Meno televisione per stare più insieme
«Alla fine della discussione abbiamo concluso che la Tv è una grande invenzione, capace di 'annullare' lo spazio ma anche di condizionare la nostra vita e influenzarla negativamente; è giusto imparare a servirsene». Era appunto quello che, lo scorso anno scolastico, hanno voluto far capire gli insegnanti della scuola media «Giovanni XXIII» di Fara San Martino, Chieti, invitando i ragazzi, ma anche i genitori, a rispondere a un questionario che serviva come punto di partenza per riflettere su un problema certamente urgente.
La televisione, che troneggia nelle nostre case anche in duplice, triplice esemplare, è un mezzo ricco di straordinarie potenzialità ; ma è pure ambiguo, perché da esso ci piove addosso di tutto: dalla più becera volgarità alle più delicate e caste suggestioni. Essa può informare, istruire, sollecitare al rispetto di sè e degli altri ma anche smorzare la fantasia, appiattire il cervello, imbarbarire i costumi. Dipende dall'uso che se ne fa: se intelligente o suinamente supino. Vale per chiunque, soprattutto per bambini e ragazzi, ai quali il tempo non ha fornito ancora la capacità critica e l'esperienza per giudicare e scegliere.
È giusto allora che scuola e genitori gridino «al lupo», meglio ancora se si accordano per fornire alcune istruzioni per l'uso che poi, assieme ai ragazzi, cercheranno di rispettare per maturare insieme. Nella scuola media di Fara San Martino, piccolo ma industrioso paese alla falde della Maiella (circa 1800 abitanti), ci stanno provando: con un questionario, al quale hanno risposto 129 alunni e 108 genitori, e con una serie di riflessioni in parte già avvenute e in parte in corso.
Partiamo dal questionario. I dati, pur fotografando situazioni già note, offrono un quadro non del tutto scontato, come si vedrà . Comunque, essi ci parlano di ragazzini lasciati un po' troppi soli (il 51 per cento dei genitori lavorano entrambi), che hanno una certa difficoltà a dialogare in famiglia (solo il 17 per cento parla con papà o mamma di quello che vede in Tv), e alle prese con uno strumento che li affascina, del quale percepiscono i limiti e i pericoli, senza potersi difendere.
Sorprende il numero dei televisori posseduti: il 36,4 per cento delle famiglie ne ha due, tre il 37,2 e quattro il 15,6 per cento. Il 73,6 su cento è provvisto anche di videoregistratore. I ragazzi vedono la televisione per lo pù da soli (45 per cento) e nella prima serata (72,1 per cento); tra i programmi preferiti collocano al primo posto film e telefilm, seguiti da documentari e avvenimenti sportivi. Solo al quinto posto i cartoni animati.
Il motivo che li spinge ad accendere il televisore? «Per passare il tempo», rispondono i più (41 per cento). Vorrebbero però programmi che affrontassero i problemi della loro età . E in generale ritengono che quanto vedono potrebbe essere soprattuto utile per la vita (39,6 per cento) e per la formazione professionale.
Sono sensibili ai consigli dei genitori sui programmi da vedere (il 56 per cento), meno a quelli degli insegnanti (solo il 38 per cento). I più ritengono che i modelli proposti dalla televisione li possano influenzare nel modo di vestire, negli acquisti, nei gusti, ma non nel parlare (ne è convinto il 54,3 per cento), nella formazione delle opinioni (lo confema il 58,1 per cento) e in generale nel loro comportamento (lo dice il 65,1 per cento). Il 57 per cento, poi, è convinto che tali modelli proposti dalla televisione siano positivi.
Se incappano in programmi che contrastano con quanto insegnato a scuola o in famiglia (ed è successo al 62,8 per cento degli alunni), che fanno? Grande incertezza: la «torta» è divisa quasi equamente tra quanti spengono subito, ne parlano con gli educatori, confrontano con altre fonti o non fanno nulla.
Pollice decisamente verso nei confronti della pubblicità , che giudicano non utile e poco onesta (addirittura l'89,9 per cento è d'accordo), ma solo spettacolare. Altrettanta sicurezza manifestano nel rispondere sì (87,6 per cento) alla domanda se pensano che i programmi televisivi siano influenzati da ideologie, partiti politici, interressi economici...
Tra le varie reti, poi, preferiscono quelle private (69 per cento), ritenute dal 62 per cento degli intervistati qualitativamente migliori della Rai.
Giusta l'idea di curiosare anche sugli interessi televisivi dei genitori e confrontarli con quelli dei figli. Quello che pensa, vuole o fa la famiglia, di rado viene tenuto in conto nel mondo della scuola. Il che è un controsenso. Anche i genitori (il 52,8 per cento sono diplomati, l'1,8 per cento laureati) stanno per ore al giorno davanti al piccolo schermo, lo fanno per lo più la sera e in famiglia; il 75,9 per cento lo fa per informarsi. Contrariamente ai figli, preferiscono la Rai (57,4 per cento), perché ha programmi migliori. Tra i programmi preferiti al primo posto il telegiornale, seguito da film, documentari, sport, varietà ...
Se il parere degli alunni e dei genitori contasse, la pubblicità dovrebbe chiudere i battenti, visto che, come i figli, anche i genitori non hanno usato mezze misure, giudicandola non utile (50 per cento, contro un 44,5 di parere contrario e un 4,6 di astenuti) e poco onesta (63,9 per cento). Con picchi superiori all'80 per cento, i genitori concordano nel dire che i programmi televisivi sono infarciti di violenza, pornografia, umorismo sciocco e si esprimono con linguaggio volgare. Sono d'accordo sull'opportunità di una legge che ponga un freno al pessimo gusto; e sono d'accordo nel costatare che la televisione ha contribuito a isolare all'interno della famiglia, e che qualche ora in meno di trasmissione o una diminuzione di canali potrebbero consentire di recuperare il dialogo.
Questi, in sintesi, i dati. Su di essi insegnanti e alunni hanno fatto le loro belle riflessioni. «Ne è uscito un buon dibattito - conferma il professor Verna, coordinatore dell'inchiesta - che ha consentito ai ragazzi di tirare alcune conclusioni. Tant'è vero che più di uno ci ha poi confessato: 'Un tempo guardavo la Tv a testa bassa, senza pensarci. Adesso ci penso sù; e affiora anche il problema morale». Ecco alcune conclusioni tirate dai ragazzi.
La prima è che la Tv crea solitudine. E così argomentano: se in ogni famiglia ci sono due, tre o anche cinque televisori, vuol dire che ognuno si isola per guardarsi in pace il programma preferito, riducendo al lumicino le occasioni per stare insieme e parlarsi; ma anche queste si esauriscono quando la stanchezza dei genitori, ambedue al lavoro, sconsiglia ogni approccio. «Hanno sempre troppo da fare», e così preferiscono parlare con gli amici di quello che vedono in Tv.
Una solitudine che inquieta - aggiugiamo noi - se il bambino o il ragazzo rimane solo per ore, incollato al video a sorbirsi programmi scemi o scabrosi, che richiederebbero la presenza di un genitore per chiarire, aiutare a capire... O spegnere, anche se, in fase di dibattito, qualche quattordicenne rivendica alla sua età la maturità di guardarsi la Tv anche da solo.
Seconda conclusione: la Tv crea ignoranza. E i ragazzi spiegano: «Questa affermazione può sembrare assurda dal momento che proprio la Tv ci 'bombarda' quotidianamente con mille informazioni. Ma riflettendo ci siamo resi conto che l'informazione non è conoscenza: 'conoscere' significa comprendere, riflettere, giudicare e rielaborare; e questo non tutti i ragazzi, lasciati soli davanti alla Tv, sono in grado di farlo, perché immagazzinano sì informazioni, ma in modo passivo».
La terza: la televisione mortifica la fantasia perché ti offre tutto già confezionato, basta guardare; non ti consente una pausa per riflettere, non ti dà l'opportunità di immaginare: occasioni che invece si hanno in abbondanza leggendo un libro.
Perché - si chiedono i ragazzi - al vertice delle preferenze sono stati posti i film? Perché le situazioni in esse descritte - ha giustificato qualcuno di loro - paiono più reali e portano più facilmente a indentificarsi con i personaggi e a viverne i problemi come fossero i nostri. «Poi, ragionando con i professori - raccontano - abbiamo capito che mentre l'adulto ha esperienze di vita con cui confrontare il messaggio trasmesso e può assumere un atteggiamento critico, non altrrettanto siamo in grado di fare noi; soprattutto i più piccoli, che spesso guardano tutto quello che viene trasmesso, un programma dietro l'altro, pubblicità inclusa, cedendo alla tentazione del facile divertimento e finendo con il confodere la finzione con la realtà , con conseguenze a volte drammatiche».
Una via d'uscita? I ragazzi la suggeriscono: fare un uso moderato e intelligente della Tv, aiutati da insegnanti e genitori; cercare occasioni diverse di svago, riscoprendo il piacere della lettura; guardare la Tv in famiglia, ma tutti insieme «per poter confrontare le nostre reazioni con quelle di persone più grandi e più mature, che possono aiutarci a comprendere e a recepire meglio quello che vediamo».
E i genitori - abbiamo chiesto al professor Verna - non sono intervenuti a riflettere sulle loro risposte? Sarà materia di dialogo nell'anno in corso. Il discorso sulla Tv, ovviamente, deve continuare, deve diventare nella scuola e in famiglia educazione permanente. Voi che ne pensate?