttavia, che il silenzio sia altrettanto espressivo rispetto ai sentimenti che si provano. Uno scrittore sosteneva che il dolore profondo è secco e muto, pertanto i battimani potrebbero essere un sovrappiù.
Non dimentichiamo, in ogni caso, che il battimani più importante è quello del Padreterno. Auguriamoci di meritarlo, dopo gli evanescenti tributi della piazza e delle sue emozioni.

A proposito di Rivelazione e rivelazioni

Mi sto interessando, negli ultimi tempi, della storia umana. Consultando testi su questa materia ho scoperto cose cui non avevo mai sentito accennare in chiesa. Ho scoperto che molti santi e beati avevano avuto nella loro vita rivelazione sui tre giorni di tenebre che caleranno sulla terra (e secondo le previsioni profetiche potrebbero mancare pochi anni!). Durante questi tre giorni la collera di Dio si abbatterà  sull'umanità  e perirà  circa i 3/4 del genere umano.
P. G. - Genova

Di una lettera complessa e articolata del nostro lettore pubblichiamo solo uno stralcio, quello che può interessare anche altri amici lettori. La questione posta è rivelatrice della molta confusione ingenerata dalla ricerca di segni particolari, come avviene quando periodi drammatici percorrono la storia dell'uomo. D'altra parte anche il Vangelo ci mette in guardia, ma senza spaventarci, circa la domanda sul futuro e su quello che avverrà .
Propongo di basarsi fondamentalmente sulle parole del Vangelo, senza allarmismi catastrofici. Il Vangelo ci invita alla vigilanza, a leggere con sapienza (che non è solo intelligenza) la storia, a cogliere i segni dei tempi, a non sperperare il tempo che ci è dato.
Il modo particolare con cui vivere questa attesa sono preghiera e digiuno, espressione sempre di una sobrietà , di dominio su se stessi senza lasciarsi dominare da esigenze non essenziali. Sottolineo che la Rivelazione sta già  tutta nella Parola di Dio che troviamo nella Bibbia. Sappiamo che il libro dell'Apocalisse, che chiude tutta la rivelazione, è stato scritto per rafforzare nella fede una comunità  che stava vivendo momenti di persecuzione. Più che al futuro si rivolge al presente con un linguaggio forte e immaginoso (detto, appunto, apocalittico che significa rivelazione).
Alla domanda che anche i discepoli gli pongono, Gesù dice che il tempo e l'ora sono conosciuti solo dal Padre. Ulteriori, diverse e personali rivelazioni non modificano affatto la Rivelazione biblica: possono aiutare nel far crescere la vigilanza, ma non la paura che non appartiene affatto all'orizzonte del cristiano che sa di essere stato salvato per grazia, nella misericordia di Dio.
Un invito posso rivolgere a quanti si pongono queste domande: di leggere con attenzione cosa dice la Parola di Dio, approfondendola con un testo di spiegazione. Ce ne sono molti. E, per chi volesse andare oltre, ci sono degli ottimi testi di escatologia (che trattano cioè dell'eschaton, della fine del tempo). Con sapienza, senza dimenticare l'intelligenza. E viceversa.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017