Lingua lunga lingua rossa…
Spesso quando sono in giro per strada, come per esempio in vacanza al mare, tra la gente, a fare le «vasche» in paese in vista dell’atteso spritz serale, capita che i bambini mi facciano la linguaccia. I genitori reagiscono subito con imbarazzo, voltando loro la testa dall’altra parte… «Non si fa!», esclamano. Eh già, non si fa la linguaccia a un disabile! Ma perché? Se lo sono chiesti qualche tempo fa anche in Francia gli operatori, disabili e non, di Association Noémi, associazione che dal 1998 si rivolge alle famiglie e ai contesti educativi per promuovere una nuova cultura della disabilità nella relazione con persone con più deficit. Tutto è cominciato con un video dalla sceneggiatura molto stimolante, che, grazie ai social, ha fatto presto il giro del mondo. Sono «parole fatte di immagini» quelle di The eyes of a child (letteralmente, Gli occhi di un bambino): è questo, infatti, il titolo del bell’esperimento realizzato dal gruppo di Noémi. Immagini che parlano da sole, a partire da un confronto divertente e immediato tra lo sguardo dei bambini e quello dei loro genitori, entrambi messi faccia a faccia con una persona con disabilità. Il video comincia con alcuni bambini di circa 3 anni, seduti con aria guardinga su cuscini colorati, mentre dal lato opposto di un séparé accanto a loro, ci sono i genitori, rassicuranti e protettivi, seduti su analoghi cuscini. A quel punto ecco palesarsi su uno schermo i volti di alcuni attori che, tra boccacce, linguacce, occhi storti e chi più ne ha più ne metta, si rivolgono ai nostri spettatori. Istintiva e veloce la risposta dei piccoli e dei loro genitori che subito, per imitazione, rispondono alla provocazione replicando le stesse smorfie. Facce e faccine si susseguono finché, a un certo punto, il volto di una ragazza con disabilità spezza il ritmo degli sberleffi. Sorridente, la giovane protagonista incrocia gli occhi, e piano piano completa l’opera mettendosi un dito nel naso. Tutto rallenta. Lo sguardo si sofferma.
Che reazione hanno avuto i bambini? E i genitori? Imperterriti, i primi hanno continuato a seguire le regole del gioco, imitando la ragazza in carrozzina con almeno tre o quattro dita nel naso. Una doppia e ghiotta occasione di libertà, considerando che di solito è loro vietato! I genitori, all’opposto, da rassicuranti si sono fatti sospettosi e con vergogna mista a imbarazzo si sono fermati, guardati intorno, e hanno cercato aiuto dai figli per vedere come stavano... Pensando a come fosse più corretto comportarsi, di fatto sono rimasti fermi. I bambini escono vincitori dal filmato, destando le lodi del web per la loro purezza e spontaneità, non perché sono più buoni o più intelligenti degli adulti. I bambini sono così come sono e non hanno freni inibitori a impedire loro di essere se stessi. Questo significa anche essere politicamente scorretti e restituire agli altri la loro vera immagine, senza sfuggire a un dato di realtà. Nel gioco si diventa complici e la complicità è alla base dell’inclusione. Trattare l’altro come uguale e diverso da sé, senza mezze misure, è dunque ciò che ci insegnano i bambini. E voi avete mai fatto le linguacce ai disabili? Scrivete a claudio@accaparlante.it o sulla mia pagina Facebook.