L'intervista. Dionigi Tettamanzi

Aldo Maria Valli ha intervistato per noi il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano. Il rapporto con la sua città, il recente libro su san Carlo, l’importanza della famiglia. Ma anche il suo augurio ai fedeli e le speranze per il futuro.
24 Novembre 2010 | di

Msa. Cardinale Tettamanzi, il suo volume Dalla tua mano, dedicato alla figura di san Carlo Borromeo è da poco in libreria. Perché oggi un libro su san Carlo? Quale l’attualità di questo santo?
Tettamanzi. San Carlo è stato un grande riformatore che, prima di riformare gli altri, decise di riformare se stesso. Il nuovo anno pastorale della diocesi di Milano si ispira alla santità del Borromeo che chiama a rivivere la sua eroica dedizione d’amore alle più diverse condizioni di vita provata, ferita e sofferente: un servizio ai «piccoli» generato e condotto all’estremo dono di sé grazie all’appassionata contemplazione di Cristo crocifisso. Ancora oggi la diocesi di Milano e la Chiesa intera si abbeverano alla fonte viva della sua fede straordinaria: san Carlo rimane un formidabile modello che sprona a non rallentare mai il passo nel cammino spirituale, anzi a coltivare l’audacia di un impegno fiducioso e dinamico per una nuova civiltà cristiana.
«È attuale san Carlo?», mi si chiede. Rilancio con un’altra domanda: «E l’insegnamento di Gesù è attuale?». Molti lo ritengono una «parola d’altri tempi», ma in realtà il Vangelo è vivo e fa vivere: non tramonta mai. La sua perenne attualità sta precisamente nella «provocazione»: per crescere nella vita dello spirito non dobbiamo minimamente basarci sulle nostre forze umane, ma affidarci unicamente e pienamente alla grazia di Dio. Chi con cuore «piccolo», ossia con umiltà e fiducia, accoglie la parola del Signore, lascia pieno spazio alla grazia divina e la rende «vita della propria vita», diventa «testimone» nella storia dell’originale e insopprimibile attualità del Vangelo. Come fece san Carlo che, sperimentando la permanente attualità dell’incontro con Cristo crocifisso, ne diede prova e testimonianza alla Chiesa e alla società del suo tempo.

Nel 2012 l’Incontro mondiale delle famiglie, nel 2013 il 1700° anniversario dell’Editto di Costantino, nel 2015 l’Expo. Milano sta per vivere tre avvenimenti importanti. Come si sta preparando la Chiesa ambrosiana?
Sono eventi differenti, ma è importante assumere – per tutti e tre – un atteggiamento unitario di ascolto, di dialogo e di testimonianza all’intera società. Il primo traguardo è il VI Incontro mondiale delle famiglie del 2012 assegnato dal Papa alla diocesi e città di Milano. Sarà indubbiamente una straordinaria opportunità – grazia e responsabilità – per la nostra Chiesa nel continuare la riflessione e l’azione sulla realtà della famiglia, in continuità e sviluppo con il percorso pastorale di questi anni. «La Famiglia: il lavoro e la festa»: il tema dell’incontro del 2012 ci stimolerà ad analizzare lo stretto rapporto tra queste tre realtà che sono costitutive dell’esperienza umana fondamentale, ad attualizzarne la sintesi e a testimoniare la possibilità di viverle in modo armonioso. Non sarà un appuntamento che riguarderà solo la diocesi: fin da subito sono state coinvolte sia le diocesi della Lombardia che l’intera Chiesa italiana. A Milano stiamo definendo gli aspetti organizzativi, componendo le catechesi preparatorie, attivando la comunicazione (è già accessibile un sito internet, www.family2012.com). Vogliamo celebrare e vivere un evento particolarmente significativo sia per la Chiesa che per l’intera società.

Lei ha lanciato un appello ai milanesi per i lavori di restauro del Duomo: che cosa c’è da fare?
Il Duomo di Milano, la nostra cattedrale, presenta in modo evidente un significato profondo: i cristiani sono chiamati a essere «pietre vive» per costruire quell’«edificio spirituale» che è la Chiesa, la comunità dei discepoli e credenti in Cristo. Per custodire l’efficacia di questo «simbolo», per fare memoria della fede dei padri e testimoniarla alle generazioni future, per dare visibilità all’operosità della fede nella carità e all’evidenza dei suoi significati bisogna anche prendersi cura dell’edificio materiale, del Duomo.
Sono necessari per il Duomo di Milano dei difficili e costosi lavori che già da ora stanno interessando il complesso della cattedrale e in particolare la guglia maggiore che sorregge l’amata Madonnina. Ho invitato più volte tutti i milanesi, gli amministratori pubblici e gli imprenditori a sentire il Duomo come la loro grande casa e a interessarsi ai suoi problemi, a sostenerlo anche economicamente. Come il Duomo è sorto per volontà dei milanesi, così continuerà a essere nel mondo il simbolo più bello della città di Milano e della diocesi ambrosiana solo se tutti, a ogni livello, pubblico e privato, saranno audaci e tenaci nel custodirlo e valorizzarlo.

«Santi per vocazione» è il titolo della sua ultima lettera pastorale, nella quale scrive che la santità è il tratto distintivo del popolo di Dio. Ma come proporre oggi la santità?
In questo anno pastorale, noi celebriamo insieme alla Chiesa universale il quarto centenario della canonizzazione di san Carlo Borromeo (1610-2010). Non si tratta semplicemente di «ricordare» – magari per conoscerla maggiormente – una grande figura di santo, né solo di affidarci alla sua «intercessione» per le necessità nostre e della Chiesa. Vogliamo ispirare e plasmare la nostra esistenza cristiana agli alti ideali evangelici ai quali il Borromeo si è dedicato con un’eccezionale determinazione e generosità, anzi con una vera e propria eroicità. Il Borromeo fu un santo «contemplatore» di Cristo crocifisso e «pastore» che ha bruciato la sua vita a soli 46 anni consumandosi sino all’ultimo giorno nella dedizione ininterrotta e nel servizio d’amore disinteressato alla Chiesa affidatagli. Quella di san Carlo è stata una santità contagiosa. Ma contagiosa può e deve essere anche la nostra santità! Un simile contagio è forse il nucleo più affascinante e fecondo della testimonianza evangelica: «Voi siete la luce del mondo, il sale della terra...».
Non solo i singoli ma anche le famiglie cristiane, proprio in quanto famiglie, devono sentirsi chiamate alla santità: il sacramento del matrimonio, radice e forza della famiglia cristiana, è un insopprimibile appello alla santità. Come leggiamo nell’esortazione Familiaris consortio: «La vocazione universale alla santità è rivolta anche ai coniugi e ai genitori cristiani: viene per essi specificata dal sacramento celebrato e tradotto concretamente nelle realtà proprie dell’esistenza coniugale e familiare». L’anno pastorale sul tema «Santi per vocazione» vuole spingerci a porre con coraggio in primo piano l’educazione alla spiritualità coniugale e familiare in una stretta «alleanza» tra famiglia e Chiesa. Le famiglie sono, al tempo stesso, il «soggetto» attivo e responsabile di questa spiritualità e il «termine» dell’intero servizio pastorale da parte della Chiesa.

Dopo più di otto anni alla guida della diocesi ambrosiana, che cosa chiede al Signore per la comunità di cui è pastore?
Tante grazie, forse troppe. Ma non posso dimenticare che uno degli aspetti più belli e impegnativi della vita di un vescovo è proprio la «preghiera d’intercessione» per i fedeli e per tutti gli uomini e donne affidati al suo ministero.
Prego soprattutto per la loro fede, chiedendo che sia fede vera e autentica: ossia un rapporto vivo con il Signore Gesù, sentito come una persona concreta, incontrabile, adorabile e immensamente amabile. Una fede così – continuo a pregare – è tutta intrisa di amore, di un amore che conduce all’ascolto della parola di Gesù, all’incontro con il suo Corpo e Sangue nell’Eucaristia, all’apertura del proprio cuore – e di tutto ciò che esso racchiude – nel colloquio confidenziale della preghiera.
E di nuovo domando che una fede così entri nel vissuto quotidiano, facendo di ogni gesto – anche il più piccolo e faticoso – un «sì» detto con coraggio e con gioia alla volontà del Signore, vera stella polare di tutto ciò che succede nella vita personale, familiare, sociale.
Chiedo per la diocesi ambrosiana che, nelle sue comunità concrete e nelle famiglie – nei giovani in particolare –, sappia ispirarsi, nell’affrontare i tanti e complessi problemi della vita sociale, economica, politica e culturale d’oggi, non all’opinione pubblica succube dell’egoismo, del potere, del consumismo, dell’individualismo che si chiude in se stesso, di una libertà falsa e prepotente, ma al Vangelo e alla sua novità creatrice di vero, di bello, di giusto e di buono. Una novità che renda più pura e santa la Chiesa del Signore e più libera e solidale – più umana e umanizzante – la società, le sue città e i suoi paesi.
Per la verità, il motivo della gioia più grande che ho nel cuore non è il mio pregare per la Chiesa che mi è stata affidata, ma il sapermi oggetto quotidiano della preghiera di tantissime persone. A loro chiedo che continuino a pregare perché possa essere il meno indegnamente possibile padre, fratello, amico, servo di tutti: con la forza che sola viene da Dio.
 
I libri

Dionigi Tettamanzi, Aldo Maria Valli, Voi mi sarete testimoni, Rizzoli, € 17,50

Dionigi Tettamanzi, Dalla tua mano. San Carlo un riformatore inattuale, Rizzoli, € 14,00

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017