NON È LUCY LA PIÙ VECCHIA

06 Marzo 1999 | di

Ci è sfuggito un pezzo di storia, della nostra storia. E che pezzo: niente meno che un milione di anni. Sta di fatto che ci vediamo costretti a retrodatarci l'anagrafe: in Sudafrica è stato rinvenuto lo scheletro di quello che si può ritenere il nostro più remoto antenato sulla via del passaggio evolutivo dalla scimmia all'uomo.

Un tizio vissuto la bellezza di quattro milioni di anni fa.

Finora, l'antenato più vecchio a noi noto era in realtà  una tizia battezzata Lucy dagli scopritori dei suoi resti fossili, rinvenuti nel 1976 in Etiopia da un'équipe guidata dal paleontologo Don Johanson. Era uno scheletro straordinariamente conservato, cui venne dato quel nome la sera della scoperta, nell'accampamento, semplicemente perché in quel momento la radio stava trasmettendo una canzone dei Beatles, Lucy in the sky with diamonds. Secondo gli accertamenti, risaliva a tre milioni di anni fa.

Per quasi un quarto di secolo Lucy è stata, in un certo senso, «la mamma» di tutti noi. Adesso, uno dei maggiori paleontologi viventi, Philippe Tobias, nel corso di un anno di scavi in Sudafrica ha messo assieme i pezzi di uno scheletro ancor meglio conservato, trovato in una caverna profonda una quindicina di metri. Una scoperta, come spesso accade, innescata da un fatto casuale: alcuni muratori, durante dei lavori, avevano portato alla luce dei frammenti d'ossa.

Ne risulta il profilo di un ominide, alto poco più di un metro e venti, che camminava eretto e che disponeva di un cervello più grosso di quello delle scimmie antropomorfe africane, sue parenti prossime. Il fatto importante è che di solito, in questi scavi, si rinvengono soltanto alcune ossa; invece qui è stato possibile ricostruire praticamente l'intero scheletro, il che offrirà  agli studiosi nei prossimi mesi prezioso materiale per ricostruire non solo l'identikit, ma anche lo stile di vita del nostro antenato.

Il tizio in questione rappresenta una svolta in direzione dell'uomo vero e proprio. Un'altra, fondamentale, c'era stata in precedenza, quando alcune scimmie si erano staccate dalla specie dominante, e, scendendo dagli alberi, avevano cominciato a battere le savane africane acquisendo la postazione eretta che liberava loro l'uso degli arti anteriori. Vennero chiamate australopitechi.

Gli ominidi sono la successiva evoluzione proprio degli australopitechi. Secondo Tobias, la causa del loro emergere potrebbe essere individuata nelle straordinarie modificazioni ambientali che si verificarono in Africa circa sei o sette milioni di anni fa, quando una serie di drastiche mutazioni climatiche distrussero le foreste e fecero spazio alla savana aperta. Lo scheletro rinvenuto in Sudafrica appartiene a uno dei pionieri che si addentrarono in quelle savane, lasciandosi alle spalle le antiche e sicure dimore, e, di fatto, venendo messo nella condizione di doversi arrangiare, impegnato a competere in situazioni estreme.

Da quei pionieri, molto lentamente nello scorrere dei millenni, si sarebbero un po' alla volta create le condizioni per la comparsa dell'homo habilis, il nostro primo vero progenitore in quanto specie: così chiamato perché, con le mani rese libere, aveva imparato a costruire strumenti e, quindi, aveva iniziato a modificare l'ambiente circostante.

Sarebbe poi spettato ai suoi successori, l'homo erectus prima e l'homo sapiens poi, popolare la Terra. E anche metterla a rischio.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017