Natale, promessa di salvezza

Cristo incarna la speranza di una vita nuova per tutta l'umanità. Ma il mondo resta diviso tra indifferenza, superstizioni e fanatismo.
23 Novembre 2006 | di

Per noi cristiani, che per definizione siamo uomini della speranza, il tempo dell’Avvento e la celebrazione del Natale sono tra i momenti più significativi dell’anno liturgico. «Con la sua venuta, Cristo ha portato ogni novità», scrive sant’Ireneo; ha riacceso nel cuore dell’uomo la speranza: uno dei doni senza il quale la vita diventa impossibile e, resosi partecipe della storia dell’umanità, ci ha indicato i compiti e le finalità delle nostre scelte di vita. Ogni volta che abbiamo quindi la gioia di preparare e celebrare il Natale, dovremmo sperimentare un rilancio spirituale, la tensione ideale che dall’evento di Betlemme ha sorretto la comunità cristiana in questi due millenni di storia, contrapponendoci a tutto ciò che demotiva, con interessi consumistici, il significato di questa ricorrenza.
Viviamo, infatti, in un contesto in cui è sempre più evidente lo scontro tra due concezioni di vita: la prima, illuminata dal messaggio di un Dio creatore e salvatore, posto come punto di riferimento per le attese e le domande esistenziali della vita; l’altra, invece, chiusa alla trascendenza e gratificata dalle capacità e dalle risorse umane, in atteggiamento di difesa del relativismo morale che permette alla persona la libertà di decidere ciò che è bene o ciò che è male, escludendo ogni riferimento ai valori e ai dettami etici legati al patrimonio delle fedi religiose. Nietzsche aveva lanciato al mondo credente una sfida, che ancora oggi trova accoglienza: «Non credete a quelli che parlano di speranze soprannaturali. Sono avvelenatori, lo sappiano o no, devono andarsene».
Come innestare allora motivi di rilancio morale e spirituale in una società che condivide questa chiusura al soprannaturale? Noi possiamo contrapporre il progetto positivo della storia che con l’incarnazione del Figlio di Dio, l’Emmanuele, è divenuta «storia di salvezza»; e vivere secondo i valori della verità, dell’onestà, del dialogo e dell’accoglienza. Anche se possono essere interpretati come atteggiamenti «d’altri tempi», sono valori che ridonano fiducia alle misteriose risorse della persona umana. In situazioni di incertezza, di paura; quando nella vita di una persona viene a mancare la speranza, se si innesta una visione di fede religiosa, questa non la aliena, né la rende succube di superstizioni o fanatismi; diviene, invece, per lei un valore aggiunto, un’iniezione vitale che le dona la forza di contrapporsi a tutto ciò che è negativo nella sua vita e di aprirsi a un futuro più ricco di progettualità.
Quando, nel novembre del 1989, è crollato il muro di Berlino, speravamo tutti nella cessazione di tante contrapposizioni politiche e ideologiche. Ma l’incredibile attacco dell’11 settembre 2001 alle Torri del World Trade Center di New York, è stato un colpo inferto dal terrorismo a tutto il mondo occidentale: un’incombente minaccia da parte non di un singolo stato, ma di cellule terroristiche che hanno reso difficile e insicura la vita d’intere popolazioni. Lo scenario politico, aggravatosi con le guerre all’Afghanistan e all’Iraq, in questi ultimi mesi ha fatto maggiormente emergere uno «scontro di civiltà», tra l’occidente e una parte del mondo islamico fondamentalista. Uno scontro che ha creato insicurezze, rottura di rapporti e ha limitato libertà personali soprattutto nel settore della mobilità.
Noi sentiamo quanto mai attuale la consegna di Pietro apostolo alla comunità dei primi cristiani: siate «pronti a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi» 1Pt 3,15. È un invito ad innestare speranza in un momento storico che si presenta carico di paure e povero di prospettive. La prima lettera di Pietro è stato il costante punto di riferimento del convegno ecclesiale della Chiesa italiana svoltosi recentemente a Verona, e che ha offerto, a me e agli altri delegati, l’occasione per una profonda esperienza di comunione tra le diverse realtà ecclesiali e un approfondimento della missione della Chiesa nell’attuale contesto sociale, politico e culturale. Il ruolo oggi della Chiesa è di essere testimone dell’insegnamento del «Verbo fatto carne», morto e risorto per la salvezza dell’umanità; di rendere credibile la risposta di Cristo alle domande fondamentali sulla vita e sul futuro della nostra storia, coinvolgendo quanti «toccati da Dio» operano per la difesa della dignità della persona, per la promozione della pace e della riconciliazione tra popoli di culture e di religioni diverse.
A tutti voi, cari lettori e amici del Messaggero di sant’Antonio, l’augurio che la stella del Natale vi guidi e vi solleciti a saper scorgere nella vostra vita la presenza amorevole dell’Emmanuele.

 

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017