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C ent'anni fa, di questi tempi, mentre ferveva la preparazione al Natale, sui banconi della tipografia del Regio Stabilimento P. Prosperini in Padova si allineavano, tenute insieme da un solido filo di spago, le colonne di piombo, pronte a passare sotto il torchio inchiostrato per imprimere le bozze del primo numero del 'Messaggiero di S. Antonio' che avrebbe visto la luce il primo di gennaio del 1898.
I religiosi che ne stavano curando l'uscita probabilmente se l'auguravano, ma nessuno avrebbe scommesso anche solo un paio di centesimi, che il modesto bollettino, pensato perché facesse conoscere in Italia e, chissà , nel mondo, il ricordo di un santo che aveva saputo incarnare nella propria vita gli ideali evangelici e francescani di amore per Dio e per il prossimo, e che perciò diventasse per i cristiani esempio e stimolo a una vita più adeguata alla fede che a parole professavano... Nessuno, insomma, avrebbe scommesso che quel bollettino avrebbe superato con grande dignità la mitica soglia del secolo.
I religiosi della basilica non fecero eccessivi calcoli, si affidarono alla protezione di sant'Antonio, che tutti anche allora veneravano e invocavano come un grande intercessore di grazie: gettarono il seme, lasciando anche a lui il compito di farlo crescere, di farlo diventare pianta frondosa e robusta come quel noce, dal quale a Camposampiero aveva annunciato la parola di Dio a centinaia di cristiani attratti dalla sua santità .
La loro fiducia fu premiata. Con il primo coraggioso numero davano il via a una lunga storia, come tutte le lunghe storie segnata da alti e bassi, da slanci e difficoltà , ma sempre sostenuta dal calore della fedeltà dei suoi lettori, divenuti nel tempo milioni, i quali capirono da subito che quel bollettino, nei periodi di maggiori difficoltà ridotto a poche pagine, era più di uno strumento giornalistico, di un mezzo di informazione.
Per loro il 'Messaggiero', e poi 'Messaggero', era un filo rosso di carità e di solidarietà che univa in una grande famiglia, dove l'attenzione era viva per tutti, soprattutto per i più poveri cui sovvenivano con il Pane della carità di san'Antonio. Era un pulpito dal quale il Santo, attraverso le parole dei suoi confratelli, continuava a spronarli nel cammino della perfezione cristiana, a prospettare quei valori che danno un senso alla vita, spesso sfrangiata dalle angustie e dalle infedeltà , che li aiutava a leggere nella trama contorta degli accadimenti il disegno di salvezza di Dio. Era una specie di confessionale nel quale il 'padre direttore' ascoltava e consolava le loro angustie, ricercava soluzione ai loro problemi. Era il luogo che accoglieva preghiere e invocazione al Santo e i segni di riconoscenza, quando i problemi si chiarivano, le angustie si appianavano... Caratteristiche sostanzialmente mantenute ancor oggi, anche se lo spazio degli interessi e degli interventi si è dilatato, conferendo al vetusto bollettino la forma di una moderna rivista.
Cent'anni, dunque. A suo tempo li celebreremo in modo adeguato, gettando uno sguardo anche compiaciuto alla strada percorsa, ma che non durerà più di qualche istante, perché ci interessa anzitutto il cammino da compiere, che speriamo avvenga ancora insieme con voi e con quanti altri riuscirete a portare in seno alla grande Famiglia antoniana: per affrontare uniti le sfide del nuovo millennio, soprattutto quelle di una nuova evangelizzazione e della carità , alle quali risponderemo con maggiore efficacia se agiremo con un cuore rinnovato, come anche il Natale ci insegna a fare.
Natale vuol dire rinascita, cioè volontà sostenuta dalla grazia di convertici ogni giorno, anche dopo la più perfida delle infedeltà . Scriveva sant'Antonio nel Sermone per la Natività del Signore: 'Il bambinello simboleggia il penitente convertito che, dopo essere stato con il cuore gonfio di superbia, altero e borioso nelle parole, tronfio nella sua ricchezza, ora è divenuto nudo e povero per amore di Cristo, non arrossice e neppure si vergogna di denudare se stesso nella confessione'. Tradotto per noi, vuol dire che se non ci convertiamo, se non diventiamo come bambini, sradicando dal cuore la mala pianta dell'egoismo, resterà parola vuota, occasione perduta.
Auguriamo a tutti di vivere il Natale nel modo più giusto assieme a noi: ques'anno e negli anni futuri in una famiglia sempre più vasta, grazie anche alla vostra collaborazione. |