Lo stato carnefice

È ancora in corso una raccolta di firme su una moratoria per far cessare, almeno per un anno, le esecuzioni capitali nel mondo. Si otterrà qualcosa?
05 Novembre 2000 | di

Lo scorso settembre, ancora una volta, il pubblico italiano si è mobilitato contro un'esecuzione capitale negli Usa, quella di Derek Rocco Barnabei, di origine italiana. Appelli - fra cui quello del Papa - alle autorità , fiaccolate, collegamenti televisivi, tutto senza risultato, perché la macabra attesa si è inesorabilmente conclusa con l'iniezione letale davanti a un piccolo pubblico di invitati per l'occasione. Gli Stati Uniti non sono certo l'unico stato del mondo che si affida alla pena di morte come «deterrente» contro i crimini più gravi: la «lista nera» è aperta dalla Cina Popolare (con ben 1077 esecuzioni nel 1999) seguita da Iran, Arabia Saudita, Congo Democratico e, appunto, Usa.
In Cina l'esecuzione è vista con un intento «pedagogico» ed è largamente usata contro tutti i tipi di delitti, includendo la corruzione grave (ultimamente sono stati giustiziati due alti funzionari comunisti) e la caccia di frodo delle tigri, animale protetto dalle leggi. Sono oltre settanta gli stati che mantengono la pena di morte; solo da pochi anni superati dal numero di quelli che, invece, l'hanno abolita.
Ma per gli Usa lo scandalo è particolarmente grave, perché questo paese si presenta - e in altri campi effettivamente lo è - come la guida morale delle democrazie. C'è da credere che le esecuzioni continueranno (sono state 98 nel 1999, di cui un terzo nel Texas) anche perché la maggioranza dell'opinione pubblica statunitense e il nuovo presidente sono favorevoli.
Come il percorso per l'abolizione completa non sia facile, lo dimostra la stessa evoluzione della Chiesa cattolica, che è stata lenta e, talvolta, ambigua. Eppure dalla Bibbia si può trarre una tendenza evolutiva inequivocabile. Già  nella Genesi, l'episodio di Caino e Abele si conclude con la condanna di Dio che marchia in forma indelebile il colpevole, ammonendo, però, che «nessuno tocchi Caino» perché rimanga segno vivente di colpa ed espiazione. Lamek, discendente di Caino, porta alle estreme conseguenze l'omicidio e la ritorsione, oggi diremo in forma nazista, colpendo settanta volte sette e contribuisce a quella vertiginosa crescita della violenza che Dio castigherà  con il Diluvio purificatore. Nel Nuovo Testamento Gesù rovescia il rapporto tra violenza e amore, insegnando a Pietro che deve perdonare «settanta volte sette».
Nonostante la chiarezza dell'invito evangelico, ci sono voluti secoli alla Chiesa cattolica per recepirlo concretamente. Ancora il catechismo del 1992 ammette che in casi di estrema gravità , gli stati possano ricorrere alla pena di morte, e solo con la revisione del 1997 si afferma la prevalenza pressoché assoluta di pene alternative. Chi ha sempre testimoniato, anche con atti concreti, contro la pena di morte è, invece, l'attuale Papa, Giovanni Paolo II, che ha fatto della difesa della vita, in tutte le sue forme e momenti, il cardine del proprio pontificato.
Sotto il segno di san Francesco, nel Sacro Convento di Assisi appena restaurato dal terremoto, quest'estate padre Giulio Berrettoni ha aperto la conferenza «I parlamenti d'Europa contro la pena di morte» promossa dal nostro Senato. Obiettivo: arrivare all'abolizione ovunque della pena di morte, attraverso una moratoria per l'anno Duemila, cioè la sospensione di qualsiasi esecuzione. Non solo i governi, non solo i parlamenti si muovono, ma anche e soprattutto i movimenti della società  civile. «Nessuno tocchi Caino» è un'organizzazione che ha scelto la frase biblica a proprio emblema, anche se proviene da ambiente laico, dai radicali. Già  nota ai nostri lettori è la Comunità  di sant'Egidio, che si è mobilitata anche su questo problema e obiettivo. La comunità , in ambiente laico, è conosciuta soprattutto per la sua «diplomazia illuminata» che ha spesso preceduto le diplomazie togate degli stati per portare la pace in zone di conflitto - e, appunto, a questa sua attività  ha dedicato un paginone l'autorevolissimo quotidiano francese «Le Monde» - . I barboni di Roma la conoscono, invece, per la sua attività  caritativa, e anche per il grande banchetto di Natale a Santa Maria in Trastevere. Le altre confessioni cristiane e le altre religioni, per l'incontro internazionale ecumenico. Tutte attività  legate al «messaggio centrale di sant'Egidio», che è comunicare il Vangelo con testimonianze adatte agli uomini del nostro tempo.
Contro la pena di morte, «Sant'Egidio» raccoglie le firme su un appello ai governi per la «moratoria universale». Dice Mario Marazziti, portavoce di «Sant'Egidio»: «La pena di morte non è mai stata un deterrente contro il crimine, basti ricordare che in altri tempi, quando veniva inflitta anche per reati minori come il furto, le esecuzioni pubbliche diventavano il campo d'azione preferito dei borseggiatori». Cita una frase del Mahatma Gandhi: «se si applica l''occhio per occhio', tutto il mondo finirà  per diventare cieco». Spiega che sulla petizione si affiancano le firme di credenti e di laici, di leader di Chiese e di leader politici, come il musulmano Wahid, presidente dell'Indonesia. La speranza è che si riesca, infine, a far passare all'Onu una risoluzione sulla moratoria (l'anno scorso è stata ritirata per le pressioni di Usa e Cina).
Un'altra iniziativa è l'illuminazione del Colosseo, ogni volta che c'è una buona notizia: del rinvio di una esecuzione, di un nuovo stato che si aggiunge al fronte abolizionista. Nel corso del Duemila si è illuminato più volte, ogni volta con una tonalità  più calda, e una notte la luce diventerà  finalmente tutta calda e splendente, quando l'obiettivo finale sarà  stato raggiunto.
Il progresso è stato grande, se si pensa che al momento della proclamazione della Carta dei diritti dell'uomo da parte dell'Onu, nel 1948, solo 8 stati avevano totalmente cancellato dai loro codici la pena di morte, in tempo di pace e di guerra. Oggi gli abolizionisti totali sono 73, e 45 altri stati in evoluzione verso l'abolizione. Ma la strada da fare, è inutile negarlo, resta ardua, se due stati dell'importanza di Usa e Cina Popolare restano risolutamente contrari a ogni forma, sia pure graduale, di abolizione. E se altri stati abrogano, sono i movimenti terroristici a infliggere la «loro pena di morte»: la banda terroristica Eta, nei Paesi Baschi spagnoli, ha assassinato 800 persone dall'inizio della sua vera e propria campagna di guerra. Motivo di più, perché gli stati non seguano il terrorismo sulla stessa strada di morte. Citiamo dalla documentazione diffusa da «Sant'Egidio» questa poesia di un condannato a morte, Dominique Green: «Ne hanno portato via un altro / un amico che non rivedrò più. / Sono debole, sto impazzendo /che cosa posso fare?/ Troppe cose, a catena, non vanno /troppe per poterle contare. /Non riesco più a sopportare... e tu?».

   
   
SUOR HELEN PREJEAN: IL MIO SOGNO      

S uor Helen Prejean assiste da anni i condannati a morte negli Usa. È diventata famosa per il libro Dead man walking - «il morto che cammina», nome dato ai reclusi nella sezione dei condannati a morte - edito in Italia da Bompiani, dal quale è stato tratto l'omonimo film che ha vinto un Oscar per l'interpretazione di Susan Sarandon, che impersona, appunto, la coraggiosa suora..

Msa. Cosa rende difficile il suo impegno?
Suor Helen.
Oltre le resistenze dei politici, c'è la difficoltà  psicologica di ogni giorno, quando contatto le famiglie dei condannati e quelle delle vittime. Incontro persone perbene che però mostrano un odio fortissimo verso l'assassino. Vivono un momento di disperazione, e proprio per questo hanno bisogno di essere sostenute, per cercare di passare dalla voglia di vendetta al perdono. È un segno di grande coraggio: ricordo come un momento esemplare la morte di Karla Tucker, che si era convertita, aveva chiesto perdono, ed era stata perdonata. Era diventata una persona completamente nuova, eppure è stata ugualmente «giustiziata», nel 1998.
Ma se ci fosse un nuovo Hitler, anche per lui varrebbe di non essere giustiziato?
Bisogna tirare una linea, una volta per tutte, e io penso che quando funzionerà  il Tribunale penale internazionale approvato, appunto, a Roma nel 1998, le sue pene detentive dure ed effettive funzioneranno da deterrente sufficiente contro ogni nuovo dittatore fautore di crimini contro l'umanità .
Ma negli Usa la battaglia è tutt'altro che vinta...
Lo so, ma penso che vedrò quel giorno. Anche il muro di Berlino appariva granitico, eppure è caduto. Spero che anche quest'altro sogno si realizzerà , che più nessuno morrà  per mano dello stato nel mio paese.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017