Maison de l'Italie, la casa dei geni

La residenza universitaria ha ospitato, in 50 anni, oltre 4 mila studenti. Molti sono diventati ricercatori e dirigenti, politici e scienziati, soprattutto in Francia.
16 Gennaio 2007 | di

Parigi

La posa della prima pietra della Maison de l’Italie risale al 1955: tra le ultime Maison europee edificate all’interno della Cité Internationale Universitaire di Parigi, costituita all’inizio degli anni Venti, dopo la fine della Prima Guerra mondiale. La Maison de l’Italie si sviluppò grazie all’impulso di soggetti diversi della società civile – soprattutto universitari – e dei primi studenti italiani giunti a Parigi subito dopo la Seconda Guerra mondiale, tra il 1947 e il 1950. Un contributo decisivo arrivò dall’allora senatore Enrico Falck, tra i fondatori della Democrazia Cristiana, e governatore del Rotary. Furono raccolti i fondi tra grandi industrie milanesi e tra gli studenti italiani. Lo Stato finanziò il 40% dell’opera. La Maison de l’Italie fu inaugurata il 25 gennaio 1958 dall’allora presidente della Repubblica francese, René Coty, e dal presidente del Senato italiano, Cesare Merzagora.
La struttura ha avuto tre momenti e tre periodi corrispondenti ad altrettanti direttori: il primo è stato un insigne studioso, Ruggiero Romano. A succedere a Romano, dopo il periodo caldo del ’68, è stato un professore associato alla Sorbona, Aldo Vitale, rimasto fino al 1989. La gestione del professor Roberto Giacone inizia nel 1990. La Maison de l’Italie necessitava allora di un radicale maquillage che venne realizzato grazie a fondi pubblici e privati. Le camere furono tutte rinnovate passando da 110 a 100. La Maison venne riaperta nel dicembre del 1993. In quarant’anni d’attività ha accolto più di 4 mila studenti e ricercatori. Qualcuno è diventato ministro o scrittore, e centinaia sono diventati illustri professori universitari.
Il professor Giacone, prima di approdare alla direzione della Maison de l’Italie vantava un consolidato background in ambito accademico, ma anche nel mondo dell’impresa, presso la Olivetti. Si è occupato di formazione, marketing e risorse umane. Oltre a seguire la Maison, Giacone è professore associato al Dipartimento di italiano, Settore economico, dell’Università Paris 3 - Sorbonne Nouvelle.
Bettero. Quanti studenti accedono, ogni anno, alla Maison de l’Italie?
Giacone
. La Maison non accoglie solo studenti italiani. Per favorire l’amicizia tra i popoli, uno studente su due viene inviato in altre Maison e, parimenti, riceviamo studenti di altre provenienze. Il numero di studenti italiani non cambia: ne vengono accolti un centinaio: 50 da noi e 50 in altre fondazioni. Questo significa che ogni anno abbiamo tra le 20 e le 25 nazionalità, oltre a quella italiana che costituisce la maggioranza. La Cité Universitaire accoglie studenti già avanti negli studi che hanno dato prova di riuscire bene. Sempre più spesso ospitiamo specializzandi provenienti un po’ da tutti i settori: di ambito umanistico e soprattutto scientifico: medicina, biologia, fisica.
Quanto si fermano qui a Parigi?
Da 3 a 24 mesi. A volte interrompono gli studi e tornano in Italia per fare delle esperienze. In media, comunque, si fermano qui per un anno, un anno e mezzo. Non sono passaggi brevi eccetto quelli degli studiosi che vengono qui per fare ricerca, per esempio all’Istituto Pasteur.
Chi arriva alla Maison de l’Italie ha già un percorso formativo da seguire?
Sì, deve avere un progetto ben preciso altrimenti non è possibile venire. Chi ci contatta, è già stato accettato in una struttura solitamente di ricerca. Prendiamo, per esempio, un giovane laureato o che sta facendo il dottorato. Il contatto avviene quasi esclusivamente via internet, anche se ci inviano una lettera o ci telefonano oppure ci mandano un fax. Noi li indirizziamo al nostro sito internet della Cité Universitaire – www.ciup.fr – per compilare il form telematico. Una volta fatto, ci mettiamo in contatto con l’interessato e chiediamo i documenti necessari anche perché ogni Paese ha dei criteri di selezione diversi. Poiché gli italiani che fanno richiesta sono molti, dobbiamo vagliare le candidature. Si istituiscono due commissioni di valutazione all’anno: una agli inizi di giugno e l’altra agli inizi di ottobre per il primo e secondo semestre universitario. La media è di una candidatura accettata ogni dodici domande pervenute. Riceviamo circa 500-600 domande ogni anno mentre i posti disponibili sono tra i 40 e i 50. Il turn-over non è del 100% perché alcuni giovani rimangono anche due anni.
Dopo il periodo alla Maison, si può ripetere l’esperienza?
Gli statuti della Cité Universitaire dicono che si può anche ritornare purché tra una residenza e l’altra, si resti fuori dalla Cité Universitaire per almeno 24 mesi. In questi anni mi è capitato di vedere più volte alcuni ricercatori. Accogliamo di tanto in tanto anche dei professori.
I giovani che accedono alla Maison de l’Italie devono pagare una quota?
Sì, perché la Maison de l’Italie è indipendente e si regge esclusivamente sulle rette che gli studenti pagano. Le rette ammontano a circa 400 euro al mese per un giovane studente; a circa 500 euro per un ricercatore, comprensive di tutte le spese, internet, pulizie, escluso il vitto; però c’è un ristorante universitario dove si può mangiare a costi contenuti. Diciamo che con 600 euro al mese uno studente può vivere tranquillamente a Parigi, il che non è poco. Aggiungo inoltre che quasi ogni studente ha almeno una borsa di studio Erasmus di circa 120 euro mensili, integrata da un fondo sociale francese che dà 90 euro a tutti gli studenti che vengono in Francia; quindi un 30% delle spese è coperto.
La Francia resta un ottimo mercato per i ricercatori. In che percentuale i giovani che ha visto passare di qui negli anni, si fermano stabilmente in questo Paese?
Purtroppo per l’Italia – ma fortunatamente per i giovani –, la percentuale è abbastanza alta. Spesso i giovani che approdano alla Maison de l’Italie, sono poi abbastanza quotati sul mercato universitario e produttivo francese. Direi che la media è del 30 per cento. I nostri universitari che conseguono il dottorato in Italia o in Francia, riconosciuto da entrambi i Paesi, ottengono abbastanza facilmente – soprattutto in facoltà come Fisica e Matematica – borse di studio, incarichi importanti o addirittura cattedre. Questo significa che il loro livello formativo e professionale è molto alto.
Che consiglio darebbe ai giovani che vogliono raggiungere risultati significativi? Quali esperienze è importante maturare negli anni della formazione, e che tipo di approccio occorre avere con il mondo del lavoro?
Prima di tutto non farei l’errore di venire subito in Francia o di andare all’estero nei primi due o tre anni dell’università: alcuni studenti tendono ad andare all’estero già al secondo anno cioè prima della laurea breve. Di solito sono disorientati per varie ragioni anche perché hanno passato pochi esami e quindi girano un po’ per l’università e perdono tempo anche se, come esperienza di vita, può risultare interessante. Bisognerebbe andare all’estero il più avanti possibile, e maturare esperienze nell’ambito della ricerca. Spesso vedo dei futuri medici, degli specializzandi, che riescono ad ottenere sei mesi o un anno di stage in un ospedale parigino, e questa è certamente la cosa più utile. Più si riesce a posticipare il periodo di permanenza all’estero, meglio è.
La Maison de l’Italie non è soltanto una «casa» che accoglie chi studia, ma è anche un polo culturale per Parigi e per la Francia attorno al quale ruotano parecchie iniziative…
Sì, durante l’anno, in accordo con l’Istituto Italiano di Cultura o le università francesi, vengono organizzati vari convegni che naturalmente devono sempre avere un risvolto italiano. Non organizziamo attività generiche ma convegni, conferenze, presentazioni di libri o altre attività inerenti l’Italia. Di recente abbiamo ospitato una bellissima mostra e un convegno internazionale dedicati allo scrittore Giorgio Bassani. E poi una mostra su Eduardo De Filippo. Sono stati proiettati dei film, è stato ricostruito il camerino di De Filippo. Abbiamo parlato delle «piccole Italie nel mondo» con studiosi venuti dal Brasile, dall’Argentina, dall’Europa, studiando il fenomeno dell’emigrazione italiana all’estero soprattutto all’inizio del Novecento. Abbiamo organizzato incontri e convegni su Petrarca, Michelangelo, Vincenzo Monti.
C’è interesse da parte dei giovani studenti, non italiani e non francesi, per la lingua e la cultura italiana?
Il 65% dei 6.500 studenti residenti nella Cité Universitaire sono stranieri, quindi non sono francesi. Gli studenti che decidono di venire alla Maison de l’Italie lo fanno per motivi a volte originali. Ad esempio, ora abbiamo due giapponesi che stanno finendo il loro dottorato: uno sulla storia dell’arte e l’altro sulla letteratura francese. In realtà parlano benissimo l’italiano, sono integrati molto bene, e questa osmosi arricchisce tutti i residenti che s’incontrano ogni sera nelle cucine, nelle sale comuni, nella sala computer o in biblioteca.

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017