Leucemia. Guarire si può
Dal 1968, anno del primo trapianto di midollo osseo negli Stati Uniti, sono stati fatti molti passi in avanti, sia nel campo della ricerca di base che in quello dell";applicazione clinica dei trapianti. Perciò risulta più che positivo il bilancio del professor Claudio Anasetti, direttore responsabile del Programma di Trapianto da donatori volontari non consanguinei del Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle (Usa), il primo centro al mondo ad aver sperimentato e perfezionato la tecnica del trapianto di midollo osseo.
Recentemente Anasetti ha partecipato, a Padova, ad un incontro sul trapianto di cellule staminali emopoietiche, organizzato dall";Associazione donatori di midollo osseo (Admo), che ha visto riuniti una ventina di esperti del settore. Gli abbiamo rivolto alcune domande.
Msa. Dottor Anasetti, il trapianto delle cellule staminali ha allargato le possibilità di cura delle malattie del sangue, specialmente di quelle ad esito fatale. Quali sono i limiti e i rischi di questa terapia?
Anasetti. Oggi il trapianto di cellule staminali è diventato una tecnica di routine per il trattamento di leucemie acute e avanzate, e di alcune leucemie croniche che non rispondono a terapie convenzionali o che colpiscono pazienti molto giovani. Ci sono ancora dei rischi associati al trapianto di cellule staminali emopoietiche. Se usiamo le cellule del paziente stesso, i rischi sono associati alla chemioterapia ad alte dosi che si fa per ridurre il carico tumorale ma che colpisce anche i tessuti normali. Se, invece, usiamo cellule di donatori da famiglia o di donatori volontari si aggiunge il rischio di reazione di rigetto del trapianto verso l";ospite e le infezioni. Negli ultimi 20-25 anni sono stati fatti passi in avanti molto importanti nella prevenzione di queste complicazioni, con il miglioramento delle terapie di supporto antinfettiva e antirigetto.
Su quali fronti la ricerca medico-scientifica è più impegnata per migliorare la cura di alcune patologie a carico del midollo osseo?
Attualmente c";è una maggiore conoscenza dei fattori che danno origine alle malattie neoplastiche del midollo e anche ad altri tumori. Con l";avanzamento della comprensione della genetica umana si capisce anche molto più in dettaglio qual è la patogenesi del cancro. C";è l";esempio "; diventato un paradigma "; della leucemia mieloide cronica, dovuta all";accoppiamento di due geni che producono una proteina anomala (BCR/abl). Dopo aver capito la genesi della malattia, si è potuto creare un farmaco, il Gleevec, che funziona da inibitore specifico del BCR/abl ed in molti casi controlla la malattia. Nel campo del trapianto, ci sono stati avanzamenti nell";abilità di selezionare donatori non consanguinei per pazienti che altrimenti non avrebbero avuto alcuna possibilità di guarigione, nella prevenzione e nella cura del rigetto del trapianto verso l";ospite e nella cura delle infezioni.
C";è un acceso dibattito nei Paesi occidentali, in particolare in Europa, sull";uso delle cellule staminali in campo medico. Esistono, a suo avviso, dei limiti biologici ed etici al loro uso? Che ne pensa in proposito?
Quando parliamo di cellule staminali ci riferiamo spesso a quelle cellule emopoietiche che formano gli elementi del sangue (globuli rossi , globuli bianchi e piastrine), e che utilizziamo nel trapianto. I problemi etici per l";utilizzazione di queste cellule sono stati risolti in maniera positiva.
Altre cellule staminali sono anche più immature delle cellule emopoietiche e possono dare origine a cellule del sangue e di altri tessuti. Queste cellule staminali totipotenti sono l";oggetto della sua domanda. Certamente la ricerca di cellule staminali nel feto ha causato molte discussioni. Personalmente, credo sia bene che la comunità scientifica ponga delle regole ben precise per lo studio e la potenziale utilizzazione terapeutica di cellule staminali da feto.
In questo momento si sta studiando la possibilità di identificare cellule staminali totipotenti da qualsiasi individuo adulto, non solo dal feto. Queste ricerche sono entusiasmanti perché promettono la cura per alcune malattie degenerative. Un esempio concreto, proposto negli ultimi anni con dati sperimentali nei roditori, viene dalla cura delle malattie cardiovascolari: un infarto cardiaco, dopo l";occlusione di un";arteria coronaria, può provocare la necrosi di una porzione del cuore. Ma se si iniettano delle cellule staminali, la regione infartuata rimane molto ristretta e la funzionalità cardiaca migliora.
Quali scenari può riservarci la ricerca, nell";ambito della genetica, e quali ricadute può avere, a breve, in campo medico e terapeutico?
Pensate all";anomalia del gene dell";emoglobina, le talassemie congenite che potrebbero essere curate con terapia genica. Così pure si può parlare della terapia del diabete con il gene dell";insulina. Siamo solo agli albori di questa disciplina scientifica. Per il momento queste patologie umane possono essere influenzate con i trapianti: la talassemia può essere curata con il trapianto di cellule staminali emopoietiche, e il diabete con il trapianto di isole pancreatiche.
Per un paziente che necessita di un trapianto, quali sono le possibilità di trovare un donatore di midollo osseo al di fuori della cerchia dei familiari?
La probabilità di trovare un donatore compatibile dipende principalmente dal tipo tissutale del paziente. Per esempio, tale probabilità è altissima per un paziente sardo perché la variabilità dei tipi tissutali dei sardi è molto bassa; la probabilità è alta per pazienti di origine lombarda perché il registro italiano ha una larga rappresentazione di tipi tissutali originari della Lombardia. La probabilità , invece, è bassa per pazienti pugliesi perché i tipi tissutali di pazienti originari di questa regione sono estremamente variabili e perciò sono relativamente rari nel registro italiano.
Quando è indicata l";apertura della ricerca di un donatore non familiare di midollo osseo?
Le quattro malattie legate al trapianto con donatore non consanguineo sono: la leucemia acuta mieloblastica, la leucemia acuta linfoblastica, la leucemia mieloide cronica e le mielodisplasie. Anche altre malattie rare sono indicate per il trapianto. In genere, la ricerca di un donatore va iniziata il prima possibile per pazienti con tipi di malattie che hanno ridotta aspettativa di vita o scarsa probabilità di guarigione senza il trapianto: c";è infatti bisogno di un lasso di tempo da 3 a 6 mesi per identificare un donatore e prepararsi così al trapianto. Il ritardo nell";iniziare la ricerca può causare la progressione della malattia e il deterioramento delle condizioni del paziente prima di poter effettuare il trapianto.
Quali sono i rischi del dopo trapianto? E i tempi di recupero?
I rischi del trapianto includono la tossicità di chemioterapia e radiazioni, il rigetto, la malattia da rigetto del trapianto verso l";ospite, e le infezioni. Il tempo di recupero è di almeno un anno. Però ci sono pazienti che hanno un decorso ancora più lungo e hanno bisogno di terapia immunosoppressiva per più anni. In genere, a distanza di 5 anni, il 95";98% dei pazienti sopravvissuti al trapianto sono fuori dalla terapia immunosoppressiva e sono ritornati ad una vita completamente normale.
Come si diventa donatori di midollo osseo?
Basta contattare un centro donatori regionale; si procede ad un prelievo di sangue dal braccio e questo sangue viene tipizzato; i risultati dei tipi tissutali vengono inseriti in una banca dati. Quando un paziente ha bisogno di un trapianto, il potenziale donatore compatibile per i tipi tissutali viene chiamato a donare un secondo campione di sangue per fare la tipizzazione finale, e se questa risulta compatibile, viene chiamato a fare una visita medica. Infine, il donatore procede alla donazione di midollo o di sangue periferico che oggigiorno può essere anche arricchito di cellule staminali emopoietiche attraverso un";iniezione di fattori di crescita.