«Nel mio cuore come una ferita»
Molte persone, anche fra i padovani, non sanno che nella città del Santo, tra l’agosto del 1942 e il settembre del 1943, era attivo un vero e proprio campo di concentramento, conosciuto con il nome di campo di Chiesanuova (dal quartiere in cui sorgeva), nel quale vennero internati uomini (in particolare insegnanti, artisti, intellettuali) provenienti dalla Slovenia centro-meridionale e dall’entroterra fiumano, deportati dal Regio Esercito italiano (che occupò tali zone a seguito dell’attacco italo-tedesco al Regno di Jugoslavia dell’aprile 1941) al fine di stroncare la Resistenza comunista clandestina.
Il campo di Chiesanuova nei suoi tredici mesi di attività vide passare migliaia di deportati (con una presenza media di 3.500 al mese), che venivano fatti scendere alla stazione di Campo di Marte e da lì, incatenati e a piedi, scortati a destinazione. Le condizioni di vita per i «prigionieri slavi» (in particolare sloveni) all’interno del campo erano critiche: malattie, freddo ma soprattutto fame erano la situazione ordinaria per molte delle persone lì rinchiuse, al punto che nel breve periodo di attività nel campo si registrarono circa 70 decessi.
E fu proprio in questo campo che iniziò l’opera di padre Placido Cortese (nel 2021 dichiarato venerabile), frate della Basilica del Santo di Padova e all’epoca direttore del «Messaggero di Sant’Antonio» che, a rischio della vita, si adoperò con ogni mezzo per portare agli internati cibo, vestiario, medicinali, e messaggi che giungevano dalle famiglie slovene per vie traverse. Un’opera che poi proseguì con l’aiuto a dissidenti politici ed ebrei che gli costò il rapimento, la tortura e l’uccisione (a Trieste) da parte della Gestapo.
E proprio nell’ambito delle celebrazioni per l’80° anniversario dell’uccisione di padre Cortese (1907-1944), è stata presentata oggi a Palazzo Moroni, sede del Comune di Padova, la mostra fotografico-documentaria «Nel mio cuore come una ferita» dedicata, per l'appunto, al campo di concentramento di Chiesanuova. Presenti Gianni Berno, consigliere comunale; Antonio Spinelli, curatore, con Maria Grazia Tornisiello, della mostra; Leonardo Barattin, Associazione Viaggiare i Balcani; padre Giorgio Laggioni, vicepostulatore della causa di beatificazione di padre Placido Cortese e frate della Provincia Italiana di S. Antonio di Padova; a moderare il tavolo Pompeo Volpe.
La mostra, il cui titolo è tratto da un verso di Igo Gruden, poeta sloveno internato nel campo («porterò per sempre con me Padova come una ferita»), verrà inaugurata nel pomeriggio di sabato prossimo 23 novembre, presso i Chiostri della Basilica del Santo, alle ore 16.00, e sarà anticipata da una conferenza aperta al pubblico che si terrà alle ore 15.00 presso la sala dello Studio teologico. La mostra sarà poi visitabile fino al 16 gennaio 2025 negli orari di apertura del santuario antoniano.
Abbiamo intervistato Antonio Spinelli, curatore della mostra (con Maria Grazia Tornisiello).
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