Napoli: terra di fede aperta al dialogo

Il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo della città partenopea, incontrato nel corso di una recente visita a New York, fa il punto su esperienza migratoria, Chiesa di Napoli e del Mezzogiorno.
21 Marzo 2014 | di
Msa. Eminenza, Napoli accoglie migliaia di migranti da ogni parte del pianeta. Quali sono i programmi della Chiesa di Napoli per favorire una loro integrazione in un tessuto sociale difficile?
Sepe. Nel Piano pastorale, pluriennale e annuale dell’Arcidiocesi, un posto di particolare evidenza e impegno viene riservato alla Pastorale per i Migrantes. Ai gruppi etnici più numerosi abbiamo anche destinato chiese di nostra proprietà, nelle quali i fedeli immigrati si ritrovano per le proprie celebrazioni religiose, mentre abbiamo affidato al delegato diocesano Migrantes, come simbolo e riferimento per tutte le comunità etniche presenti a Napoli, la storica chiesa Santa Maria di Portosalvo, che si trova a ridosso del porto. C’è una costante attività di rapporti, di ascolto e di formazione religiosa, ma anche di iniziazione cristiana e di evangelizzazione, per cui va crescendo tra i migranti il numero dei cattolici grazie a nuovi battezzati e nuovi cresimati. Questo permette una frequente partecipazione alla vita e alle celebrazioni diocesane, grazie anche alla sinergia tra l’Ufficio Migrantes, l’Ufficio Turismo e Tempo Libero, la Caritas, che favorisce sensibilmente il processo d’integrazione nella comunità napoletana, che peraltro storicamente è sempre stata aperta e sempre pronta all’accoglienza. Nessun problema di intolleranza o di razzismo, dunque, viene registrato a Napoli, ma una diffusa forma di rispetto e di accettazione dell’altro, come appartenente alla stessa comunità umana.

Che cosa può imparare, un cittadino napoletano, dal confronto con l’esperienza di tanti migranti presenti in città?
Convivere e interagire con i migranti determina certamente un reciproco arricchimento culturale e umano. Si impara a conoscere nuove razze e, quindi, storie, costumi, tradizioni e lingue di altri popoli e Paesi del mondo. Lo constatiamo, in particolare, nella solenne celebrazione della «Festa dei Popoli», in occasione dell’Epifania, alla quale partecipano rappresentanti di tutte le nazionalità presenti a Napoli, o negli incontri con i migranti, in occasione delle rispettive feste nazionali. Questo porta al superamento di ogni pregiudizio o preconcetto, la qual cosa agevola molto l’inserimento sociale dell’immigrato, indotto a imparare e a rispettare le leggi vigenti nel Paese ospitante. Non va sottovalutato, poi, l’apporto che deriva alla nostra economia dalle comunità straniere, per le genialità e le capacità che molti sanno esprimere, ma anche per la loro duttilità che li rende disponibili a ogni possibile lavoro e soprattutto a quei lavori che fin troppo spesso i nostri concittadini rifiutano.

Qual è lo stato del dialogo interreligioso a Napoli?
Proprio per la richiamata apertura e per la cordialità dei napoletani, che affondano la propria radice in convincimenti culturali ed esperienze storiche, viene praticato un sereno, efficace e rispettoso dialogo interreligioso, che ha trovato, sempre ma soprattutto in questi ultimi anni, tante verifiche non solo in convegni ma anche in manifestazioni comuni. Un momento esaltante in tale senso si è avuto nell’ottobre del 2007, allorquando, per iniziativa congiunta della Comunità di Sant’Egidio e dell’Arcidiocesi, si riunirono a Napoli i massimi rappresentanti di tutte le fedi e le religioni del mondo per parlare di pace e costruire la pace. Tale storico evento ha lasciato un segno indelebile nella storia dei rapporti interreligiosi e nella storia di Napoli, chiamata città della pace per la sua vocazione, antica e odierna, ma anche per la posizione geografica che la vede affacciata al Bacino del Mediterraneo e particolarmente sensibile, quindi, alle culture di tutti i popoli del Mediterraneo. Su questa strada stiamo lavorando intensamente e quanto prima pensiamo di mettere in piedi un’iniziativa strutturata e permanente, per avere un confronto costante e un percorso fecondo.

Ci sono ancora speranza e fede nelle aree devastate dall’inquinamento ambientale e dalla criminalità organizzata? Che cosa può fare la Chiesa di Napoli per queste zone?
Posso dire che quanto più si avvertono i limiti e i grandi mali della società tanto più crescono la speranza e la fede nel divino, visto come riferimento che non tradisce e tale da infondere conforto, sostegno e sicurezza. È questo un sentimento molto diffuso nelle popolazioni delle aree colpite da gravi problemi ambientali e delinquenziali, che vedono nella Chiesa un interlocutore autorevole e affidabile, capace di ascoltare e fare proprio il grido di sofferenza e di dolore che viene dalla comunità e in grado di smuovere le coscienze. Un rapporto di fiducia che è testimoniato dalla presenza costante e dall’impegno deciso della Chiesa nella lotta forte alla criminalità e alla violenza, nonché nella condivisione piena dei drammi, delle preoccupazioni e delle attese di molte famiglie.

La Chiesa di Napoli rappresenta un’istituzione di riferimento per un riscatto sociale ed economico del Mezzogiorno. Quali sono i valori che lei pone al centro del suo messaggio pastorale per il Mezzogiorno?
Resta centrale nel messaggio pastorale l’amore verso Dio e verso i fratelli, per cui riferimenti fondamentali sono gli insegnamenti del Vangelo e il valore dell’essere umano, con la sua dignità e i suoi diritti, a partire dal diritto alla vita e con esso il diritto al lavoro e alla salute. Sono questi i valori che guidano l’azione missionaria e salvifica della Chiesa, non solo nel Mezzogiorno dove certamente però si richiede un’azione più specifica per la radicata tradizione religiosa delle popolazioni, nonché per le antiche precarietà sociali.

Eminenza, lei rappresenta un riferimento per tanti campani nel mondo (cattolici e laici). Quale messaggio intende rivolgere loro?
Il messaggio di cui mi sono fatto portatore quando sono venuto a New York: non dimenticare e non tradire mai l’amore ricevuto da Cristo, che si è fatto uomo e si è fatto crocifiggere per la salvezza del mondo; testimoniare sempre e in ogni modo la profonda fede e le notevoli capacità dei campani e della gente del Sud, che ovunque si sono distinti.

A New York è stato eletto un sindaco, Bill de Blasio, nipote di emigrati dal Sud Italia. Quali auguri intende rivolgergli?
Al sindaco de Blasio auguro di cuore di fare tanto bene, restando coerente con i propri ideali e ponendosi sempre dalla parte dei più deboli e degli ultimi, nel ricordo delle proprie origini e dei sacrifici fatti dai propri genitori e nonni.

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017