Nuovi pastori che annunciano la lieta novella. Zampogne da Scapoli
In un paesino del Molise si coltiva la tradizione degli zampognari. Così sono nati un circolo e una rivista. Ma esistono anche un museo permanente e un festival internazionale.
Scapoli
Nella tradizione italiana la zampogna richiama il Natale e le migrazioni di zampognari che ripercorrono antichi itinerari per andare ad annunciare la nascita di Gesù. E in Italia la capitale della zampogna è Scapoli, un piccolo paese in provincia di Isernia, mille abitanti in tutto, ai piedi della catena montuosa delle Mainarde, ossia della parte molisana del parco nazionale d'Abruzzo. Da qui partivano, alcuni anni orsono, oltre quattrocento zampognari che andavano a fare la novena per Natale e per l'Immacolata. In tempi più recenti il paese ha saputo far rivivere e valorizzare questa tradizione, facendone la nota dominante di tutto l'anno. Sono sorti, infatti, un Circolo della Zampogna, con 400 associati in tutto il mondo e con una rivista trimestrale dal titolo Utriculus che significa piccolo otre o utero, dal nome latino della cornamusa. Va detto che al mondo ne esiste solo un altro del genere che si chiama Piping Times ed è edito in Scozia.
Ma tornando a Scapoli, il paese vanta addirittura un museo della zampogna in Piazza Caduti in guerra (telefono 0865-412578), con una mostra permanente, allestita nel 1991, di pipe, zoppe e cornamuse provenienti da tutto il mondo (comprese Armenia, Africa e Unione Sovietica). È un museo interessantissimo che espone moltissimi pezzi appartenenti alla collezione privata di Mauro Gioielli, uno dei maggiori esperti di etno-organologia. E ancora esiste un Festival internazionale della zampogna che si svolge ogni anno a luglio. Così, a Scampoli, la zampogna ha portato vivacità all'intero paese. Infatti nelle botteghe, con tecniche rimaste pressoché immutate nel tempo, gli artigiani continuano a costruire questi strumenti. Studiosi e turisti vengono a frotte per vedere queste fabbriche di suoni. Ne abbiamo parlato con Antonietta Caccia, molisana, segretario comunale di Scapoli, che è una delle principali animatrici di questa rinascita della zampogna. «Per un'appassionata di tradizioni culturali come me - afferma Caccia - l'interessamento per la zampogna è stato quasi naturale perché a Scapoli le zampogne sono sempre state di casa. Abbiamo cento artigiani che realizzano questi strumenti e un centinaio di suonatori che vanno a portare la novena, cioè a suonare una particolare melodia, una pastorale composta di nove strofe, nove giorni prima di Natale e dell'Immacolata. C'è una parte musicale fissa realizzata dalla zampogna che si accompagna al piffero che alterna una parte suonata a una cantata».
Gli zampognari che a Natale si vedono in Italia provengono per lo più dalla Campania, dal Molise o dal basso Lazio, ma c'è una tradizione zampognara anche nel nord, nell'appennino tosco-emiliano. I suonatori di cornamusa in genere sono dei girovaghi, vanno a proporre queste musiche rituali in Italia e anche all'estero. «Oggi - spiega ancora Antonietta Caccia - gli zampognari sono chiamati da associazioni turistiche o da enti. Nel Natale del 1997 gli zampognari di Scapoli sono andati a Tokyo, in Giappone, a suonare nell'atelier delle sorelle Fendi. La nostra tradizione della cornamusa rispetto alla Svizzera, alla Francia e ad altri Paesi è più legata al Natale, al presepe. Questo grazie all'influsso del presepe napoletano: lo zampognaro, che storicamente è un pastore, è presente nell'iconografia e nei presepi napoletani dal Settecento».
L'abilità dello zampognaro consiste nell'immettere e nel modulare il proprio fiato nei fori della canna in comunicazione con l'otre di pelle, e poi manovrare abilmente le piccole canne dalle quali l'aria deve uscire. L'apprendimento della tecnica avviene soprattutto per trasmissione orale di padre in figlio. «Ma dal 1993 - dice Caccia - è stata istituita una scuola su base teorico-musicale. Abbiamo lavorato anche a un progetto leader in Europa per una scuola artigianale per la formazione di nuovi liutai. Speriamo parta nei primi mesi del 1999».
Il Festival musicale di Scapoli, nato nel 1975, comprende anche una mostra-mercato degli strumenti. «Ogni anno - spiega Antonietta Caccia - vi partecipano almeno cinque nazioni europee, ovviamente Scozia, poi Francia, Spagna, Germania e i Paesi dell'est perché le cornamuse con nomi diversi sono diffuse in tutti i Paesi europei».
La zampogna prende il nome di piva nell'Italia settentrionale. Una canzone popolare recita testualmente: «Piva, piva, l'oli d'oliva, l'oli fresch de vong el gozz. Piva, piva, l'oli d'oliva, fa la nanna o bel bambin. Piva, piva, l'oli d'oliva, l'è 'l Bambin che porta i belée, l'è la mamma che spend i danée. Fa la nanna o bel bambin, Re divin, re divin».
La festa della Natività assume, a seconda delle regioni, un'intonazione diversa. «Per Natale - scriveva Luigi Manfredi - noi meridionali abbiamo le processioni, le cornamuse, i presepi, essì, l'albero, speranza dei bimbi. E ciò si riflette sulla letteratura, permettete che chiami così quell'accozzaglia di versi e di prose che va per le bocche dei nostri valligiani; non più poesiole riboccanti di sentimento, ma inni maestosi e lenti, non più leggende palpitanti di dolore, ma leggende tradizionali di morti, di santi, di campane. La festa è inaugurata dal suono armonioso delle classiche cornamuse, arrecanti il saluto dei pastori. Mi han detto e ripetuto che quel suono è sgradevole, ma non me n'han potuto convincere; quando sento quel concerto vo col pensiero alla mia valle, alla casetta natìa, all'umile cimitero di villaggio ove riposano i miei maggiori, al primo amore, e l'anima s'inebbra di nostalgia». Prosegue raccontando una tradizione di San Polo che vuole che sul monte Miletto, in una caverna tutta ricoperta di diamanti, dorma un vecchio con una lunga barba bianca come la neve, con la guancia adagiata su una zampogna. Si desta ovviamente solo la notte di Natale e allora suona il suo strumento per diletto del genere umano.
In genere nella letteratura i cornamusai godono di cattiva fama. La tradizione li vuole vagabondi e frequentatori di streghe e di osterie, vestiti male... Ma oggi questo stereotipo non regge più. Gli appassionati dello strumento sono in continua crescita. È una scoperta interessante sapere che si nascondono tra la gente comune impegnata in attività diverse. A Scapoli, Guido Iannetta fa la guardia forestale, mentre Antonio Izzi è conduttore di autobus. Eppure eseguono con maestria novene, zamparelle, mattinate. Zampognari sono i fratelli Palumbo, agricoltori di Villa Latina. Matesino di origini e isernino di cittadinanza è Piero Ricci che ha un'intensa attività concertistica. I pastori sono una «razza» praticamente quasi estinta. I cornamusai di oggi sono altri e stanno altrove: negli uffici, fanno i medici, i notai, gli ingegneri, gli operai, gli studenti. Oggi «essere zampognaro è una condizione dell'anima».