Marcos, come Zorro
In America latina si stanno spegnendo le vecchie guerriglie di stampo marxista-leninista. In Salvador nel 1992, dopo dodici anni di scontri che hanno fatto settantacinquemila morti, la guerriglia è rientrata nella società civile e si sono svolte libere elezioni. Quest`anno speriamo sia la volta del Guatemala, che conta la più vecchia guerriglia del continente, attiva dal 1962. Tutte queste guerriglie sono state provocate da dittature militari e autoritarie e dalle ingiustizie sociali che colpiscono le popolazioni indigene e contadine. Ma si ispiravano a modelli marxisti-leninisti altrettanto autoritari.
Mentre la vecchia guerriglia (fortunatamente) deperisce, una nuova guerriglia è sorta nel Chiapas, nel Sud del Messico. Il 1o gennaio 1994 è insorto l`Ezln (Esercito zapatista di liberazione nazionale) formato da indigeni tzotzil, tzeltal, tojolabal, chol. Hanno dichiarato che preferiscono morire con le armi che di malattie.
Il Chiapas è lo stato più a Sud della federazione messicana, con grandi ricchezze e anche grande povertà . Produce più di metà dell`energia elettrica dell`intero Messico, ha forti riserve di petrolio, coltiva caffè, cacao, canna da zucchero nelle piantagioni moderne; ma gli indigeni, tutti discendenti dai maya e dalla loro antica civiltà , sopravvivono ` quando ci riescono ` con coltivazioni marginali di mais e fagioli: quindicimila di loro muoiono ogni anno per infezioni intestinali o respiratorie, che sarebbero facilmente curabili. Questo spiega l`esplosione insurrezionale.
La guerriglia è però durata solo dodici giorni, con duecento morti. Dopo sono iniziate le trattative con il governo, che ancora continuano. Mediatore è il vescovo di San Cristobal de Las Casas, don Samuel Ruiz. Uno di quei vescovi cattolici che sono veramente «padri» ` «tatic», in lingua tzotzil ` per il loro popolo. Nel 1974 promosse il «primo congresso indigenista», dal quale le varie comunità indios iniziarono a prendere coscienza delle loro radici e dei loro diritti.
La nuova guerriglia si distingue dalla vecchia per molti aspetti: ha rinunciato all`ideologia marxista-leninista (pur professata all`inizio da alcuni intellettuali arrivati in Chiapas da Città del Messico), non si propone di conquistare il potere, dichiara sin da ora di voler deporre le armi appena avrà strappato, col negoziato, conquiste per le comunità indigene e per la democrazia nel paese.
La nuova guerriglia ha trovato un capo carismatico in Marcos, un intellettuale arrivato in Chiapas dodici anni fa e che, vivendo nella selva in mezzo agli indios, ha imparato a dar voce letteraria, oltre che politica, non solo alle loro richieste ma anche alla loro antica cultura. Marcos è, poi, un «genio» dei media, che sa utilizzare con molta efficacia, avendo compreso che nel «villaggio globale» in cui viviamo, servono a far vincere una battaglia meglio delle armi. Porta, come gli altri guerriglieri, un passamontagna sul volto, anche se il governo messicano afferma di averlo identificato e ha indicato il suo vero nome. Marcos ribatte che il passamontagna è il simbolo di tutti coloro che non hanno volto, i diseredati della terra, e che ciascuno di noi può «diventare Marcos» guardandosi nello specchio. Ricordate Zorro, il giustiziere mascherato di una serie fortunata di film? Ebbene, Marcos è una sorta di Zorro non dell`immaginazione, ma della realtà .
Questa estate, dal 27 luglio al 3 agosto, gli zapatisti ` così si chiamano i guerriglieri del Chiapas, da Emiliano Zapata, con Pacho Villa l`eroe della rivoluzione del 1910 ` hanno convocato in più luoghi della selva che controllano un «incontro intercontinentale ` talvolta definito, con iperbole autoironica, anche intergalattico ` per l`umanità e contro il neoliberalismo». E nonostante i disagi e le difficoltà , li hanno raggiunti tremila persone da tutto il mondo, fra cui anche chi scrive questo articolo. Ma le trattative di pace stanno andando male, perché il governo ` forte di un esercito moderno e dell`appoggio degli Stati Uniti ` si è irrigidito. C`è anche il rischio che tenti di annientare lo stato maggiore zapatista con un colpo di mano.