Nel nome di Annigoni

La basilica, nel ricordo di Pietro Annigoni, pittore che ha eseguito al Santo diverse opere, ha adottato a distanza venti bambini del Burkina Faso, consentendo loro di andare a scuola
10 Settembre 1999 | di

Annigoni al Santo viene ricordato non solo per le sue opere, ma anche attraverso l'adozione a distanza da parte dei frati della basilica di venti bambini del Burkina Faso, che così potranno regolarmente seguire gli studi. L'adozione è avvenuta attraverso l'associazione «Amici di Pietro Annigoni» di Firenze che promuove opere di solidarietà  nel nome dell'artista scomparso nell'ottobre di undici anni fa.
«Ci è sembrato bello - afferma il rettore padre Domenico Carminati - che l'esperienza di Annigoni al Santo venisse in qualche modo continuata. Noi crediamo che quest'attenzione ai poveri sia emersa anche in seguito alla permanenza al Santo del maestro e della moglie Rossella che lo ha sempre accompagnato. Quindi questa solidarietà  nasce anche grazie a sant'Antonio».
L'associazione «Amici di Pietro Annigoni» (telefono 055-219571) ha adottato, finora, quasi 500 bambini, ma altri 80 aspettano di essere adottati entro l'anno.
«Non esiste progresso - diceva il maestro - se non determina la crescita morale e la consapevolezza della propria dignità  di uomo. Ogni uomo degno ha il dovere di aiutare i miseri in qualunque parte del mondo si trovino e di qualunque miseria siano afflitti».
E la moglie, signora Rossella Segreto Annigoni, ha voluto onorare la memoria del marito fondando quest'associazione che si impegna, appunto, a promuovere la solidarietà  tra i popoli.
«Il dolore che si prova alla morte di una persona cara può anche abbrutire spiega Rossella Annigoni - . Ma se si possiede qualcosa dentro, la solitudine porta alla meditazione, alla rinuncia del superfluo e all'impegno in qualcosa di costruttivo come l'aiuto del prossimo. Per questo, ogni anno mi reco in Africa per aiutare il popolo del Burkina Faso, rispettando tradizioni e cultura locale, cercando di creare le condizioni perché gli abitanti si possano procurare del cibo, piuttosto che ricevere semplicemente aiuti. Mi sono innamorata dell'Africa per il senso di libertà  e di autenticità  che da noi è sparito».
Il Burkina Faso, che vuol dire «Paese degli uomini liberi», si trova nell'Africa nord occidentale, è stato annesso alle colonie francesi nel 1919 e ha ottenuto l'indipendenza nel 1960. Ha un'estensione di poco inferiore all'Italia e undici milioni di abitanti. La capitale è Ouagadougou. Il gruppo etnico numericamente più consistente è quello dei Mossi; la religione prevalente è quella animista (50 per cento) e musulmana, mentre i cattolici sono circa il 10 per cento della popolazione.
La popolazione del Burkina Faso soffre delle più terribili malattie: epatiti, tubercolosi, lebbra, meningiti, amebe, malaria e Aids nonché denutrizione e analfabetismo.
«In Burkina Faso - spiega Rossella Annigoni - c'è una rigorosa divisione in classi. All'ultimo gradino ci sono i bambini, braccia utili e mezzo di collegamento da un posto all'altro, e le donne che vanno a cercare acqua e legna. Sono considerate soltanto 'macchine da lavoro' o da riproduzione e se rimangono vedove, vengono rimandate al villaggio di provenienza. Se gli abitanti non le accolgono sono costrette a vagare raminghe al limite della sopravvivenza. La principale fonte di reddito è l'agricoltura: ma come si fa a coltivare qualcosa in un paese dove ci sono otto mesi di siccità  all'anno? Così gli uomini spesso emigrano in Costa d'Avorio e quando tornano hanno contratto l'Aids».
In questi anni di attività , l'associazione «Amici di Pietro Annigoni» ha costruito pozzi, scuole, dispensari, distribuito medicinali alle missioni, vestiario e materiale didattico. Ha mandato a scuola circa duemila bambini di età  compresa tra i sei e i quindici anni. Si è occupata dell'arredamento di un reparto di maternità  dell'ospedale a Ouaga, del sostentamento di un gruppo di vedove, di casette per handicappati... Un importante progetto, che sarà  realizzato dai Camilliani in Burkina Faso, patrocinato dall'associazione è la costruzione di un padiglione di pronto soccorso (costo 85 milioni) nell'ospedale di distretto San Camillo di Nanoro, nella regione di Koudougou a circa cento chilometri dalla capitale. Anche la Caritas antoniana di Padova collabora alla realizzazione di questo progetto con lo stanziamento di 25 milioni, di cui 15 già  versati all'associazione «Amici di Pietro Annigoni».

 Un'altra iniziativa che sta a cuore all'associazione è la costruzione di una scuola per il villaggio di Bobra, dove il tasso di scolarizzazione è inferiore a quello nazionale (31,72 per cento). Un terzo progetto che in questo momento l'associazione sta seguendo è una casa di accoglienza per seminaristi, suore e novizi a Ligmwaare (costo presunto 80 milioni).
«Purtroppo - conclude Rossella Annigoni - per quanto ci sembri di lavorare tanto, alla fine ci rendiamo conto di portare una piccola goccia d'acqua per una grande sete».

   
   
ANNIGONI AL SANTO      

Il pellegrino che viene a visitare la basilica del Santo è attratto da un affresco di grandi dimensioni, posto sopra la porta centrale d'ingresso, che rappresenta Antonio che predica dal noce. È questo l'ultimo affresco di Pietro Annigoni al Santo (1985): conclude una serie di opere iniziate nel 1978 che rappresentano uno dei più importanti cicli di affreschi contemporanei.
Il primo lavoro, commissionatogli dai frati, fu la pala di San Massimiliano Kolbe che è stata posta in basilica sul primo altare a sinistra. In esso Annigoni evoca la fine tragica e sublime del francescano conventuale polacco. Inaugurata questa pala, i frati gli proposero l affresco della Cappella delle Benedizioni. Ne nacque il famoso trittico: «sant Antonio che predica ai pesci», «sant'Antonio incontra il feroce Ezzelino» e il «Crocifisso». Nel primo affresco, Annigoni vuole sottolineare l'attualità  della predicazione e del messaggio evangelico del Santo. In un mondo allo sfascio, sordo verso la parola di Dio, sant'Antonio con gli occhi che guardano verso il cielo, rivolge la sua parola alle creature del mare. Nella parete di destra si ricorda il viaggio compiuto da frate Antonio a Verona per portare un messaggio di pace e una supplica per i prigionieri al feroce Ezzelino che rifiuta la richiesta. Particolare simpatico: in basso, a sinistra, un cagnolino guarda con occhi stupefatti il Santo che ha avuto il coraggio di misurarsi con il tiranno, mentre a destra è dipinto un grosso ratto. Sono due sapienti interventi della signora Rossella Annigoni. I due affreschi sono raccordati da una crocifissione di intensa drammaticità .
Nel refettorio del convento possiamo ammirare il grandioso affresco dell'«Ultima Cena» (nella foto sotto), che idealmente si collega al precedente: il sacrificio consapevole di Cristo e la rassegnata esperienza della potenza del male e del tradimento.
Il maestro Annigoni, autentico testimone della travagliata ricerca spirituale della nostra epoca, pellegrino del dubbio, così si esprimeva a proposito della sua opera: «In definitiva sono tutte rappresentazioni di me stesso perché anch'io mi trovo in questa condizione di desiderio: avere una fede vuol dire essere illuminati. Ma io purtroppo non ce l'ho. Però sono convinto che qualcuno ce l'ha e ce l'ha avuta. E allora perché non devo cercare di ottenerla in qualche modo? Questi miei lavori sono sempre una specie di monologo, un racconto: questi personaggi sullo sfondo del Santo che predica ai pesci, lo stesso Ezzelino e questo gruppetto di figure che ascoltano Antonio che predica dal noce sono tutti personaggi che sono dentro di me, parti di me stesso».

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017