Lettere al direttore

25 Novembre 2009 | di

LETTERA DEL MESE

Per una vita a tempo di preghiera

Come pregare oggi tra le tante distrazioni, la mancanza di tempo e l’aridità interiore, che spesso accompagnano la nostra quotidianità?

«Le confido, padre, una fatica che mi porto dietro da anni. Quando prego sento una grande aridità, per cui mi avvicino alla preghiera con svogliatezza e poca convinzione. Alla fine, riesco solo a stare alla presenza del Signore così come sono, senza recitare formule o coltivare buoni pensieri. Spesso, però, le distrazioni prendono il sopravvento, e allora mi scoraggio… Cosa mi consiglia di fare?».

 Alessandra


Il tema della preghiera ritorna nelle lettere di molti lettori che mi inviano le proprie riflessioni sulle gioie ma soprattutto sulle fatiche dello stare davanti a Dio e in intimità con Lui. Alcune considerazioni si ripetono, come quella del poco tempo a disposizione, delle distrazioni, dell’aridità interiore e dello scoraggiamento, per cui cercherò di riprenderle un po’ tutte, naturalmente con l’intento di rispondere più ampiamente ad Alessandra.
Inizierei dal tempo, perché la preghiera è un’attività, più precisamente uno stare in relazione, che necessita di tempo, e soffoca quando viene compressa in «residui temporali» o in «segmenti cronometrati». Pensate a una relazione tra due persone sposate che, pur viaggiando sui binari collaudati di una comunicazione quotidiana funzionale (cosa faccio io e cosa fai tu oggi… chi va a prendere Giulia alla scuola materna e a che ora ceniamo…) non si possa mai permettere livelli maggiori di profondità, spazi e luoghi nei quali esprimere l’affetto, il disagio, i progetti. Ma anche occasioni nelle quali andare oltre le parole, e manifestarsi al meglio attraverso il silenzio (quello che dice ascolto dell’altro e premura, non aggressività) oppure gesti di corrispondenza, di cura e di vero amore. L’impoverimento di tale relazione non stupirebbe nessuno, come non deve stupire il fatto che sottrarre tempo alla preghiera rende precario anche il nostro riferimento esistenziale a Dio. Ho detto «esistenziale» cioè vitale, reale e profondo, perché a Dio si può rimanere legati come si resta in contatto con un’idea molto vaga e poco coinvolgente.
Veniamo ora all’aridità che molti sperimentano nella preghiera, cioè proprio là dove si vorrebbe sentir vibrare forte il cuore. Come ogni relazione, anche quella instaurata dalla preghiera è fatta di alti e bassi, e non deve meravigliare che a lungo andare prevalgano i bassi, un po’ come nella vita quotidiana quando prende il sopravvento la routine. Non è detto poi che la gratificazione interiore, il sentirsi pacificati dentro, sia criterio per giudicare la verità e la fruttuosità del nostro rapporto con Dio. La preghiera è riposo ma anche lotta, ascolto ma anche grido, assenso ma anche rifiuto, attrazione ma anche disgusto, invocazione ma anche ribellione. Dio è colui che risponde alle nostre domande, ma insieme anche sempre colui che le sovverte perché impariamo a domandare secondo il cuore di Dio. Scriveva Bonhoeffer che «Dio non esaudisce i nostri desideri, ma realizza le sue promesse».

Passiamo quindi alle distrazioni, che tutti ben conosciamo. Quei pensieri che come stelle filanti solcano la mente proprio quando vorremmo svuotare la testa da ansie e preoccupazioni. E che più vengono combattuti più sembrano irrobustirsi e replicarsi. Che strategia attivare? Potrebbe sembrare un suggerimento strano, ma di fronte alle cosiddette distrazioni bisogna mettere in campo un’azione di aggiramento senza mai cadere nello scontro frontale. Dobbiamo farcele alleate, per cui pregare con loro, a partire da loro, magari presentandole al Signore come condizione del nostro presente e come spunto per rinnovare e personalizzare l’invocazione evangelica: «Signore, insegnami a pregare!».
Il Signore preferisce essere pregato pur nel mezzo di insistenti distrazioni che non essere pregato per niente. A suo tempo, se saremo costanti all’appuntamento con Lui, farà fiorire la nostra aridità attirando a sé tutto di noi.




LETTERE AL DIRETTORE


In croce i segni della fede

«Sono rimasto scandalizzato dalla decisione della Corte di Strasburgo di vietare l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche italiane. Perché mai il crocifisso in aula dovrebbe cozzare contro il diritto di libera educazione?».

Lettore arrabbiato

Via i crocifissi dalle pareti delle scuole. Via quel provocatore dalle braccia spalancate appese a un legno. Via quella scena così atroce e disturbante la tranquillità di chi non crede o crede diversamente. La Corte europea sui diritti umani di Strasburgo, con parole più burocratiche, così ha sentenziato e la palla è stata rilanciata ai poteri nazionali: questi hanno diritto di fare ricorso entro tre mesi. Che dire? Tutto è possibile quando si parte da una visione capovolta della realtà, per cui ogni portatore di diritti (anche presunti) va riverito e trattato con i guanti. La maggioranza conta poco quando si attiva la dittatura della minoranza: se uno è a disagio, qualunque ne sia il motivo, tutti devono pagarne il prezzo e impegnarsi nel rimuovere l’ostacolo che tanto lo affligge. 
Ma è proprio vero che il crocifisso crea quel gran disagio che si dice? Non tutti sanno che i musulmani venerano Gesù come un grande profeta e che gli ebrei sempre più lo riconoscono come uno dei loro, ma che anche molti non credenti gli danno credito. La scrittrice Natalia Ginzburg, ebrea e atea, il 22 marzo 1988 così scriveva sull’Unità: «Il crocifisso non genera nessuna discriminazione. Tace. È l’immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l’idea dell’uguaglianza fra gli uomini fino ad allora assente... Prima di Cristo nessuno aveva mai detto che gli uomini sono tutti uguali e fratelli, ricchi e poveri, credenti e non credenti, ebrei e non ebrei e neri e bianchi». Non è forse un bene che bambini e ragazzi incontrino questo messaggio da subito, a partire dai banchi di scuola?


Parola d’ordine: flessibilità sessuale

«Trans in tv a tutte le ore, talk show da sfinimento e di enorme superficialità per dibattere una cosa di grande importanza come l’identità sessuale. Con messaggi ambigui e decisamente fuorvianti…».

Alessia

Il caso Marrazzo ha riversato in televisione uno stuolo di trans per raccontare la propria marginalità. Al contempo parecchie mamme sono state interrogate dai propri bambini in modo fanciullescamente impertinente: «Ma quello è un uomo o una donna?». Non sapendo come rispondere, hanno glissato o risposto nel modo più vago. In pochi giorni sono andate in video esperienze di ogni tipo all’insegna della flessibilità sessuale. Si è fatta una grande confusione parlando in modo equivalente di travestiti, transgender, transessuali o trans. Con un messaggio fatto passare alla grande: una cosa vale l’altra, uomo e donna sono concetti vecchi e ormai inservibili. Il sesso è un fatto solo psichico, e alla fine conta quello che uno sente di essere e vuole diventare. La sessualità può essere doppia, tripla, trasversale, tanto fa lo stesso. Tutti schierati contro il fissismo della natura e a favore del mutare vertiginoso dei codici culturali, qualunque sia il risultato.
Concordo con il suo senso di delusione per un’ulteriore occasione sprecata. Si è pescato nel torbido per fare audience, senza alcun intento educativo. Da qualche tempo va così: i media presentano il menù e ognuno si ingozza come vuole. Le identità sessuali sono due o dodici? Per non disturbare nessuno, meglio lasciare la domanda aperta. Peccato, perché a crescere è solo la confusione.
 

I colori del sacro

È stata inaugurata il 27 novembre, a Padova, la quinta edizione della Rassegna internazionale d’illustrazione «I colori del Sacro», sul tema «TERRA!».
Un centinaio di illustratori, appartenenti alle culture più diverse (provengono da 35 Paesi del mondo), hanno interpretato, ciascuno con la propria sensibilità e con differenti tecniche, questo tema.
I loro lavori sono riuniti nella grande mostra allestita nelle gallerie del Museo Diocesano di Padova fino all’11 aprile 2010.

«Terra!», curata da Andrea Nante e Massimo Maggio, è promossa dal «Messaggero di sant’Antonio» e dal Museo Diocesano di Padova.

Dopo la città del Santo, «Terra!» – così come è avvenuto per tutte le precedenti edizioni della rassegna «I colori del Sacro» – girerà l’Italia e l’Europa per portare nei diversi luoghi, grazie alla magia di grandi illustratori, una nuova attenzione per la nostra vecchia, ma ancora magnifica, Madre Terra.

Padova, Museo Diocesano (
Palazzo Vescovile, piazza Duomo 12),
28 novembre 2009 – 11 aprile 2010

Orario:
tutti i giorni, escluso il lunedì, dalle 9 alle 18 (orario continuato).
Informazioni e prenotazioni: tel. 049 652855 – 049 8761924
E-mail: info@icoloridelsacro.org
Web: www.icoloridelsacro.org

 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017