Lettere al direttore

23 Gennaio 2008 | di

LETTERA DEL MESE

Benvenuto Mr. Blair ma senza fanfare


Una conversione preannunciata da tanti piccoli segnali e ufficializzata alcuni mesi dopo le dimissioni da primo ministro.


«Ho l’impressione che la notizia della conversione al cattolicesimo, poco prima di Natale, dell’ex premier britannico Tony Blair non abbia avuto da noi grande rilievo, nemmeno sulla stampa cattolica. Non è questo un fatto ecumenico di grande rilevanza, vista anche la situazione difficile nella quale si dibatte l’anglicanesimo? Perché non parlare chiaro?».

Lettera firmata



«Gioia e rispetto per un lungo e profondo percorso di fede e di ricerca»: così titolava un breve articolo de «L’Osservatore Romano» del 23-24 dicembre scorso, dove si riportava il pacato commento del primate della Comunione anglicana, l’arcivescovo di Canterbury Rowan Williams: «L’unica ragione per muoversi da una famiglia cristiana all’altra è di approfondire il proprio rapporto con Dio: pregherò perché questo sia il risultato della decisione di Tony Blair nella sua vita personale». «Sono veramente felice di accogliere Tony Blair nella Chiesa cattolica», dichiarava da parte sua il cardinale Murphy-O’Connor, nel comunicato con cui dava notizia del passaggio di Blair alla Chiesa cattolica. «Per molto tempo Blair ha frequentato la messa insieme alla sua famiglia e negli ultimi mesi ha seguito un corso di formazione per prepararsi alla piena comunione», ha spiegato l’arcivescovo di Westminster. «Le mie preghiere – ha aggiunto – sono per lui, per la moglie e per la sua famiglia, in questo gioioso momento del loro comune percorso di fede».

Nelle frasi riportate si può ben leggere una soddisfazione vera ma misurata, sia nel congedo amichevole del primate anglicano sia nell’accoglienza convinta del cardinale cattolico. La delicatezza della situazione lo esigeva, non fosse altro per il fatto che il Regno Unito è un Paese la cui storia è profondamente legata allo scisma anglicano. Se da una parte non vi sono precisi ostacoli istituzionali al fatto che il primo ministro inglese sia un cattolico, questa eventualità non si è mai verificata, e la prudenza di Blair è da condividere. Su questo punto è d’accordo anche Sergio Romano nella sua articolata e informatissima risposta (apparsa domenica 30 dicembre) a una lettera inviata al «Corriere della Sera»: «Perché scatenare un putiferio mediatico che avrebbe inevitabilmente interferito nella politica del governo? Era meglio attendere tempi più tranquilli». Stupisce invece il ragionamento che il giornalista fa seguire: «Il problema, caso mai, è un altro: se è opportuno che una questione di coscienza, come la conversione, debba andare in scena pubblicamente davanti alle telecamere. Ma la responsabilità, in questo caso, è anche della Curia romana, forse convinta che la pubblica conversione di un leader abbia un effetto moltiplicatore, come nell’Alto Medioevo quando il battesimo di un re barbaro significava la conquista di un intero popolo». Non so quali riprese e quali filmati Romano abbia visionato, visto che la cerimonia che ha «ratificato» la conversione dell’ex primo ministro si è svolta in forma privata nella cappella dell’Archbishop’s House a Westminster. Tutto il contrario delle fanfare, dei riflettori e della pubblicizzazione mediatica. Insomma, nessuno ha giocato la carta della conversione «papista» di Blair facendone una questione annessionistica. L’ecumenismo, che la Chiesa cattolica abbraccia con convinzione – e qui rispondo al mio lettore – non è tra l’altro direttamente interessato alla conversione di singoli individui, quanto piuttosto all’avvicinamento delle diverse comunità cristiane alla meta dell’unità visibile. La frase seguente, ripresa dal Vaticano II, non lascia spazio a forma alcuna di proselitismo: «È chiaro che l’opera di preparazione e di riconciliazione di quelle singole persone che desiderano la piena comunione cattolica è, di natura sua, distinta dall’iniziativa ecumenica; non c’è però alcuna opposizione, poiché l’una e l’altra procede dalla mirabile disposizione di Dio». Dove sono i barbari, i loro leader e i popoli da conquistare?

LETTERE AL DIRETTORE

Italia fanalino di coda e sfiduciata

«Ormai siamo al tracollo? Anche la Spagna, con le performance economiche degli ultimi anni, ci ha quasi superato. Il “New York Times” ha definito il nostro come un Paese fermo, soprattutto per mancanza di fiducia in se stesso: un Paese sempre più vecchio e più povero, dove i veri problemi non si risolvono mai».

Lettera firmata

In un bel libro (Outlet Italia) edito l’ottobre scorso – quindi prima del clamore giornalistico sul «quasi sorpasso economico» da parte della Spagna – e che analizza da cima a fondo, con arguzia e ironia, la nostra bella Italia, a un certo punto si legge: «Come informano le statistiche, gli spagnoli sono il popolo più ottimista d’Europa, e noi il più pessimista. Gli spagnoli ci sono diventati simpatici quando abbiamo scoperto che erano più poveri e più disorganizzati. L’impressione è che presto i più simpatici saremo noi». Il momento è giunto, forse non del tutto inaspettato. Per quanto riguarda l’articolo di Ian Fisher sul «New York Times», nulla che gli italiani già non sappiano molto bene: l’economia è bloccata, la politica in cortocircuito, il malumore e la rabbia crescenti… Tra l’altro, in questa frettolosa lettura giornalistica della situazione italiana, si incontra un giudizio di cattivo gusto, oltre che infondato, sulla Chiesa: «La Chiesa cattolica – si afferma – non è più il pilastro culturale del Paese, ma sta diventando una specie di lobby». La prima affermazione è superficiale e ambigua perché gioca sul concetto di cultura; la seconda è falsa.


Una guerra che bisogna vincere insieme

«Gli operai bruciati all’acciaieria ThyssenKrupp di Torino, poi altri ancora… Lo stillicidio di morti bianche sembra non finire mai, in un Paese nel quale muoiono di media, sul lavoro, quattro persone al giorno. Una guerra tutta italiana, nella quale perde la vita soprattutto la povera gente…».

Lettera firmata


I dati lasciano ammutoliti. 1328 sono mediamente, ogni anno, i caduti sul lavoro. Nel 2006 si sono contate 1280 «morti bianche», come si usa dire con un’espressione ipocrita con la quale si suggerisce che in fondo non è direttamente colpa di nessuno. Se poi guardiamo al 2007 non si notano segni significativi di inversione di tendenza. È assurdo che il sistema produttivo della ricca Italia possa causare un numero così elevato di vittime. Soprattutto povera gente, come dice lei.

Tra i tanti commenti ai drammatici fatti che hanno visto alla ribalta la ThyssenKrupp, mi ha colpito quello di Erri De Luca, che ha alle spalle un passato di fabbrica e di militanza operaia. Egli cita un poeta turco che dice: «La morte è giusta, ha la stessa maestà colpendo il povero e lo scià. Hashìm perché ti meravigli? Non hai mai sentito parlare di uno scià morto schiacciato in una stiva di carbone?». E più avanti: «Perché la morte sia giusta, bisogna che anche la vita sia giusta». De Luca, riferendosi a quel passato nel quale la forza lavoro era praticamente senza diritti, usa espressioni forti: «Non è una guerra né un fronte, ma peggio: è l’obbligo quotidiano di attraversare un campo minato. Non si indossa l’uniforme, ma una tuta e si va allo sbaraglio del giorno».


Violenze a macchia d’olio e tante domande

«“Ferisce la moglie, sgozza il cane e si impicca…”. “ Donna rapita, uccisa e fatta a pezzi…”. “Neonato in un cassonetto…”. Non si fa fatica a raccogliere nello stesso giorno queste e altre notizie di enorme atrocità. Come si fa a non rimanere sconvolti, a non domandarsi perché succedono queste cose intorno a noi?».

Lettera firmata


Quelli da lei citati sono solo alcuni esempi di un clima sociale carico di violenze efferate, di abusi ripetuti, di disprezzo per la vita altrui. Siamo forse tutti impazziti? Di chi è la colpa? Volendo, si può puntare il dito contro i mezzi d’informazione che sulla cronaca nera non si tirano certo indietro, amplificando e spettacolarizzando il dramma, inducendo all’imitazione; si può mettere sotto accusa il poco che si fa per la sicurezza dei cittadini, magari permettendo a pochi spacciatori, teppisti e delinquenti di agire indisturbati in certe periferie metropolitane; si può anche ricordare come l’indebolirsi dei legami familiari e della solidarietà sociale rende tutti un po’ più soli, autoreferenziali e aggressivi. Ma davanti al singolo delitto ogni spiegazione va a gambe all’aria, e le generalizzazioni suonano come magre consolazioni. E poi, come sostiene qualcuno, certe cose succedevano anche in passato, ma rimanevano confinate nel natio borgo e raccontate sempre con vergogna, perché l’orrore non era considerato merce da vetrina. Per quanto riguarda la sicurezza dei cittadini, percepita dagli stessi come del tutto insufficiente, si avanzano inoppugnabili statistiche che informano sulla decrescita – nel secondo semestre del 2007 – di omicidi, violenze sessuali, furti ed estorsioni, e persino dei reati legati agli stupefacenti. Infine, se è vero che la fluttuazione dei legami induce una maggiore instabilità nei soggetti, è anche vero che le famiglie «blindate» di un tempo potevano anche favorire il perpetuarsi e garantire l’invisibilità di violenze piccole e grandi.

Si può dunque gridare al mostro, all’orco… recuperando brandelli di verità nelle falle che si sono create in una convivenza sociale problematica e complessa, dove il concetto di comunità si fa sempre più sfuggente e quello di appartenenza ha poco fascino. Forse vale anche la pena di guardare dentro di noi e fare una revisione dei meccanismi potenzialmente violenti che ospitiamo e scusiamo con una certa naturalezza. Certa gramigna attacca dappertutto, e non c’è da stupirsi quando, qua e là, spacca il cemento e dilaga.



Ricevuto, segnaliamo


EVENTI

Da sempre considerato il più bello di Sicilia, il carnevale di Acireale attrae nella cittadina barocca turisti da tutta Italia ed Europa. Offre, oltre ai famosi carri allegorici-grotteschi, i caratteristici carri infiorati, dove al posto della cartapesta vengono utilizzate decine di migliaia di fiori. Anche questi carri sono animati e illuminati. Nel programma mostre, spettacoli musicali e di cabaret, concorsi, gruppi mascherati, bande comiche, majorettes.

Info: sito www.carnevaleacireale.com


PREMI E CONCORSI

L’Istituto regionale di studi europei del Friuli Venezia Giulia (Irse) ha bandito il concorso «Europa e Giovani 2008», per studenti di università e scuole di ogni ordine e grado d’Italia e dell’Unione europea. Il tema varia a seconda delle età dei partecipanti. Sono previsti premi in denaro, dai 200 ai 600 euro. Gli elaborati dovranno pervenire all’organizzazione entro il 22 marzo.

Info: tel. 0434 365326; sito www.culturacdspn.it


Il Comune di Bitetto (BA) e la locale associazione Amici del teatro hanno indetto la quindicesima edizione del premio nazionale di poesia e narrativa «Città di Bitetto». Quattro le sezioni previste, tutte a tema libero: poesia inedita in lingua italiana; poesia dialettale, inedita; silloge poetica edita (libro di poesie) o inedita;
racconto edito o inedito. Invio entro il 28 febbraio.

Info: tel. 349 7298555


SPIRITUALITÀ

È riservato ai giovani dai 25 ai 35 anni il percorso spirituale nel tempo di Quaresima proposto dalla comunità monastica di Camaldoli (AR). Sotto la guida del monaco Sandro Rotili, i partecipanti condivideranno i ritmi della vita monastica, meditando sul tema: «La memoria sovversiva della Pasqua di Gesù».

Info: tel. 0575 556012

 


Laboratorio di liturgia

La Basilica del Santo propone, a partire dal 14 febbraio, un itinerario di formazione liturgica, dedicato ai «riti iniziali» della cele­brazione eucaristica. I cinque incontri si terranno presso la sala dello Studio teologico della Basilica, tutti i giovedì sera fino a domenica
9 marzo, quando il percorso di riflessione liturgica si concluderà con un’attività laboratoriale, a partire dalle ore 10.00.

Per informazioni si può contattare fra Andrea Massarin, tel. 049 8242811

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017