Ma quale giustizia

Un libro fatto apposta per provocare, per suscitare indignazione, perché il quadro che emerge dall’indagine sul pianeta giustizia, nonostante esempi preclari, non è dei più esaltanti. Ne è autore Sergio Zavoli
10 Dicembre 1997 | di

Il libro di Sergio Zavoli, Ma quale giustizia (Rai/Eri-Piemme), si inserisce in un dibattito vivacissimo in Italia, e non solo tra gli addetti ai lavori, magistrati, avvocati e politici, ma anche tra la gente, preoccupata di come le cose stanno andando; cioè non bene, leggi: inefficienza, lentezza, confusione e talvolta anche corruzione. Mentre le emergenze si susseguono con crescente virulenza. E una giustizia che non funziona come dovrebbe, lo sanno anche i più sprovveduti, non è il massimo per un paese.

Gli addetti ai lavori sono tutti d`€™accordo nel dire che il pianeta giustizia ha bisogno di una profonda riforma, ma non lo sono più quando si tratta di quale riforma volere. Si vedano al riguardo le polemiche `€“ lungi dall`€™essere superate `€“ insorte durante i lavori della Bicamerale, e che avvamperanno nuovamente quando le proposte ivi maturate approderanno in Parlamento. 'Proprio a noi `€“ scrive Zavoli `€“ in questi anni è toccato di vedere come il dissidio tra potere politico e giudiziario può manifestarsi in forme aspre e laceranti; e come lo sconcerto dei cittadini venga quotidianamente alimentato da una sequela di fenomeni avvilenti e gravi. Abbiamo potuto leggere sui giornali di 'scontro aperto tra giudici e governo', o delle 'nebbie': riferimento, quest`€™ultimo, alla Procura nientemeno di Roma. Si parla inoltre di 'toghe sporche' e di bancarotta della giustizia... di giustizia che invece di dare speranza, genera sofferenza'.

Da eccellente giornalista qual è, abituato ad ascoltare la voce degli avvenimenti, Sergio Zavoli non affronta lo scottante problema affidandosi ad argomenti teorici, ma attingendo alla drammaticità  dei fatti, grandi e piccoli, alle parole dei protagonisti e dei testimoni.

Il problema giustizia nei suoi molteplici risvolti, ordinari e straordinari, ha interessato la vita politica e sociale degli ultimi vent`€™anni, cosicché il libro di Zavoli finisce con l`€™essere uno spaccato, un grande affresco della vita politica e sociale, della morale e del costume del nostro tempo.

Il libro prende il via, e vi si concentra per un terzo circa della sua lunghezza, sulle tre emergenze che hanno impegnato la giustizia negli ultimi decenni: il terrorismo, la mafia, la corruzione, che ha avuto la sua espressione più becera e impudente in Tangentopoli.

Ad aprire il capitolo terrorismo, e praticamente il libro, vi è una lunga intervista a Maccari, uno dei brigatisti rossi che ha assistito all`€™assassinio di Aldo Moro, il momento più lacerante del movimento sovversivo che nel colpire al cuore dello stato, ha segnato la propria fine. Maccari, che era con Moretti il giorno il cui questi 'giustiziò' il leader della Dc, racconta con dichiarato rimorso quelle tragiche giornate: 'Tutta questa vicenda è stata una follia, un tragico sbaglio da qualunque punto di vista lo si analizzi... Ma non è tanto questo che mi mette a disagio, quanto il sapere che al di là  delle motivazioni, che possono essere più o meno condivisibili, e certamente non lo sono, al di là  di tutto rimane il fatto che anch`€™io ho contribuito a togliere la vita, a produrre un danno irreparabile... e questa è la cosa che mi pesa in maniera ossessiva'. Via via sfilano testimoni e uomini di cultura del nostro tempo, in un serrato dibattito volto a capire il perché di quella stagione di terrore e morte. 'Va scongiurata la tentazione di fare tutt`€™uno del bene e del male, magari ricavandone che il secondo prende per sé ogni cosa: norme e comportamenti, impotenze e ignavie', osserva Zavoli, dopo aver dipinto lo scenario italiano dell`€™orrore. E commenta, allargando l`€™orizzonte: 'È un`€™epoca che, dappertutto, vede spegnersi l`€™indignazione. A furia di rappresentarlo, miliardi di immagini ci hanno reso addirittura familiare l`€™orrore. C`€™è il pericolo che la gente giudichi inutile misurarsi con ciò che sembra invincibile; stiamo accettando le ingiurie della nostra vita come se qualcosa ci dicesse che non può essere altrimenti... Bisognerebbe capire perché. Capire, ho letto da qualche parte, è la prima possibilità  di farcela. Ma come capire, e come farcela?'.

La seconda emergenza è la mafia. Le rivelazioni di Buscetta, i giudici antimafia, i sopravvissuti alle stragi si muovono accanto a collaboratori di giustizia, parenti, veri e falsi 'pentiti', politici e ricattatori, immergendo il lettore nella spirale di un inferno dantesco, suscitando quell`€™indignazione che Zavoli pone tra gli scopi del libro stesso. Antonino Calderone, dopo aver strangolato e gettato in un fosso quattro ragazzi, colpevoli di aver scippato la madre del boss Nitto Santapaola, decide di collaborare con i giudici e confessa: 'È una macchia orribile, non era giusto ammazzare quei ragazzi... Santapaola mi disse che se non si faceva, li avrebbe scannati lui'.

'Nell`€™ultimo venticinquennio `€“ commenta Zavoli `€“ il confine tra legalità  e illegalità  in Italia, è andato pericolosamente assottigliandosi, e la magistratura è sempre più in prima linea nella lotta contro la più forte e temibile tra le centrali del delitto... Le forze politiche l`€™hanno spesso lasciata sola... non di rado si aveva un occulto interesse a volerla disarmata rispetto a un potere criminale col quale alcuni politici avevano a hanno stretto patti di non aggressione, se non anche di mutuo scambio'.

Poi viene Tangentopoli e qui entra in scena il pool di Milano. Renato Amorese, ex segretario del Psi a Lodi, è il primo dei dieci suicidi di Tangentopoli: si spara alla testa dopo un interrogatorio, lasciando a Di Pietro una lettera in cui si dice 'fortemente prostrato e consapevole dell`€™errore commesso e del disonore derivato alla famiglia'. Sergio Moroni, deputato socialista bresciano, analizzando il sistema di cui si sente vittima, prima di suicidarsi denuncia, in una lettera indirizzata all`€™allora presidente della Camera, Giorgio Napolitano, il 'grande velo di ipocrisia che ha coperto per anni i modi di vita dei partiti e i loro sistemi di finanziamento', e accusa 'una cultura tutta italiana nel definire regole e leggi che non potranno essere rispettate'.

La seconda parte del libro entra, poi, 'dentro la giustizia' per cogliere, con l`€™apporto di esperti, che cosa c`€™è dietro la legge, dietro il reato e dietro la pena; cioè le inefficienze e le difficoltà  di una giustizia che fa patire soprattutto i più deboli...

Quelle di Zavoli sono pagine scritte per inquietare, per indurre il lettore a chiedersi: ma insomma, quale giustizia dobbiamo attenderci? Quale ancora prevarrà ? 'Quella che ha fatto fronte al terrorismo, che persegue e punisce la mafia, che ha messo in crisi il sistema della corruttela, con una dedizione straordinaria, resistendo ad attacchi malevoli e insidiosi, o quella che ha mostrato di non essere esente, a sua volta, da collusioni anche gravi con il mondo dell`€™illecito?', si chiede Zavoli. 'La giustizia che sa commisurare la pena al reato nei luoghi dell`€™espiazione e del recupero, o quella che al progetto rieducativo antepone la logica penitenziaria?'.

'Sarebbe tempo di guardare alla giustizia non intimiditi da una sua inarrivabile, sacrale altezza, ma guardandola a livello degli occhi, laicamente `€“ risponde alla fine l`€™autore `€“ sapendo che in una nazione ordinata e democratica essa non eroga solo la sentenza, ma agisce, per delega universale, come strumento dirimente, e quindi fattore di composizione della controversia umana... Nata perché nei limiti, prevalga il giusto sull`€™ingiusto'.l

 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017