Lo spirito di una comunità

Fede, cultura italiana e coinvolgimento dei giovani. Sono i tre obiettivi del sodalizio del Queens dove tradizione e innovazione si coniugano per coltivare l'identità comune.
16 Maggio 2008 | di
New York
In occasione della festa del Santo, la Società di Sant’Antonio di College Point, nel Queens, celebra ogni anno tre impegni: testimoniare la fede, apprezzare l’eredità italiana e investire sui giovani. Questa celebrazione, che è religiosa, patriottica e culturale, si svolge in tre locali diversi: nella chiesa di St. Fidelis, presso il Ristorante Leonard di Long Island, e nella sede del presidente, a Flushing.
La Società, nata nel 1985 grazie a un gruppo di devoti di sant’Antonio provenienti da varie regioni d’Italia, è diretta da Salvatore Bacarella, Salvatore Bonomo, Domenica Cardillo, Giuseppe Curatolo, Mario Bruno, Sabato Aguzzardi, Antonio Amoroso, Antonio Caruso e Benedetto Giardina. L’attuale presidente è Salvatore Bonomo che lavora con zelo ed entusiasmo per far crescere la Società.
La testimonianza di Antonio
La messa del 13 giugno, preparata da un solenne triduo, è officiata in italiano nella chiesa di St. Fidelis dal parroco, don Arturo Minichello, insieme con altri sacerdoti, i quali lodano i presenti per la cura con cui tramandano e conservano il culto di sant’Antonio in America. La chiesa si riempie di fedeli. Il coro alterna inni in italiano a motivi tradizionali in latino. Vi sono anche molti ragazzi, segno che nonni e genitori sono riusciti a trasmettere alle nuove generazioni l’orgoglio per una cultura di cui hanno quasi sempre, e solo, sentito parlare. I fiori che decorano la chiesa, e il pane che viene benedetto secondo la tradizione, sono sempre abbondanti e sono offerti dai devoti.
La Società ci tiene che i predicatori del triduo e della messa seguano le orme del grande pastore e predicatore sant’Antonio sottolineando alla comunità presente che la fede amplia gli orizzonti della mente aprendo proiezioni d’infinito. «Tale stato di grazia lo ebbe sant’Antonio, così come san Francesco d’Assisi, suo predecessore, e san Paolo, che Cristo personalmente convertì a Damasco, e che disse a coloro che l’ascoltavano: «Non sono io che vivo, è Gesù che vive in me». È proprio questo felice connubio tra la mente e il cuore che ci affascina di sant’Antonio. Lui aveva raggiunto l’infinito, con Dio viveva, a Lui dedicava la veglia, il lavoro e il riposo; era testimone di Dio nella vita terrena a servizio dei poveri, degli oppressi e degli oppressori».
Dopo la messa segue la processione che si snoda lungo le strade che fanno da cornice alla chiesa. Mentre la statua del santo viene portata dai membri del Comitato direttivo, i fedeli recitano il rosario, cantano e ascoltano la banda che si esibisce in canti moderni e antichi. Dalla sommità della chiesa di St. Fidelis, che è adornata da una bella fontana, si gode un magnifico panorama che abbraccia l’intero orizzonte dei grattacieli di New York.
Finita la processione, il presidente loda tutti i partecipanti per il loro spirito italiano, la naturale predisposizione all’amicizia e la cordialità che li distingue, e li invita nel seminterrato della chiesa per lo scambio degli auguri. Assieme al buffet si tiene anche la lotteria.
Serata da Leonard
Ogni anno, la Società si incontra per un atteso gala al ristorante Leonard, a Long Island, dove convengono amici, conoscenti, presidenti e rappresentanti di altri sodalizi, ospiti d’onore e simpatizzanti, e dove si fa un bilancio di ciò che è avvenuto nel corso dell’anno appena trascorso, e di quanto è in programma per il nuovo anno.
I membri della Società si alternano nel valorizzare gli aspetti più importanti dell’emigrazione italiana. Alcuni accentuano l’importanza di incentivare nei giovani l’amore per la terra dei loro genitori, altri mettono in evidenza la difesa e la promozione del made in Italy e del ricco patrimonio culturale italiano; altri ancora evidenziano le ragioni per lavorare in sincronia con altre associazioni culturali e religiose già esistenti, il cui scopo principale è diffondere la conoscenza dell’Italia negli Stati Uniti.
«Siamo consapevoli che la nostra comunità, nata in seguito a una migrazione che ha caratterizzato difficili e dolorosi momenti del nostro passato, si radica nell’eredità che ci hanno lasciato i nostri anziani – osserva Salvatore Bacarella –. Un’eredità nobile e riconosciuta, fatta di insegnamenti preziosi e di esempi di laboriosità e di attaccamento al significato delle nostre origini».
«Si tratta di sentimenti che sono rimasti radicati nel profondo delle coscienze di ogni devoto italiano di sant’Antonio, e che non potranno essere cancellati o attutiti da altre culture perchè sono nell’animo e non temono sudditanze o antagonismi», osserva Domenica Cardillo.
«È necessario essere tutti fortemente consci della nostra identità e della necessità di mantenere vivo il legame con valori che hanno costituito le strutture civili, culturali e religiose del nostro Paese – ribadisce Giuseppe Curatolo –. Legame non solo dovuto alle sopraggiunte opportunità economiche, ma nutrito dalla memoria delle nostre vicende e della nostra storia, tramandata e vissuta ieri come oggi».
«La storia vissuta dai nostri padri, quella amata e quella sofferta, quella fatta di rinunce, di rimpianti, di nostalgia per la casa, per la famiglia e per la patria lontana. Storia di noi tutti insieme e di ogni singolo italiano – aggiunge Mario Bruno –. Soprattutto la nostra storia, quella vissuta da noi emigranti che abbiamo saputo raccogliere la sfida della rinuncia e della lontananza dai nostri affetti e dal nostro Paese con spirito di sacrificio, con coraggio e fede».
Appello ai giovani
Quasi ogni mese le famiglie della Società di Sant’Antonio si ritrovano nella casa di Salvatore Bonomo per discutere sul modo di coinvolgere nuovi membri. Finita l’emigrazione ed essendosi assottigliate le file per legge di natura, unica risorsa rimasta per preservare usanze, tradizioni e cultura, è quella dei giovani; e sta agli anziani riuscire a instillare in loro l’orgoglio delle radici avite e di indurli a continuare il lavoro intrapreso tanti anni fa.
«Lavoro che, oltre agli ideali morali e spirituali e ai richiami nostalgici, aveva motivi anche materiali, pratici – nota Sabato Aguzzardi –: come l’assistenza a tutti i soci, il soccorso ai conterranei, l’aiuto a chi versava in stato bisogno a causa del decesso di un congiunto o per rovesci della fortuna».
Antonio Amoroso ricorda che tutti i sodalizi: associazioni, società e club comunitari, sono nati con lo scopo preminente di creare coesione, solidarietà e disponibilità tra i soci; ciò che si può sintetizzare nella sigla MAS: Mutual Aid Society ossia Società di Mutuo Soccorso. Secondo Amoroso, questo è un ideale che non tramonta mai, e che impone a quanti sono chiamati, giovani e vecchi, emigranti di ieri e di oggi, a serrare i ranghi e a tener duro, a far fronte e ad agire di conseguenza per il bene generale.
«Ebbene, se tutto ciò era dato per scontato negli immigranti e nei loro discendenti di prima generazione – osserva Antonio Caruso –, poiché le nuove generazioni aumentano di numero, e i vincoli con la terra d’origine s’indeboliscono, le riunioni come quelle in casa di Bonomo si rendono necessarie per rinsaldare i legami».
Benedetto Giardina conclude dicendo che: «Se vogliamo avere una presenza italiana viva e operante, bisogna rafforzare i vincoli tra noi e il ponte ideale che scavalca l’Atlantico, e ci tiene legati sentimentalmente e spiritualmente alla terra d’origine. Per realizzare questo, è imperativo far conoscere l’Italia e la sua lingua. Senza lingua, l’amore per l’Italia e per le sue tradizioni svanisce».
Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017