Mentre stiamo morendo cominciamo a danzare la vita
Tredici giugno. Festa di sant'Antonio di Padova. Una grande festa, animata, colorata, vociante, piena di vita. Non sembra proprio di ricordare il giorno della morte di una persona.
Migliaia di persone che vengono da ogni dove, e per incontrarsi con chi? Con un morto? Poveri noi! Non ne varrebbe davvero la pena, per quanto famoso sia il cadavere in questione. Ma perché, allora, il giorno della morte di un santo diviene per la Chiesa il dies natalis, il giorno della sua seconda nascita, il giorno che, come dire?, porta davvero a compimento, conclude quella nascita iniziata tanti anni prima?
Non è che tante persone che si accostano alla tomba di Antonio o partecipano alla sua famosa processione siano in realtà guardoni, alla disperata ricerca di uno spiraglio, un pertugio che gli permetta di vedere oltre la porta assurdamente chiusa e sprangata della morte?
Una porta: curiosità e paura
Una porta. Di solito serve a separare due spazi diversi tra loro e tenerli rigorosamente distinti. Per esempio, nel salotto di casa ci posso entrare, ma di fronte alla porta dello studio di papà mi devo fermare.
Una porta. Soprattutto per farmi venire la voglia di aprirla, ma anche la paura: cosa ci sta dietro? Curiosità e fifa... sto più al sicuro di qua... lasciamola ben chiusa... non pensiamoci... eppure mi attira...
Una porta che si spalanca sull'ignoto: la mia vita si arresta tante volte di fronte a delle porte chiuse, a delle situazioni spente, quando ho la netta sensazione di non poter più andar oltre, e infine si fermerà per sempre di fronte all'ultima porta, la morte.
Apro o non apro? È quasi una sfida, con me stesso o, forse, con qualcun altro. Forse, a volte, anche un'affermazione, di me, della mia libertà di scelta.
Senz'altro, in alcuni casi, una fuga: dai problemi, dalle responsabilità ,spegnendo semplicemente la luce per non vederli. Quasi una magia, il tempo di un battito di palpebre...
Comunque un mistero, fascinoso e allo stesso tempo terribile!
E anche noi, come i semi che durante l'inverno giacciono sotto la terra, sepolti dalla neve, sogniamo la primavera. Perché Gesù Cristo è risorto, ha aperto una buona volta questa porta, è andato di là e poi è ritornato indietro, per prenderci per mano e attraversarla insieme verso la luce e la vita. E perciò c'è ora uno spiraglio di questa porta che ci permette di sbirciare al di là e di intrufolarci dentro, una porta che ormai non separa più ma unisce, che ci introduce non in qualcosa di meno, ma in qualcosa di più.
Le nostre giuste lacrime, allora, che piangiamo alla partenza di qualche persona cara, non sono altro che preziosa acqua per far crescere il seme. E ai nostri cari defunti portiamo fiori, come il fidanzato alla fidanzata o il bambino alla mamma, perché anche se ci rattrista la loro assenza, li sentiamo misteriosamente vivi accanto a noi.
E quando la terra chiederà il nostro corpo, allora inizieremo davvero a danzare la nostra vita.
Volete conoscere, cari amici, il segreto della morte?
Cercatelo lì dove essa si annida: nel cuore della vita! Come hanno fatto Francesco d'Assisi e Antonio di Padova, che per questo hanno potuto andare incontro a sorella morte cantando.