Lettere al Direttore

Un trapianto di fegato ben riuscito dopo una serie di circostanze favorevoli ma inattese che testimoniano la presenza amorevole di Dio, invocata da persone che ci hanno voluto bene...
22 Dicembre 2004 | di

Lettera del Mese

Un segno di speranza e di luce

Dopo aver tanto riflettuto sull'opportunità  di questo mio scritto, sono giunto alla decisione di portare la bella testimonianza di quanto ho vissuto, come un segno di speranza e di luce arricchente questo Natale. Ho avuto il privilegio di esser stato per sette anni segretario particolare di padre Antonio Vitale Bommarco, mio arcivescovo di Gorizia.
L'otto ottobre scorso ho affrontato il delicato intervento del trapianto del fegato al Policlinico Universitario di Udine, una cosa inattesa, pur sapendo da tempo che questa era la prospettiva obbligata. Inattesa in quanto la possibilità  di detto intervento non era facile a motivo della mia appartenenza a un gruppo sanguigno raro. Da tre anni in qua, padre Antonio Vitale si dimostrava attentissimo alla mia situazione, mi incoraggiava per convincermi a fare con serenità  questa scelta, ogni volta che lo visitavo. Mi aveva telefonato persino il giorno prima di morire... il 15 luglio scorso, solo per dirmi ti sono vicino. Ebbene, il 6 ottobre, trovandomi in città , a Gorizia, sono entrato nella cattedrale e sono sceso nella cripta degli arcivescovi dov'è la sua tomba. Ero solo e questo mi ha permesso di parlare con lui ricordandogli le sue sofferenze e manifestandogli a riguardo i miei perché Signore?. Poi gli ho confidato il mio stato che peggiorava, le mie paure, la mia poca fede al contrario della sua granitica e gli ho detto: Padre, fai tu!. Risalito in cattedrale, sono ritornato tranquillamente a casa non pensando più alla mia situazione fisica, a quella possibile e futuribile chiamata che anche i medici non sospettavano così vicina. Il giorno seguente mi trovavo tranquillamentead Aquileia per una concelebrazione eucaristica nella basilica patriarcale, dovevo essere, e lo ero fin dal mese di giugno, reperibile al cellulare, ma a motivo della messa lo avevo logicamente spento. Alle 15,30 c'è stata la chiamata dal Policlinico a presentarsi d'urgenza: c'era la di-sponibilità  di un organo perfettamente compatibile. Queste cose le ho sapute solo più tardi, a fine celebrazione, allorché, riacceso il cellulare, sono stato bombardato da telefonate perché in tanti mi stavano cercando.
La conclusione che sento dentro come limpida verità , anche perché avendo condiviso un lungo brano di vita con padre Bommarco, ho avuto la possibilità  di cogliere le sfumature del suo carattere e gli stili spirituali del suo cuore, è che solo 24 ore dopo quelle parole espresse il giorno prima sulla sua tomba: Padre, fai tu!, c'è stata la chiamata alla vita nuova, la disponibilità  del dono. Chi lo conosce direbbe: la soluzione del problema! e lo squillo, anche se non udito da me, è avvenuto non a caso nella sua tanto amata basilica di Aquileia.
So che lassù ha tanti amici e confratelli santi, ma in ciò che è avvenuto e anche in seguito, vivendo i giorni strani e delicati della terapia intensiva, ho sentito spiritualmente proprio la sua mano sfiorarmi, il suo affetto avvolgermi, la sua sofferenza - portata fino all'ultimo con francescana letizia - essermi forza indescrivibile, essermi serenità  invidiabile tanto da far stupire l'equipe chirurgica e gli altri operatori.
Don Maurizio Qualizza - Gradisca d'Isonzo (GO)

La sua testimonianza ci ha commosso. Qualsiasi nostra parola di commento potrebbe apparire superflua. Non ci resta che ringraziare insieme Dio per quanto avvenuto, nel ricordo di padre Vitale Bommarco di cui abbiamo sempre apprezzato l'intensa spiritualità , la grande umanità . Lei stesso ha voluto chiamare questa testimonianza come un segno speranza e di luce e come tale la affidiamo agli amici della famiglia antoniana perché ne traggano conforto nei momenti di difficoltà  e di buio.


Scristianizzazione sciagura o opportunità ?

Il tasso di religiosità  nell'Occidente cristiano sta crollando. Di pari passo è aumentata la rilassatezza dei costumi ed è cambiata la percezione di valori importanti come la famiglia, l'onestà , l'operosità , il senso del dovere...
La mia sensazione è che questo stato di cose dipenda anche da errori pastorali commessi negli scorsi decenni e non ancora del tutto risolti. La politica ha fatto il resto. I cristiani impegnati nelle istituzioni non hanno saputo introdurre nella Costituzione europea il richiamo alle radici cristiane. In nome di una malintesa laicità  si è ritenuto che qualsiasi riferimento religioso fosse un fastidioso orpello e che solo il pensiero laico possa guidare la società  civile. È la fine della cristianità  e anche della collaborazione tra Chiesa e Stati nazionali. Si è spezzato il legame tra sacro e profano, mentre alcune civiltà  asiatiche o musulmane mantengono ben viva questa relazione.
Nelle mie peregrinazioni ho visto persone interrompere le trattative d'affari per pregare nella moschea. Noi, invece, abbiamo vergogna a fare il segno della croce in pubblico o a esporre il crocifisso nelle scuole.
Nei Paesi islamici i governi sono tutti più o meno confessionali e nessun uomo politico potrebbe essere tale se si dichiarasse laico. L'Occidente, invece, ha imboccato un'altra strada e sta perdendo il più forte connotato della sua identità : questa tendenza potrebbe essere la causa della sua rovina.
Lettera firmata - Paderno Dugnano (MI)

L'Occidente si sta scristianizzando. La Costituzione europea riflette questa tendenza e la prassi di tanti cittadini la conferma. Per alcuni si tratta di evoluzione culturale, per altri, invece, di regressione spirituale e politica. Gli italiani, più degli altri, stentano ad accettare il nuovo che avanza e non trattengono la propria delusione, così come succede al nostro lettore.
Il problema c'è ed è evidente. Sono lontani i tempi in cui fede e istituzioni si integravano molto bene e Stato e Chiesa interagivano naturalmente tra loro. Le cose sono cambiate, le spiegazioni, le valutazioni e le reazioni al fenomeno sono le più diverse. C'è chi, rimpiangendo il passato, si arrocca in difesa di esso invocando il suo ricostituirsi.
C'è chi invece giudica la scristianizzazione in atto come una calamità , ma relativa e coglie in essa l'occasione per riscoprire alcuni principi della fede e per dare uno stile nuovo alle relazioni con gli altri. La storia dell'Occidente sta andando verso una concezione sempre più radicale della laicità  del mondo e i segni sono evidenti in tutti i Paesi europei, compreso il nostro.
Qual è, allora, il posto del cristiano in un mondo che non riconosce il primato della sua fede? Certamente, come spesso abbiamo sottolineato, riscoprendo le proprie radici e vivendo di conseguenza. Il confronto deve esserci, a condizione di conoscere la propria identità  nella consapevolezza che la realtà  è molto più complessa e più sinfonica (una sinfonia è composta dal suono di più strumenti) di quanto pensiamo. Se tutto è opera di Dio, perché non scoprirlo, perché non accettarlo come ricchezza? Consapevoli che quanto sta succedendo porta più al barricarsi che non all'aprirsi. Ma il cristiano non può arroccarsi in difesa, deve avere il coraggio di esporsi, di testimoniare la fede, di essere lampada sul moggio perché risplenda la vostra luce davanti agli uomini e vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli (Mt 5,16).


Come saranno i miei cari nell'aldilà ?

Ho sempre avuto un bel rapporto con i miei genitori. Da qualche tempo vivono nell'altro mondo, vicini a Dio. Il mio amore per loro continua a essere forte e sincero, come pure il desiderio di incontrarli. Quando un giorno li vedrò, come saranno le loro sembianze?.
Fernando M. - Bari

La sua curiosità  è sacrosanta e si esprime nel modo più naturale, interrogando l'altro mondo con gli strumenti di conoscenza che abbiamo. La percezione visiva, la vista, è uno di questi: ci consente di rappresentare la realtà , traducendola in conoscenza. E così il volto, il sorriso... colti dall'occhio, diventano indizi per svelare un'identità .
Ma in Paradiso è necessario vedere per conoscere? La somiglianza estetica sarà  il solo parametro per garantire l'identità  della persona risorta? A quale momento della vita sarà  affidata la riproposizione eterna del nostro volto o delle altre membra? Quello dell'età  giovanile odell'ultimo momento? Probabilmente ci stiamo scervellando invano.
La Parola di Dio ci offre due indirizziimportantiper orientare la nostra immaginazione.
Il primo lo prendiamo dalla parabola della moglie e i sette mariti. Gesù risponde ai suoi interlocutori affermando che nel Regno di Dio non vi saranno né moglie né marito. Ogni relazione sarà  centrata sulla Trinità . Dio sarà  il senso dell'essere in Paradiso, la ragione prevalente della felicità . Tutto ciò che ha caratterizzato la vita terrena sarà  relativizzato, compresi i rapporti che oggi ci legano agli altri. Possiamo quindi ritenere che proprio queste relazioni non saranno annullate. Nel mondo esse costituiscono l'essenza della nostra identità  ed è naturale pensare che lo saranno anche dopo, sia pure in modo trasfigurato.
Nessuno sa quali sembianze abbiano assunto i suoi genitori nell'altra vita. Sono convinto, tuttavia, che non avrete alcuna difficoltà  a riconoscervi e, nello stesso tempo, immagino che la gioia dell'incontro sarà  molto profonda. Ancora di più lo sarà  la gioia di incontrare Dio faccia a faccia. Nel suo volto risplendono tutti gli altri e, magari, ciascuno gli assomiglierà  un po'.

I canti liturgici oggi: belli o da buttare?

Le scrivo in merito all'articolo di Roberto Beretta a proposito dei canti liturgici apparso sull'ultimo numero del Messaggero di sant'Antonio, che mi ha lasciata alquanto perplessa... Ho alle spalle diversi anni di militanza in corali parrocchiali e diocesane, e posso dire di non riconoscermi affatto nel quadro scoraggiante dipinto nell'articolo... È vero che le opinioni diffuse sui canti liturgici sono variegate, ma questo non mi sembra un dramma. È vero che accanto ai cori c'è spesso il coro di critiche ma non è una novità  che accanto a chi fa c'è sempre chi critica. Ciò che non è assolutamente vero, e che purtroppo traspare con evidenza dall'articolo, è che oggi i canti liturgici sono brutti. Anche quelli di ieri non erano un granché, sostiene l'autore, ma quelli di oggi fanno proprio ridere... e per rafforzare la sua teoria cita in maniera ironica alcune strofe di canti liturgici dissacrandoli. Un esempio su tutti: la sufficienza con cui descrive le mani ondeggianti sopra la testa cantando la nostra festa non deve finire...: a me questa scena non fa ridere, piuttosto mi fa venire in mente la gioia che si legge negli occhi dei bambini quando si intona questo canto, la gioia di poter battere le mani in chiesa, per una volta, invece di stare fermi e zitti, la gioia di partecipare a una Messa su misura per loro...
Perché è questa la funzione del canto liturgico: essere espressione della lode del popolo di Dio che cambia e si evolve a seconda dei tempi e dei modi di essere...
Quello che ribadisco è che oggi esistono dei canti liturgici stupendi. Ma ciò che conta è che qualunque canto, anche mediocre, diventa meraviglioso se è l'espressione della lode, del ringraziamento, dell'amore verso Dio. Il canto liturgico, anche se stonato o suonato con una chitarra scordata, è preghiera a tutti gli effetti, e nessuno può permettersi di dissacrarlo in un articolo sul cosiddetto galateo, che sa tanto di perbenismo. Già , il perbenismo: poveri cristiani, quando ce ne libereremo mai?.
S. M. - Siena.

Pubblichiamo unampio stralcio della sua lettera per far sentire anche la sua campana, diversa da quella di Beretta, e che farà  felici quanti sostengono che i canti (musica e testi) che accompagnano oggi la liturgia sono belli, adeguati a esprimere la lode e la fede dei figli di Dio.
Non vogliamo entrare nel merito scegliendo tra i denigratori e gli estimatori. In questioni di musica c'entrano molto i gusti e le propensioni di ciascuno.
Più belli i canti di oggi o quelli di una volta? Diciamo salomonicamente - ma è verità  - che ogni tempo ha le sue espressioni felici e meno felici. Ho sempre avvertito un certo disagio nel dire a san Giuseppe che fra gli amori ancor tu sei più soave nel mio cuor, come mi trovo imbarazzato a cantare oggi testi a volte sciatti con melodie di assoluta banalità . È pur vero che qualunque canto, anche mediocre, diventa meraviglioso se è l'espressione della lode, del ringraziamento, dell'amore verso Dio. Il canto liturgico, anche se stonato o suonato con una chitarra scordata, è preghiera a tutti gli effetti. Certamente il buon Dio lo gradisce. Un po' meno, magari, le orecchie di chi, tra noi, li ascolta.
Battute e ironia a parte, il problema della musica sacra oggi è molto sentito e anche le critiche possono essere prese come un segno di interesse e di amore e non di perbenismo.


Trentanove anni: troppo vecchio per un lavoro

Sono Vincenzo Mangione, vivo a Sassari, sono laureato in Giurisprudenza (...ahimè in ritardo!
Ma questo argomento meriterebbe una lettera a parte!) e ho appena compiuto 39 anni. Ma più che dall'aula di tribunale, mi sono sempre sentito attratto dalla comunicazione in ogni sua versione, e così, nel 2002 ho deciso di frequentare un master da cui ho ricavato un diploma-attestato di Mediterranean Media Manager con la specializzazione di Web Advertising Manager. Ma ora sono ancora a spasso! Lo so, lei dirà : Caro Mangione, sei in buona compagnia! Ultimamente le mie letture preferite sono... gli inserti, allegati, pubblicazioni per la ricerca di lavoro. Le offerte sembrano tutte prestampate e fotocopiate: Cercasi neolaureato, quattro anni di esperienza, max 27 anni.
Allora una prima domanda mi bombarda il cervello: se tutti li vogliono già  esperti, come posso fare esperienza? Sembra uno scioglilingua, ma non lo è! Non mi rimane quindi che inviare curriculum a pioggia a qualsiasi azienda, società , agenzia il cui nome e ragione sociale mi capiti a tiro. Qui arriva un'altra doccia fredda: la stragrande maggioranza non risponde assolutamente. Neanche per dire: No, grazie. Oppure risponde con il programma automatico: Per adesso non abbiamo in programma ampliamenti del personale. Ma il suo curriculum è stato inserito nel nostro database.
Qualche imprenditore ha sinceramente ammesso che la prima scrematura avviene in base all'elemento anagrafico e, inviare Cv (sia via e-mail che per posta) è completamente inutile. Spesso vengono direttamente cestinati senza neanche leggerli! Pertanto: gli over 35 vengono scartati; le e-mail non le leggono; i curriculum li cestinano...
Alla luce di tutto ciò, un mare di pensieri mi baluginano nella mia mente di disoccupato: In questo mondo del lavoro, un trentanovennedisoccupato non ha più diritto di cittadinanza? Nel mondo del lavoro cosa è più importante, l'anagrafe o la passione, la dedizione, l'interesse con cui uno ha intenzione di svolgere quel determinato lavoro?.
Vincenzo Mangione - Sassari

Purtroppo, oltre a un'attestazione di comprensione e di fraterna solidarietà  non possiamo offrirle. La sua lettera è emblematica di una situazione alquanto diffusa e preoccupante: chi, superata una certa età , cerca un lavoro o perché non ne ha mai avuto uno stabile o perché ne è uscito per licenziamento o altro, deve sudare più delle sette fatidiche camicie per trovarlo.
È un problema molto sentito, non solo da chi lo sta vivendo sulla propria pelle (diventa drammatico quando si ha famiglia) ma anche dai sindacati, dalle Regioni, dal governo stesso. Ma le soluzioni non sono a portata di mano.
Il momento, da un punto di vista economico e del lavoro, è piuttosto difficile. Però da una maggiore solidarietà , da un più spiccato senso sociale potrebbero venire delle soluzioni che diano ai giovani la possibilità  di progettare il proprio futuro.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017