Olimpiadi sulla neve
Le luci che si spensero quattro anni fa a Salt Lake City dopo il passaggio della bandiera olimpica alla città di Torino, si riaccenderanno nel capoluogo piemontese la sera di venerdì 10 febbraio, quando allo stadio Olimpico, davanti a più di 30 mila spettatori e a due miliardi di telespettatori, prenderà il via la ventesima edizione dei Giochi olimpici invernali con uno spettacolo che durerà quattro ore. Ci saranno un palcoscenico a forma di cuore con due rampe di accesso che ricordano le arterie, molti artisti e quasi 5 mila volontari impegnati come ballerini, pattinatori, ginnasti, acrobati, circensi e freeclimber, per introdurre un'edizione dell'appuntamento a cinque cerchi ispirato, nelle intenzioni degli organizzatori, alla passione. Si può capire già da questo quanto siano lontani ormai i tempi di Cortina, quell'indimenticato 1956 che portò il fuoco di Olimpia nella conca ampezzana.
Con i cinque cerchi la rinascita ampezzana
Le Olimpiadi invernali non sono sempre esistite, neppure nell'era moderna, dopo che de Coubertin nel 1896 riportò i Giochi olimpici ad Atene. Però già nel 1908 a Parigi agli sport tradizionali si aggiunse il pattinaggio di figura (su ghiaccio) e nel 1920 ad Anversa ci fu anche l'hockey su ghiaccio.
Agli inizi del secolo scorso si discusse a lungo sull'opportunità di indire le Olimpiadi invernali, alla fine si decise che nel 1914 Berlino, sede designata dei Giochi estivi, organizzasse anche il primo appuntamento invernale a cinque cerchi. Lo scoppio del conflitto mondiale vanificò il progetto e le prime Olimpiadi invernali presero il via di fatto a Chamonix nel 1924 con atleti provenienti da diciassette nazioni.
Per l'edizione del 1944 era stata scelta, già nel 1930, Cortina, ma c'era la guerra e non se ne fece nulla. Il progetto riprese corpo nel 1947 e decollò quando il governo si impegnò a sobbarcarsi l'onere della costruzione delle infrastrutture: nell'aprile del 1949 il Comitato olimpico assegnava a Cortina l'edizione delle Olimpiadi invernali del 1956, le prime in Italia.
Da quel momento fu una corsa contro il tempo per costruire gli impianti, migliorare la ricettività e la viabilità . Furono realizzati lo stadio del ghiaccio, il trampolino per il salto e la pista per il bob, mentre le gare di velocità su ghiaccio si svolsero sul lago di Misurina, a pochi chilometri di distanza dal capoluogo ampezzano. Le strutture alberghiere, utilizzate come ospedali durante la guerra, furono rinnovate interessando una sessantina tra alberghi, pensioni e locande. Infine la viabilità : la strada statale di Alemagna, costruita dagli austriaci, venne ampliata in diversi tratti, così come fu migliorata la ferrovia, una sessantina di chilometri che erano ancora a scartamento ridotto. Fu proprio con il treno che il presidente della Repubblica Giovanni Gronchi raggiunse Cortina per inaugurare i Giochi.
Alle Olimpiadi cortinesi presero parte 32 nazioni - quasi mille gli atleti - in un clima di grande entusiasmo: il nome di Eugenio Monti, il favoloso «Rosso volante» del bob, e i suoi due argenti sono rimasti nell'albo d'oro della manifestazione e nel ricordo di tutti. Le Olimpiadi furono il lancio turistico internazionale di quelle stupende montagne, dalle quali nel dopoguerra la gente ancora emigrava verso Svizzera, Australia, Sudamerica e Canada. Vi contribuirono le immagini delle Dolomiti trasmesse in tutto il mondo e i tanti personaggi famosi che vi soggiornarono durante i Giochi.
Le stelle del ghiaccio alle luci della ribalta
A cinquant'anni di distanza, gli azzurri che gareggiano e vincono negli sport del ghiaccio sono davvero tanti, ma poco conosciuti. Fu proprio lo skeleton, uno sport in cui ci si butta lungo la pista ghiacciata a pancia in giù su una slitta ridotta all'osso, a regalare all'Italia il primo oro olimpico a Saint Moritz con un atleta dal nome profetico: Nino Bibbia.
Da anni nello slittino va fortissimo Armin Zà¶ggeler, trentunenne carabiniere di Foiana, vicino a Merano, soprannominato il «cannibale». Ha cominciato ad andare in slitta scendendo dalla sua casa alla scuola e da allora non ha più smesso di allenarsi ogni giorno. Ha collezionato il bronzo a Lillehammer, l'argento a Nagano e l'oro a Salt Lake City, cui si aggiungono cinque titoli mondiali e tre coppe del mondo. Ama le moto, lo snowboard, ma d'estate aiuta nel maso di famiglia, lavora nei campi o si prende cura del bestiame. Per anni ha dovuto girare tra Austria, Germania, Russia, Norvegia e Latvia (Lituania) per allenarsi e provare i materiali e ora sulla pista di Cesana potrebbe mettere un altro sigillo olimpico alla sua carriera.
Lo slittino ha avuto negli anni scorsi un'altra grande campionessa che dietro un'apparenza fragile nasconde tempra d'acciaio, volontà incrollabile e infaticabile resistenza agli allenamenti. Gerda Weissensteiner, nome di una dea della mitologia germanica, per raggiungere la scuola con i fratelli doveva fare un tratto di strada in salita, ma si portava lo slittino e al ritorno si lanciavano tutti in giù per quasi un chilometro: slittino, bici, gettarsi sul fieno erano il loro unico divertimento.
Nello slittino femminile Gerda ha vinto tutto fino all'oro olimpico di Lillehammer nel 1994, poi si è ritirata per fare l'allenatrice, una scelta rivelatasi ostica per chi ha una mentalità vincente e un'energia come la sua. Abituata alle accelerazioni dello slittino, si è infilata nel bob e nel 2002 ha partecipato ai Giochi olimpici insieme ad Antonella Bellutti, una ragazzona di Bolzano che aveva vinto due anni prima l'oro olimpico a Sidney nel ciclismo su pista e aveva commosso tutti facendo sventolare in lacrime il tricolore. Arrivarono settime, ma Gerda non ha mollato e ora pilota il bob insieme a Jennifer Isacco. A Torino, ancora una volta, a trentasette anni, sarà in pista per l'Olimpiade.
Sempre sul ghiaccio, ma al Palavela di Torino, vedremo le squadre di short track: gli atleti gareggiano su un anello di poco più di cento metri, indossano casco, tuta antitaglio, occhiali trasparenti per proteggersi dai frammenti di ghiaccio, mordono la pista con lame lunghe più di trenta centimetri e devono saper «interpretare» la gara scegliendo traiettoria e strategia più appropriate. Tra le ragazze sono in forma le cugine Katia e Mara Zini, entrambe di Livigno, che hanno sempre stretto i denti, tra trasferte e disagi, pensando a Torino. Completano il team azzurro, bronzo nella staffetta ai recenti mondiali di Bormio, Arianna Fontana e Marta Capurso, ventisei anni quest'ultima, torinese doc, elettrizzata dal fatto di poter dare il massimo davanti ai suoi sostenitori.
Sulla pista lunga invece ci sarà Chiara Simionato, ventinovenne cadorina, che a suo tempo lasciò l'agonismo e si mise a lavorare in una panetteria, ma poi è riuscita a ritrovare gli stimoli giusti. La scorsa stagione ha vinto la Coppa del mondo di specialità nei mille metri e continua a pattinare ai vertici mondiali. Anche Enrico Fabris e il team maschile, nell'inseguimento a squadre, visti i primi risultati di quest'anno, puntano a piazzamenti di rilievo.
Sul ghiaccio ci sarà il debutto a cinque cerchi per le nazionali azzurre di curling, sport poco conosciuto in Italia, di origine scozzese, in cui gli atleti si alternano nel tiro delle «stones» (pesanti e costosissime pietre di granito con un maniglione di metallo) che, come nelle bocce, devono piazzare più vicine possibile alla «house», un bersaglio ad anelli concentrici colorati disegnato sul ghiaccio. La squadra femminile formata da quattro giovani cortinesi (la capitana Diana Gaspari, Rosa Pompanin, Giulia Lacedelli e Violetta Caldart) ha già fatto bene in campo juniores e potrebbe qualificarsi per la fase finale.
Infine, nel pattinaggio di figura ci sarà l'attesa Carolina Kostner: tutti i riflettori saranno puntati su di lei, sulle sue evoluzioni, sulla sua grazia e, non ultimi, sugli abiti che indosserà , disegnati da un noto stilista. La sua scelta come portabandiera azzurra ha suscitato diversi malumori dietro le quinte, tra gli atleti italiani. «Caro» è abituata ad allenarsi in Germania, lontano dalle attenzioni di media e sponsor, ecco perché c'è da augurarsi che non senta troppo il peso di questo appuntamento, non sia condizionata dal giocare in casa, come avvenne lo scorso anno agli Europei proprio a Torino, e riesca davvero a dare il meglio di sé.
Neve: nuove leve e grandi campioni
Croce e delizia dell'appuntamento a cinque cerchi è lo sci alpino. A Torino vedremo ragazzi molto giovani e campioni al culmine della carriera. Isolde Kostner, la trentenne discesista delle Fiamme Gialle, con tre podi iridati e tre medaglie olimpiche conquistati, ha invece concluso (con una maternità ) la sua bella avventura, e seguirà i giochi da spettatrice.
Nelle discipline veloci in questo primo scorcio di stagione sta sciando bene Lucia Recchia, ventiseienne di Brunico, mentre Elena Fanchini, ven-tenne bresciana, ha vinto la libera d'apertura della stagione a Lake Louise e con la sorella Nadia, mattatrice degli scorsi campionati mondiali juniores, rappresenta una concreta novità che lascia ben sperare per il futuro.
Karen Putzer, ventisettenne di Nova Levante, già bronzo in supergigante alle scorse Olimpiadi, con la sua classe polivalente e la sua spiccata carica agonistica, sarà in pista, nonostante i problemi alle anche. Una buona prestazione può offrirla Manuela Moelgg, altoatesina, ottava nel recente gigante di Lienz e seconda nello speciale di Aspen nel 2004. In campo maschile vedremo per le sue ultime discese Kristian Ghedina, il cortinese che ha mietuto successi in Coppa del mondo, ma ha sempre mancato l'appuntamento con i cinque cerchi. Le soddisfazioni maggiori potrebbero arrivare in gigante da Max Blardone, un folletto ventiseienne della Val d'Ossola, capace di sciare sorridendo e di infilare, come è capitato a dicembre in Alta Badia, una storica doppietta azzurra con il coetaneo trentino Davide Simoncelli. «Supermax» sul podio, scherzando, ha indossato il mantello da Superman, ma il giovane finanziere è un ragazzo concreto, impegnato anche nel volontariato a favore dei bambini soldato della Sierra Leone.
Tra i pali stretti potrebbe avvenire la consacrazione del trentenne carabiniere di Livigno Giorgio Rocca, più volte vincitore in Coppa del Mondo.
La tradizione azzurra nello sci di fondo è ormai consolidata: vedremo Pietro Piller Cotter (trentunenne sappadino tornato ai vertici mondiali dopo qualche stagione opaca) accanto a Giorgio Di Centa, Fulvio Valbusa e Christian Zorzi, mentre in campo femminile sarà difficile ripetere i successi di Stefania Belmondo e Manuela Di Centa.
La neve a Torino sarà teatro di altri sport: dallo snowboard, in cui debutta la specialità «cross» (in quattro scendono tra gobbe, salti e paraboliche), ai salti acrobatici con gli sci ai piedi del freestyle e ai voli del salto dal trampolino.
Sarà un'occasione unica anche per noi spettatori: per permetterci di vedere e di conoscere, per cogliere la passione di sport durissimi, ma così ricchi di soddisfazioni, da sempre, per il nostro Paese.