Mamma li curdi

Evoca antiche paure questo popolo sconosciuto che sta invadendo l’Europa, i cui diritti alla sopravvivenza e all’identità sono negati dai paesi nei quali le vicende storiche li hanno confinati a vivere.
06 Febbraio 1998 | di

L'Europa ha negato l'ingresso nell'Unione alla Turchia. Il governo di Ankara aveva deposto la sua domanda di ammissione fin dal 1987. Intanto altri paesi europei sono entrati e stanno entrando nell'Unione, malgrado la loro domanda sia successiva a quella turca. Il colosso turco, con i suoi 62 milioni di abitanti, è rimasto umiliato. I governanti turchi hanno definito aspramente l'Unione come un 'club cristiano'. Al contrario, gli europei, in particolare i tedeschi, hanno spiegato il rifiuto con l'assenza di incisive riforme economiche e democratiche e con la mancanza del pieno rispetto dei diritti umani. Resta la domanda: la Turchia è un paese europeo? La realtà  è quella di un paese in bilico tra Europa e mondo islamico.

Ma la Turchia moderna è nata come un paese a vocazione europea. La volle come uno stato laico e tutto turco proprio il fondatore della repubblica, Kemal Ataturk, sulle ceneri dell'impero musulmano e multirazziale. Egli ridusse il ruolo pubblico dell'islam, introdusse l'alfabeto romano al posto di quello arabo e abolì perfino il tradizionale fez. Per lui il futuro della Turchia era a Occidente. Durante la guerra fredda, la Turchia, membro della Nato, è stata il bastione occidentale sulla frontiera dell'impero sovietico. Anche durante la guerra del Golfo è stato a fianco degli Stati Uniti. I militari turchi sono decisivi nella vita turca: vigilano sulla fedeltà  occidentale e la laicità  del paese, forti di un esercito di più di 600 mila uomini.

Ma qualcosa di profondo si ribella alla vocazione occidentale della Turchia. Il futuro sta a Oriente: particolarmente nell'islam. La religione è tornata a far da protagonista nella vita pubblica. Il partito islamico, Refah, ha avuto la maggioranza relativa alle elezioni ed espresso il primo governo a guida islamica. Ora - anche per la pressione dei militari - quel governo è stato rovesciato; ma il movimento islamico resta forte e protesta contro l'occidentalizzazione del paese. Su questa incerta situazione vigilano le forze armate, per cui la Turchia spende il 5,5 per cento del suo Pil (Prodotto interno lordo) a fronte del 2,8 per l'istruzione. Il 17,7 per cento della popolazione turca, infatti, è ancora analfabeta.

Le forze armate non vigilano solo sul rischio che la Turchia inclini troppo verso l'islam. Combattono anche una guerra. C'è un'altra ribellione alla Turchia di Ataturk: i curdi contestano una nazione esclusivamente turca e chiedono autonomia per la loro lingua e cultura. Secondo stime attendibili i curdi sono almeno 12 milioni in Turchia. Per Ankara, fin dai tempi di Ataturk, non ci sono curdi in Turchia, e questi non sono altro che turchi della montagna. I ribelli curdi del Pkk combattono l'esercito. Tra il 1984 e il 1996 ci sono stati oltre 20 mila morti. La popolazione curda è presa in una terribile morsa tra esercito e ribelli; così lascia le proprie terre.

La Turchia è da sempre il grande nemico di ogni rivendicazione curda. Ma il Kurdistan non è solo in Turchia: 4 milioni di curdi vivono in Iraq e più di 5 milioni in Iran. Anche in questi paesi non hanno una vita facile. Questo popolo, nonostante la sua lingua e cultura, non ha mai avuto una patria indipendente. Per sottrarre i curdi alla repressione di Saddam Hussein, le Nazioni Unite hanno creato una zona di rispetto nell'Iraq del Nord. Purtroppo questo Kurdistan irakeno è stato funestato dalla lotta tribale tra fazioni curde, in parte manovrate da Iran e Iraq. Nel maggio 1997, 50 mila soldati turchi sono entrati in questa regione, per combattere il Pkk, lasciando 2.500 morti sul terreno. La Turchia - così sembra - non accetterà  mai l'autonomia dei curdi.

Tra i curdi si trovano anche alcuni cristiani (caldei e assiri), resti di un'antica comunità  da sempre vissuta nelle montagne del Kurdistan. Spesso questi cristiani sono vittime anche della violenza delle tribù curde, in una logica terribile in cui il più forte schiaccia il più debole. Ho visitato le regioni curde della Turchia. Ricordo le chiese del Tur Abdin, una terra ancora in parte cristiana negli anni Ottanta: gli ultimi fedeli pregavano nelle caratteristiche chiese, in cui gli uomini sono divisi dalle donne con una grata. Allora già  arrivavano profughi cristiani dall'Iraq. Ne incontrai alcuni: tra di loro c'era qualche curdo. Fuggivano la guerra di Saddam Hussein contro l'Iran. Rivedendo le immagini dei curdi approdati in Italia, ho ripensato a quei profughi, pronti a rischiare tutto pur di andarsene via da quella terra. Oggi i curdi fuggono nuove guerre. Soprattutto non credono più di avere un futuro in quella parte del mondo.

Di fronte al Medio Oriente tanto inquieto, la Turchia moderna sembra uno stato solido. Ma non è così. Il movimento islamico, la rivolta curda, la violenza politica (4 mila morti tra il 1991 e il 1995), la censura, la corruzione, mostrano un paese che va stretto nei panni della democrazia occidentale e laica. Lo dicono i funzionari di Bruxelles, secondo cui la Turchia non è matura per l'Europa. Ma i turchi hanno ragione sul fatto che gli europei non hanno detto il loro problema maggiore: la Turchia non è fatta per l'Unione a causa dell'islam. È un paese in bilico tra due mondi. Che farà  la Turchia?

Il futuro non è però islamico. Non lo vogliono i militari, né gli ambienti economici, né gli intellettuali. Il commercio estero della Turchia è rivolto per il 51,3 per cento all'Unione europea, per il 16,4 per cento all'Est Europa, mentre solo il 12,1 per cento va verso il Medio Oriente. Questo è un orientamento chiaro. Ma il futuro turco non è solo quello di un paese laico ed esclusivamente turco. Sono panni che vanno stretti alla Turchia moderna. La Turchia è un paese in bilico. La responsabilità  dell'Europa è assicurare che non scivoli. Alcuni problemi della Turchia sono gravi e l'Unione europea ha ragione a contestarli; ma perché chiudere la porta drasticamente? Siamo sicuri che un paese musulmano, come la Turchia, non possa essere integrato nella cultura europea, mentre è già  nella Nato? Non ci sono risposte facili e preconfezionate. La Turchia appartiene anche al mondo occidentale: questo non può essere negato. È un'appartenenza da sviluppare, perché questo grande paese non deve essere spinto in uno stato d'instabilità . Abbiamo bisogno di collaborare con i turchi. Il rapporto tra Europa e Turchia resta fondamentale per il nostro Mediterraneo, un mare stretto in cui tutto si comunica rapidamente. Infatti i profughi curdi sono sulle coste italiane...

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017