L'intervista. Gian Marco Tognazzi

Da suo padre Ugo non ha ereditato solo la passione per la recitazione, ma anche l’amore per la cucina e il piacere di condividere i prodotti della propria terra.
15 Maggio 2013 | di

Un uomo semplice e complesso al tempo stesso, un professionista scrupoloso, un attore poliedrico. Ecco, in sintesi, Gian Marco Tognazzi. Anche se lui, a dire il vero, preferisce definirsi più modestamente «un artigiano di lusso». Perché un artista è sempre un artigiano, e le sue forme d’espressione – siano esse sculture, performance teatrali o cinematografiche – parlano comunque di lui. «Nel rapporto con i personaggi c’è sempre qualcosa di mio – racconta il figlio di Ugo Tognazzi, il famoso attore, regista e sceneggiatore scomparso nel 1990 –. Ogni volta mi trovo dinanzi a caratteristiche umane differenti che devo saper cogliere per costruire il personaggio. Nel lavoro che faccio devo concentrarmi sulla voce, sulla postura, sulle minime trasformazioni. Interpretare soggetti che hanno caratteristiche tanto diverse dalle mie è possibile solo se, fin dagli esordi, qualcuno ti dà gli strumenti giusti e ti fa capire che il lavoro si basa sullo studio e sull’acquisizione di precise tecniche».

Abbiamo incontrato Gian Marco Tognazzi a Velletri, a pochi chilometri da Roma, nella sua casa di campagna soprannominata «Tognazza». In questa cascina adibita ad azienda agricola e fondata dal padre Ugo negli anni ’60, l’attore prosegue la tradizione di famiglia, producendo vino e olio. Una passione e soprattutto un hobby, perché il primo lavoro di Gian Marco Tognazzi resta quello dell’attore. Sul palco sin da quando aveva 6 anni, nella sua lunga carriera l’artista si è cimentato con pari successo in pellicole per il grande schermo (tra le altre: Uomini senza donne, Romanzo criminale e Passato prossimo, un film in parte autobiografico diretto dalla sorella Maria Sole), in spettacoli teatrali (come Prima pagina, Un nemico del popolo, Die panne e Il rompiballe) e in fiction televisive (Francesco, Maria Montessori - Una vita per i bambini, David Copperfield, Squadra Antimafia - Palermo oggi 3 e 4). Tanti ruoli – compresi quello di figlio d’arte, marito, padre e «contadino» – per un’unica anima. D’artista.

Msa. Che ricordi ha della sua infanzia?
Tognazzi. Sono cresciuto a Velletri e ci sono rimasto fino a 18 anni. Mio padre – che era molto legato alla campagna –, aveva comprato questa casa con il terreno annesso, perché in tempi non sospetti era già fissato con il concetto di «chilometro zero» e desiderava produrre da solo ortaggi, olio e vino. Papà ha precorso i tempi: negli anni ’70 parlava di «prodotto biologico». E aveva assunto un custode-fattore di origine veneta, perché i veneti sono dei contadini scrupolosi e attenti. Quanto a me, quando raggiunsi la maggiore età iniziai a scalpitare: volevo conoscere un altro tipo di vita, quello che si faceva in città. Quindi, per un periodo, me ne andai con l’intento di fare nuove esperienze.

Da dove nasceva l’amore di suo padre per la campagna?
Originario della provincia di Cremona – dove c’è per tradizione un forte attaccamento alla terra –, e dunque grande amante della natura, papà era convinto che il contatto con essa conferisse alla vita valori fondamentali e un senso etico diverso. Una filosofia che cercò di trasmettere anche a noi figli. Prima cosa che volle subito organizzare a Velletri fu la vigna, poi vennero l’orto e l’uliveto. La «Tognazza» è un podere immenso, che richiede tanta cura e dispendio di denaro. Tutto il tempo libero che papà aveva lo trascorreva qui. Tutto ciò che guadagnava, soprattutto nel cinema, lo spendeva per mantenere e gestire questa vera e propria fattoria, con tanto di orto e pollaio. Inoltre, Ugo amava invitare spesso gli amici e cucinava per loro volentieri. Non eravamo mai soli a casa: le cene si susseguivano col ritmo di almeno sei a settimana.

Che rapporto aveva suo padre con i fornelli?
Per papà cucinare era come fare spettacolo. Anzi, egli amava la cucina più del cinema, perché gli offriva una dimensione più teatrale e un pubblico con cui confrontarsi direttamente. Persino quando era sul set cinematografico, nelle pause pranzo spesso cucinava per tutti. Molti non sanno, inoltre, che Ugo Tognazzi ha pubblicato cinque libri di cucina. Insomma, possiamo ben dire che è stato uno dei primi gourmet. Era creativo anche nell’allestimento dei pasti e nella coreografia della tavola.

Sulla pagina di un quaderno a quadretti disegnò lui stesso l’etichetta per le bottiglie di vino, che usiamo ancora oggi alla «Tognazza». Papà ha iniettato lo spirito dell’agronomo dentro di me; forse per questo, una volta adulto, ho deciso di tornare a vivere qui. Un modo per riappropriarmi del luogo dove sono nato. Inoltre, mi piace l’idea che i miei figli possano vivere i loro anni più belli a contatto con la natura, in un luogo più sano e incontaminato rispetto alla grande città.

I suoi figli come hanno accolto questa scelta di vita?
Tommaso Ugo è troppo piccolo per capire. Andrea Viola, che ha 6 anni e va alle elementari, è felice. A volte organizzo con la sua scuola visite guidate alla fattoria, per sensibilizzare i piccoli al rispetto della natura e perché imparino a conoscere piante e animali. Credo che crescere in campagna per un bambino sia il massimo, in quanto offre una percezione diversa della vita e sviluppa una dimensione spirituale.

Come riesce a conciliare il mestiere di attore con la gestione della fattoria?
Ho dovuto organizzarmi per forza. Dopo un periodo di stallo seguito alla morte di mio padre, la «Tognazza» è stata un po’ abbandonata. Eravamo tutti frastornati, perché una personalità come quella di Ugo Tognazzi è difficile da sostituire. Poi abbiamo ripreso a curare il terreno, a produrre frutta e vino. L’attività, che era nata per noi e per pochi intimi, alla fine è decollata. Attualmente ci troviamo a commercializzare soprattutto il vino: ce lo chiedono anche all’estero, e in circuiti come Eataly o Slow Food. Quanto ai vini che produciamo, io e i miei fratelli ci siamo divertiti a intitolarli con i nomi tratti dal film Amici miei: il rosso Malvasia, per esempio, si chiama Antani, il bianco – che è un Velletri superiore – si chiama Tapioco.

È difficile immaginare Gianmarco Tognazzi nei panni di un contadino, dopo averlo visto in quelli del procuratore Giorgio Antonucci, in Squadra antimafia - Palermo oggi 3.
Quello è un ruolo che ho amato molto interpretare e che porterei ancora sugli schermi volentieri.

Sono previste altre puntate?
Si, la serie dovrebbe riprendere.
Televisione, cinema, teatro: con quale mezzo sente di esprimersi meglio?
Faccio volentieri un po’ di tutto, purché sia di qualità. Anche se forse la mia prima scelta è il teatro che, proprio per la sua dimensione artigianale, permette a un attore di esprimersi al meglio. E poi, come mio padre, anch’io prediligo il contatto diretto col pubblico.

Ha da poco concluso, in coppia con Bruno Armando, la tournée de Il rompiballe, dove interpretava un ruolo comico che fu di Jack Lemmon. È la prima volta che si cimenta in questo genere?
No, ma finora ho interpretato prevalentemente ruoli «seri». In questa commedia mi sono trovato benissimo. Anche se non c’è mai stata la pretesa di emulare due mostri sacri come Jack Lemmon e Walter Matthau, tra me e Bruno è nato un grande affiatamento. Il pubblico se ne è accorto e si è divertito. Il mio sogno, però, è riportare in scena Un nemico del popolo di Henrik Ibsen, adattandolo ai giorni nostri. Si tratta di una storia che parla di corruzione, ambiente, salute, manipolazione delle notizie, e per questo risulta purtroppo molto attuale.

Quando ha capito di voler lavorare nel mondo dello spettacolo?
Già a 14 anni, anziché andare al mare, preferivo stare sul set, affiancando mio padre o mio fratello Ricky, e facendo l’aiuto regista, o, meglio, l’assistente volontario alla regia. Ero affascinato da quell’ambiente. Grazie al mio impegno, papà iniziò a guardarmi in modo diverso: vedeva il sacrificio di un ragazzino che aveva già un certo senso del dovere. Il fatto di frequentare tanti personaggi importanti nel mondo del cinema e del teatro, poi, ha condizionato le scelte di vita mie e dei miei fratelli Ricky e Maria Sole. In questo senso, siamo stati fortunati.

Che tipo di padre era Ugo Tognazzi?
Anche se non è stato un padre nel senso tradizionale del termine, ha saputo trasmetterci la passione per le cose, l’entusiasmo per tutto ciò che faceva. Era un uomo molto generoso, aveva uno spiccato senso dell’ospitalità.

Qual è oggi il suo rapporto col cinema?
Discreto, anche se nel cinema difficilmente un attore può scegliere il ruolo da interpretare. Non illudiamoci: nell’80 per cento dei casi si è scelti. Quando mi propongono qualcosa di buono, però, lo faccio volentieri. Come nel caso dell’ultimo film di Sergio Rubini, Mi rifaccio vivo.

E che cosa pensa della televisione?
È un mezzo di grande fruibilità, accresce la fama e ti permette di avere un pubblico che poi ti segue anche al cinema e a teatro. L’importante, però, nel campo delle fiction tv è fare le scelte giuste, prestando molta attenzione.

Che consiglio darebbe ai giovani che vogliono fare il suo mestiere?
Studiare, non avere paura di assumersi responsabilità e di rischiare. Essere tenaci, ma anche umili.
 
la scheda
 

Figlio dell’attrice Franca Bettoja e dell’attore, regista e sceneggiatore Ugo Tognazzi, Gian Marco nasce a Roma nel 1967. Il suo esordio nel cinema avviene nel ’74, quando compare in Non toccare la donna bianca di Marco Ferreri. Conseguito il diploma di operatore alla macchina all’Istituto di stato per la cinematografia e la televisione di Roma, nell’89 incontra l’insegnante di recitazione Beatrice Bracco, con cui studia per quattro anni. La prima esperienza teatrale – in Crack di Giulio Base – è del ’90. Seguono le interpretazioni al cinema in I laureati (1995) di Leonardo Pieraccioni, Uomini senza donne (1996) e Facciamo fiesta (1997), al fianco di Alessandro Gassman. Nel 2005 è diretto da Michele Placido in Romanzo criminale, quattro anni dopo da Fausto Brizzi in Ex. Nel 2012 compare nel film di Woody Allen To Rome with love e in Bella addormentata di Marco Bellocchio. Tra i suoi successi teatrali, il musical A qualcuno piace caldo (2000) e Il rompiballe (2003, ma riproposto anche quest’anno). In tv è nel cast delle miniserie Francesco (2002), Maria Montessori - Una vita per i bambini (2007) e Squadra antimafia - Palermo oggi 3 e 4 (2011-2012).


Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017