Nonno esemplare

Lo scrittore, che ha raggiunto il successo letterario dopo essere andato in pensione come regista teatrale e televisivo, parla dei suoi anni d’oro.
04 Novembre 2000 | di

 Intelligente. Cordiale. Preciso. Scontroso quando serve. Siciliano. Brillante e ironico. Questo è il papà  del «commissario Montalbano».
Adesso che è in pensione - ha archiviato il suo lavoro di regista teatrale e televisivo, nonché quello di insegnante di regia all' Accademia d' arte drammatica di Roma - è più impegnato di prima. Per raggiungerlo, bisogna superare il filtro di una segreteria telefonica che cerca perentoriamente di scoraggiare i seccatori e sperare che «il grande vecchio» abbia la clemenza e la bontà  di concedere udienza. Ne ha ben donde perché - a settantacinque anni compiuti - non ha un minuto libero: lo chiamano in tutto il mondo, lo hanno tradotto in inglese, portoghese, francese, svedese, olandese, turco, greco; lo invitano a manifestazioni culturali; gli inviano pacchi di manoscritti che neanche in sette vite uno avrebbe il tempo di esaminare...
Lui nel successo e nell' età  feconda della pensione si trova bene. Gli piace godere delle gratificazioni che gli derivano dal fatto di abitare nell' olimpo dei best sellers (in una recente classifica sono suoi otto dei primi dodici libri più venduti in Italia). Gli piace pure attorniarsi dei quattro nipoti, figli delle sue tre figlie. Se non li vede per un po' - i picciliddri - va in crisi di astinenza e non rinuncia alla loro presenza neppure quando scrive e si isola dal mondo degli «imbecilli»e dei «seccatori».
E quando scrive è veramente grande. Ha vinto la sfida della lingua facendo diventare familiarev a tutti gli italiani quella sua lingua composita, divertentissima, un misto di italiano e di dialetto siciliano. Trae sempre dalla realtà  o dalla storia l' ispirazione. E i suoi libri resteranno - anche se, come dice Mimì Augello a Montalbano, i gialli sono considerati un genere minore - nella storia della letteratura.

Msa. Lei è un uomo molto fortunato perché lavorando si diverte. Dopo una vita passata tra teatro e televisione, lei è diventato, ormai anziano, uno scrittore famoso. Se l' aspettava?
Camilleri. Neanche lontanamente. Che sia stato un uomo fortunato, questo sì. Anche prima del successo come scrittore perché ritengo una grande fortuna poter campare, vivere, metter su famiglia, avere figli e nipoti, facendo un lavoro che piace. Se penso al novantanove per cento dell' umanità  che per vivere fa delle cose che non piacciono affatto, si figuri come mi ritengo fortunato.
Vivere gli «anni della saggezza» in maniera operosa e creativa è il segreto della felicità ?
Essendo in condizione di farlo, perché la vecchiaia non sempre ti consente lucidità  e possibilità , certo che è il segreto di una felicità  relativa.
Quanto importanti sono stati per lei i nonni? E lei che nonno è?
I miei nonni per me sono stati fondamentali, soprattutto i nonni materni che sono quelli che ho frequentato di più. Credo di essere un ottimo nonno, di essere stato uno scarso genitore, ma un ottimo nonno. Si recupera anche quello che non si è vissuto. Le mie figlie sono gelose del fatto che tollero dai loro figli cose che da loro non avrei mai sopportato, come per esempio fare disegni di mostri sui miei appunti.
La gita a Tindari (Sellerio 2000) è un ritratto magnifico della vecchiaia, che lei «prende un po' in giro». Vecchiareddri con tanti bisogni che fanno fermare il pullman, che viaggiano tanto per stare in compagnia, da rinchiudere - pensa Montalbano - in «asili senili comunali». Ma lei cosa pensa della vecchiaia?
Quella è un' affettuosa ironia. Francamente della vecchiaia non penso né male, né bene. È un' età  della vita. Sbagliano i miei coetanei a voler rincorrere quello che non è più possibile avere. Da questo nascono depressioni, malinconie. Io non sono depresso, ho accettato serenamente la mia vecchiaia. Consiglio a tutti di accettarla altrettanto serenamente.
Un gioco a due tra l' autore e il lettore, questo, nel suo caso, è veramente divertente. Dove nasce la sua capacità  di divertire?
Da me stesso. È una capacità  che ho sempre esercitato su me stesso. Raramente ho drammatizzato le situazioni nella mia esistenza, ho cercato di sdrammatizzarle e ho avuto una moglie che mi ha aiutato a farlo.
Salvo Montalbano ha ormai una personalità  così definita che non rischia di offuscare Andrea Camilleri?
Sempre figlio mio è. Voglio dire che lo tengo in vita io, se mi offusca o mi dà  fastidio, a farlo finire ci vuole poco. Ma non ci penso neanche lontanamente.
Quale sarà  il suo prossimo libro?
Il mio prossimo libro esce il 14 novembre da Mondadori e si chiama La scomparsa di Patò. È un libro abbastanza divertente. È tratto da una citazione di Leonardo Sciascia e si ispira a un fatto avvenuto realmente in Sicilia: nel corso di una rappresentazione della passione di Cristo, il cosiddetto «mortorio», che è un grosso spettacolo popolare, un signore, che faceva la parte di Giuda, doveva sprofondare dentro una botola tra le fiamme dell' inferno, di fronte a duemila spettatori, su un palco alto un' ottantina di centimetri e allestito su una piazza. Come centinaia di volte aveva fatto nelle prove, la botola si aprì e il signore sprofondò nel sottopalco, ma non ricomparve più. Volatilizzato. Completamente sparito tanto da passare in proverbio «Spirì come o Patò». Ecco questo mi ha dato lo spunto.
Una domanda sulla sua particolarissima lingua: un italiano misto a dialetto siciliano. Una sfida vinta. All inizio gli editori e anche Leonardo Sciascia erano scettici. In un tempo di particolarismi politici e di voglia di autonomia perché la lingua di Camilleri fa breccia in milioni di lettori?
Questo non glielo so spiegare. Dovrebbe essere rifiutata in tempi come questi e invece viene accettata. Speriamo che diventi una lingua unitaria. Lo dico per paradosso...
Lei della religione dei siciliani dice che si tratta, nella maggioranza dei casi, di superstizione. Com' è il suo rapporto con la religione?
Assolutamente neutro.
Lei ha avuto occasione di incontrare la devozione a sant' Antonio?
Mia moglie ha un rapporto particolare con sant' Antonio. Mia moglie non è molto praticante, come del resto neanche io, però abbiamo due santi: san Calogero e sant' Antonio. Sono santi nostri, particolari, che teniamo in molta considerazione. Mia moglie credo che ormai abbia un rapporto consolidato con questo

LA SOLITUDINE È DONNA      

O

gni anno le nuove vedove sono 150 mila, il triplo rispetto ai nuovi vedovi. Nel Nord del paese le vedove che hanno più di 70 anni sono in percentuale più numerose rispetto alle donne coniugate nel loro complesso.
VECCHI MALATI      

fronte di 10 milioni di ricoveri, circa 4 milioni riguardano gli anziani, corrispondenti a più del 50 per cento delle giornate di degenza complessiva.
Fonte: indagine Istat sulle condizioni di salute della popolazione, 1994)
  ... E POVERI      

N

el 1998 i dati relativi alle famiglie povere con il capofamiglia di età  superiore ai 65 anni, evidenziavano un rischio di povertà  tre volte superiore rispetto a  quanto registrato nelle famiglie in cui la persona di riferimento aveva meno di 65 anni.

«La vecchiaia è un' età  della vita. Sbagliano i miei coetanei a voler rincorrere quello che non è più possibile avere. Così nascono le depressioni e le malinconie».

ANZIANI: CUORE PAZIENTE DELLA CHIESA

A

bbiamo chiesto al cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Genova, autore di diverse pubblicazioni sul tema degli anziani, come dovrebbe essere impostata la pastorale della terza età .

«Per prima cosa dovremmo tutti ricordare che la pastorale, prima che essere pastorale del fare, è pastorale dell' essere. In questo senso, gli anziani sono anzitutto dei credenti, che vivono nella Chiesa, che sono la Chiesa. Se le loro sofferenze, le loro preghiere e i loro sentimenti sono vissuti in chiave cristiana diventano una grande ricchezza per la Chiesa: un contributo indispensabile per la sua crescita in santità  e per il rilancio della sua missione evangelizzatrice nel mondo. D' altra parte, è anche vero che esiste una pastorale del fare. Da questo punto di vista, occorrerebbe ricordare che esiste un' altra misura da prendere in considerazione a proposito delle esigenze delle persone della terza età : quella spirituale, morale e religiosa. Perché troppo spesso i bisogni degli anziani vengono valutati solo in base a criteri economici, fisici e sanitari. La Chiesa e la società  civile devono essere promotrici di una risposta positiva alle esigenze profondamente umane della popolazione anziana e far sì che siano quindi valorizzate tutte le energie spirituali a disposizione della terza età . Anche l' anziano, per parte sua, ha la possibilità  di essere attivo secondo le proprie possibilità  e in base alle linee tipiche della missione evangelizzatrice della Chiesa. Dall' annuncio della Parola di Dio alla catechesi, passando per una lettura sapienziale in senso cristiano della realtà : sono tutti compiti tipici degli anziani. Se i giovani rappresentano, come ha detto il Papa in occasione della Giornata mondiale della gioventù, il cuore giovane della Chiesa, il popolo degli ultrasessantacinquenni ne è il cuore paziente, misericordioso e nello stesso tempo coraggioso».
a cura di Rita Salerno

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017