Natale è il farsi presente di Dio
Anche quest'anno, cari amici, Gesù nasce in un mondo tutt'altro che pacificato. Quella pace che gli angeli dalla capanna di Betlemme hanno augurato agli uomini che Dio ama come dono della sua nascita, non ha ancora convertito il cuore di tutti, non è diventata condizione universale di vita e di speranza. Sono innumerevoli i luoghi dove non c'è pace perché sconvolti dalla guerra. O anche perché irretiti in situazioni di estrema povertà e ingiustizia. Pace, infatti, non può essere definita solo come assenza della guerra, ma come opera della giustizia, frutto, cioè, di un ordine impresso da Dio nell'umana società che deve essere attuato dagli uomini che aspirano ardentemente ad una giustizia sempre più perfetta. Lo dice il concilio Vaticano II nella Gaudium et spes. E tra i luoghi più tormentati, poi, c'è proprio la Terra dove nacque Gesù.
Luminarie e alberi addobbati, doni e cenoni difficilmente riusciranno a far dimenticare questa dolente realtà . Un'occasione in più, allora, per trasformare la breve sosta dalla fatica del lavoro in un momento di riflessione e di ricerca per recuperare quello che il Natale deve significare per i cristiani, per viverlo, insieme alla famiglia, nell'intimità , nel calore e nella leggerezza di un cuore desideroso di far pace: anzitutto, con se stessi per poter intessere rapporti davvero pacifici con gli altri. Odio, terrorismi e guerre sono il frutto più nefasto di cuori e di menti che non hanno gustato il sapore della pace, che sono anzitutto in conflitto con se stessi.
Natale, allora, è Gesù che nasce. È il farsi presente di Dio nella storia degli uomini. È il dono della salvezza per tutti. Un evento assolutamente decisivo per l'umanità . Le radici cristiane, di cui tanto si parla, attingono linfa e senso proprio in questo evento. Che ha poi all'origine una cornice di estrema semplicità , di grande povertà e debolezza. Natale è un bimbo, il Figlio di Dio, che nasce dal grembo di una donna, Maria, in una grotta, non avendo i genitori trovato nel loro cammino (si stavano recando da Nazareth a Betlemme per il censimento di Cesare Augusto) un luogo adeguato all'evento. Una grotta per la nascita del Messia è una situazione di certo inattesa e imbarazzante per chi ne sognava l'arrivo in una nube di potenza e di fortezza.
Ma è, questa, un'indicazione precisa che troverà poi una specie di codificazione in quel manualetto per i seguaci di Cristo che è il discorso della Montagna, nel cui preambolo Gesù, spiazzando tutti, proclama beato non il ricco, il forte e potente, chi se la spassa... ma il povero - povero davvero -, il mite, chi ama la pace e persegue la giustizia. E così via. Nulla a che vedere, non tanto con le luci e festa in sé, che fanno da cornice anche piacevole alla memoria di quella nascita, ma con la mentalità che spesso le sottende ed è l'ostentazione e la promozione di un consumo scriteriato e inutile, del piacere ossessivo, del divertimento fine a se stesso, sponde a un assordante vuoto interiore, che crea sconcerto e disperazione.
Per questo auguriamo a tutti un Natale interiormente diverso, che incida, nel suo annuale ripetersi, ogni volta sempre più profondamente nella nostra vita. Scriveva Efrem Siro, un Padre dell'antica Chiesa d'Oriente: Il Natale ritorna ogni anno attraverso i tempi; invecchia con i vecchi e si rinnova con il bambino che è nato; come te (Gesù), esso viene in aiuto degli uomini in pericolo. Il mondo intero, o Signore, ha sete del giorno della tua nascita... Sia dunque anche quest'anno simile a te, porti la pace tra il cielo e la terra. Lo diceva in tempi lontani, che sembrano i nostri, così bisognosi di pace. Chi lo vive così ritrova pace, felicità e il senso della vita. Con l'augurio di ritrovare la pace e riorientare il cammino della nostra vita.