Melania, figlia di tossici

Per non perderla, i genitori hanno deciso di chiudere con la droga. Ora la piccola vive in comunità con loro, in una situazione non adeguata alla sua giovanissima età. È una soluzione giusta?
12 Aprile 1998 | di

La famiglia è uno spazio di condivisione, di comunione, di scambio. Che cosa può e deve mettere in comune la famiglia? L'affetto, le risorse, la capacità  di aiuto.

La famiglia è un luogo speciale, paragonabile a nessun altro per la profondità  e l'intensità  di ciò che viene offerto, acquistato, donato e accolto. La madre sostiene e raccoglie nelle necessità ; il padre impegna ogni sua energia per l'andamento della famiglia; i figli rispondono alle attenzioni dei genitori e ne diventano l'orgoglio e la ragione di vita. I componenti la famiglia mettono in comune bisogni, emozioni e attesa che ciascuno esprime nei confronti dell'altro.

La mamma si identifica col suo bambino, si immedesima nelle necessità  del suo piccolo, con la sua sensibilità  ne intuisce il bisogno di cure e protezione, e risponde sollecita, coltivando così in lui una fiduciosa attesa negli adulti che gli stanno accanto. La risposta di una madre è nutrire, coprire di calore e tenerezza il suo bambino, comunicargli con gesti e parole la profondità  dell'affetto.

Il marito intreccia uno scambio affettivo con la moglie: l'ascolta, si dispone a mettersi dalla sua parte, si sforza di cogliere i vissuti alternanti di gioia, tristezza, allegria, solitudine, speranza... Non li giudica, ma li accoglie e intuisce che l'accoglienza ha il potere di unire, trasformare, rendere nuove le cose, cementare quell'unione che da 'io e te' diventa 'noi'.

Ogni componente la famiglia intreccia e svolge la propria storia in una fitta rete di scambi con ciascuno degli altri. Il dare e l'avere, colorati dal calore affettivo, spesso si confondono e condensano.

Fonte di ricchezza, dunque, la famiglia. Ma anche delicatissimo organismo sempre a rischio di errori nella fragile trama che la rete di intrecci propone. La rete di comunicazioni e di scambi che tiene unita la famiglia, dove la moglie tende le mani al marito stanco, dove il bambino si accorge che la mamma è triste e le fa una carezza, può anche cedere, sfilacciarsi e smagliarsi, quando la comunicazione tra i componenti si chiude, o si fa violenta e aggressiva, o il piano dei bisogni maturi dell'adulto si confonde con quello dei bisogni in crescita del bambino.

Se è vero che la famiglia è il luogo degli scambi dei bisogni, è pur vero che sugli scambi si deve sempre vigilare per non cadere nell'imbroglio. L'imbroglio affettivo è la faccenda più grave e complicata in cui possa incappare un bambino, ed è più frequente di quanto non si pensi. Accade, per esempio, quando in famiglia le parti si invertono: i bambini proteggono i genitori, gli adulti chiedono ai bambini di essere protetti.

La storia di Melania delinea per l'appunto il percorso di un bambino costretto a essere la risorsa dei suoi genitori. Melania ha cinque anni e ha vissuto saltuariamente con i genitori. Quando è nata, essi tossicodipendenti, vivevano un'esistenza piena di problemi; tra mille difficoltà  ed espedienti. Melania non riceveva né cure né protezione sufficienti. È stata allontanata e affidata ai nonni. Per questo motivo, per Melania - come hanno più volte ripetuto - i genitori sono entrati in una comunità  di recupero e hanno iniziato entrambi, per vie parallele, un cammino di ripresa, con alterne vicende.

Due anni fa, le loro condizioni sono state giudicate compatibili con l'allevamento di Melania e la piccola è stata accolta nella stessa comunità . Ha, dunque, ripreso i contatti con i propri genitori. In realtà , è stato per lei come se prima non li avesse mai conosciuti. Non è stato facile per Melania abituarsi alla nuova vita; trascorre la maggior parte del tempo, mangia e dorme, con altri bambini nelle sue stesse condizioni, vede la madre e il padre separatamente, in orari rigorosamente definiti. La mamma la accudisce solo quando si sveglia e al momento di andare a letto: nessuno dei due genitori è recepito dalla bambina come un adulto che ha su di lei la responsabilità . Il padre e la madre non possono e non sanno dimostrarle sufficienti competenze di genitori e la loro capacità  di stare con la bambina si limita ad alcuni brevi scambi.

È chiaro che il contesto in cui vive Melania non è adeguato. Il suo bisogno di sperimentare di appartenere a una famiglia, è circoscritto ad alcuni momenti; il suo bisogno di sperimentare una continuità  di rapporto con figure educative significative, è costantemente pregiudicato dalle continue separazioni dai genitori, che non sente come i responsabili diretti della sua esistenza e non percepisce, quindi, come figure protettive.

Melania è la motivazione attraverso la quale si cerca di far proseguire il programma di recupero ai genitori. Melania è l'unico elemento di congiunzione e mediazione della coppia (alla quale, in questo periodo del percorso di recupero, non è consentito avere spazi propri di intimità ). Per i genitori di Melania è previsto un percorso ancora molto lungo, fatto di anni.

Ci si può allora chiedere: è lecito mantenere consapevolmente un bambino in condizioni di non adeguatezza? È lecito chiedere a un bambino di costituire la motivazione al recupero dei genitori? E se questo non accadesse, che cosa potrebbe pensare Melania?

Ancora, è lecito chiedere a un bambino di assumersi la responsabilità  di unire la coppia? E se questa coppia poi non tenesse, quale potrà  essere il vissuto del bambino? Infine: è lecito chiedere a un bambino di proteggere i suoi genitori, anche quando è presumibile che la spettanza di vita dei genitori sia purtroppo limitata a poco tempo?

Rispondere di sì significa, peraltro, essere immersi nell'adultocentrismo; non essere, cioè, in grado di distinguere tra interessi degli adulti e diritti sacrosanti dei bambini.

Centri contro il maltrattamento

Il Cbm, Centro per il bambino maltrattato e la cura della crisi familiare, è una società  cooperativa di solidarietà  'senza fini di lucro', fondata a Milano nel 1984, che ha come scopo la prevenzione e la cura nelle situazioni di pregiudizio (maltrattamento fisico, grave trascuratezza, abuso sessuale, violenza assistita) di bambini all'interno delle famiglie.

Il Centro è gestito da operatori (assistenti sociali, educatori, pedagogisti, psicologi, psicoterapeuti, neuropsichiatri infantili, pediatri) che formano un'équipe specializzata con esperienza pluriennale nella prese in carico e cura delle famiglie maltrattanti.

Il lavoro del Cbm si colloca all'interno del Movimento internazionale per la protezione all'infanzia ed è organizzato in più unità  operative: comunità  di accoglienza per minori, équipe psicosociale per la valutazione familiare e il maltrattamento del minore e della famiglia, unità  per la ricerca e la cura sull'abuso sessuale, linea telefonica per segnalare le situazioni di maltrattamento, consulenza sui casi di maltrattamento.

Anche a Mestre un 'Centro anti-abusi'

Un Centro anti-abusi (Caa) a tutela dei bambini è stato aperto di recente a Mestre, diretto dalla psicologa Maria Teresa Pedrocco Biancardi. È stato inaugurato anche il Centro di consulenza familiare guidato da un'équipe di psicologi legali, assistenti sociali, medici e operatori sanitari.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017