NEL DUEMILA, UNA CHIESA DI MARTIRI?
Di fronte all'ingresso principale del palazzo di Propaganda Fide ha sede l'atelier di un grande stilista italiano. Basta spostare di poco lo sguardo per incontrare la colonna dell'Immacolata che dall'alto osserva le frotte di turisti e di romani persi tra le vetrine di eleganti boutique e la scalinata monumentale di Trinità dei Monti. Da una delle piazze più famose del mondo, ogni giorno viene coordinata l'attività missionaria di Propaganda Fide: 1027 diocesi, vale a dire un terzo dei territori della Chiesa, con 340 seminari e 700 persone, provenienti da tutto il mondo, impegnate per studi e servizi vari a Roma.
Il coordinatore dell'attività è padre Marcello Zago, già superiore generale dei missionari Oblati e segretario per la preparazione dell'incontro interreligioso di Assisi dell'86. Veneto, 59 anni, una lunga esperienza missionaria in Laos, dove ha approfondito gli studi sul buddismo, padre Zago ha sempre conservato contatti con l'Asia. Con lui proviamo a tracciare un identikit della Chiesa cattolica alle soglie del terzo millennio, partendo da uno degli aspetti più inquietanti, messo di recente in risalto da Fides, l'agenzia di stampa della Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli, e cioè la persecuzione e il martirio dei cristiani. I numeri presentati sono da brivido.
«Il martirio - dice padre Zago - manifesta la vicinanza della Chiesa alle popolazioni che soffrono di più. È più frequente nei paesi con condizioni di povertà endemiche, che i missionari condividono fino in fondo con la gente. È la base della missione, il 'vivere con' e tentare di uscirne insieme. Il martirio è soltanto la punta dell'iceberg: sono tra i 200 e i 400 milioni i cristiani perseguitati da regimi e sistemi che li considerano cittadini di seconda classe. In Arabia Saudita a mezzo milione di cattolici non è concesso di praticare la propria religione. In Pakistan e in altri paesi musulmani è sufficiente che il vicino dica che hai offeso Maometto per essere condannato a morte. Nonostante il tentativo di dialogo e l'unificazione del mondo favorita dai mezzi di comunicazione, c'è uno scontro di religioni aizzato dai fondamentalismi. In una diocesi del Guatemala migliaia di catechisti sono stati uccisi dal regime militare. In Cina chi si riunisce in preghiera in luoghi non autorizzati finisce in prigione. Il martirio rivela una situazione del mondo attuale, in cui popoli e religioni non si rispettano e non si incontrano, non solo per promuovere dei valori ma neppur per favorire una semplice coesistenza. Il martirio è sempre purificazione e testimonianza di una presenza e della dedizione delle persone alla loro missione».
Della persecuzione e del martirio dei cattolici abbiamo accennato anche nello scorso numero [nella rubrica Chiesa e chiese]. Riprendiamo qui i dati essenziali (vedi anche il riquadro) per dare ancor maggiore sostanza alle parole di padre Zago. Nel 1998 sono stati uccisi 39 missionari, 17 dei quali erano suore. Variegata la loro provenienza, a conferma di una Chiesa universale tutt'oggi impegnata nell'evangelizzazione: 9 europei (tra cui i due italiani don Leo Commissari, ucciso in Brasile, e padre Luigi Andeni, assassinato in Kenya), 17 africani, 7 centroamericani, 5 asiatici e un nordamericano (canadese). Teatro del martirio: il Medio Oriente, la regione africana dei Grandi Laghi e l'America centrale. Ad armare la mano degli assassini i fondamentalismi e gli interessi etnici, ideologici o economici che creano in quelle regioni sofferenze a decine di milioni di altre persone sconosciute. Tra le vittime anche un vescovo, monsignor Juan Gerardi Conedera, ausiliare di Città del Guatemala, uno dei più strenui difensori dei diritti umani in un paese martoriato da una più che trentennale guerra civile, e implacabili denunciatore dei crimini compiuti.
Msa. Ma qual è la consistenza della Chiesa cattolica che si affaccia al Duemila?
Zago. C'è una caratteristica da rilevare: la maggioranza dei cristiani si trova nel terzo mondo. Questo è dovuto sia allo sviluppo delle missioni dell'ultimo secolo, sia alla crescita demografica: si fanno più figli in quei paesi. L'Africa soprattutto, promette grande vitalità nel prossimo millennio perché la Chiesa ha messo radici nelle culture locali e i responsabili delle comunità credenti, i sacerdoti in particolare, sono in gran parte africani.
Grande sviluppo e forte secolarizzazione caratterizzano invece la Chiesa nordamericana, dove forte è la presenza dei protestanti, anche se la religione più diffusa tra Canada e Stati Uniti è quella cattolica. La pratica religiosa negli Usa è più alta che in Europa: va alla messa domenicale dal 50 al 60 per cento dei fedeli.
Nell'America del Sud, di tradizione cattolica, negli ultimi trent'anni sono aumentate di numero le comunità evangeliche (protestanti): la scarsità di clero non ha consentito un'educazione cristiana approfondita. Ma ci sono segni di grande vitalità : penso alle comunità di base, alla ripresa della riflessione teologica, al lavoro compiuto dalla teologia della liberazione: siamo in presenza di una Chiesa adulta, dove anche le vocazioni sono in ripresa.
E in Asia?
In Asia i cristiani sono solo il 5 per cento, il 2,9 dei quali cattolici. Nelle Filippine e nel Vietnam raggiungono il 10 per cento. In altri paesi scendono anche sotto l'un per cento. Non mancano, però, segni di grande vitalità . In Asia l'impatto della Chiesa sulla società è superiore ai numeri che ha. Questo è dovuto alle scuole, che sono molto qualificate, al sistema degli ospedali, ma anche a grandi personalità , come madre Teresa di Calcutta che ha fatto conoscere il cristianesimo in India più di tante università e scuole, incidendo nella società stessa.
La scelta del dialogo da parte della Chiesa, forse non ha aumentato il numero delle conversioni, ma ha influito nella comunicazione dei valori evangelici, della dignità della persona, della libertà stessa. Ci sono, inoltre, movimenti eccezionali. In Corea, paese molto sviluppato, stanno avvenendo numerose conversioni nella classe colta, tra persone dai 25 ai 40 anni. Un segno di vitalità che promette bene per l'avvenire.
Che avviene nell'Oceania, continente a noi quasi sconosciuto?
Nell'infinità di isole che compongono l'Oceania la situazione è diversa a seconda del tipo di colonizzazione subita in passato; ma la presenza cristiana è significativa da un punto di vista qualitativo.
Ci sono novità nel vecchio continente?
C'è l'Est, appena apertosi alla libertà , dove la Chiesa sta riprendendo vigore. C'è una realtà nuova in Asia centrale: dal Caucaso alla Siberia, da alcuni anni si sono avviate molte missioni, provocando contrasti con gli ortodossi. Mi riferisco alle accuse di fare proselitismo realizzando opere sociali... È vero, ci sono gruppi propagandistici della religione, ma in forma limitata. Occorre dire che nella terra dell'ortodossia la gente spesso non sa nulla del cristianesimo. La Chiesa cattolica cerca di non esasperare la situazione e non favorire conversioni dall'ortodossia al cattolicesimo, nel rispetto, comunque, della volontà dei singoli.
Dai sinodi svoltisi nei diversi continenti è emerso il binomio pace-sviluppo. Quale può essere in questo senso il ruolo della Chiesa?
La Chiesa ha il compito di aiutare i fedeli a prendere coscienza dei loro diritti, ma anche di denunciare: penso ai problemi derivanti dal debito estero. Un vero sviluppo, inoltre, deve rispettare la cultura locale: negli anni '60 si è realizzato uno sviluppo sul modello occidentale ed è stato un grande fiasco. Lo sviluppo deve tenere conto della gente. Prima che al libero mercato mondiale bisogna pensare a un mercato locale dove la gente possa trovare la risposta ai propri bisogni fondamentali. Il nuovo modello di sviluppo deve partire dalla persona.
Un altro elemento influirà a livello generale, ed è la crescita delle vocazioni nel terzo mondo...
Certamente, basti pensare che nel 1975 nei territori dipendenti da Propaganda Fide, che sono un terzo delle Chiese e delle diocesi, c'erano settemila seminaristi che studiavano teologia. Oggi sono più di trentamila. In futuro sarà sempre più il clero locale a guidare le Chiese. Con le vocazioni che aumentano nel Sud e diminuiscono nel Nord, bisogna rivalutare il ruolo del laicato. Dopo il concilio molti laici hanno assunto impegni all'interno della Chiesa. Certo, questo è necessario, ma non deve far dimenticare che i laici hanno un ruolo specifico nella società , nel mondo. Formare un laicato per le società del terzo mondo: questa è una delle grandi sfide pastorali dei prossimi decenni.