Oltre il vile denaro

La condizione, senza la quale non si può dire ancora: «Padre Nostro», è la condivisione volontaria di ciò che si ha con chi non ha.
04 Giugno 2001 | di

Siamo tutti, o quasi tutti, preda facile dei mass media, delle mode, del denaro, vittime della voglia di primeggiare. Possedere cose nuove, abiti firmati, colorati o neri, secondo i dettami dell`€™ultima moda, i telefonini più sofisticati, le televisioni con gli schermi sempre più spaziosi, i walkman all`€™ultimo grido e così via. Finché la moda coinvolge le persone, mai paura: cambieranno i gusti e subito, obbedienti, ci vestiremo in altro modo, sentiremo prepotente il bisogno di cambiare telefonini o altro.

Ma quando a esserne coinvolti sono mobili, oggetti di chiesa, allora la faccenda si complica. Ricordo che dopo il concilio ci si doveva liberare dei vecchi arredi antichi: si pensava fosse sufficiente questo per indicare la conversione dei cuori. L`€™intenzione era ottima, ma quanti disastri per l`€™ignoranza di tanti!

Nei pressi di un santuario dedicato alla Madonna, in Francia, ho trovato, gettate nel letamaio, due splendide statue di legno del XVIII secolo, raffiguranti santa Teresa e san Giovanni della Croce. Gettate tra i rifiuti, aspettavano di essere bruciate. I loro occhi parevano ancora immersi nella visione del Signore, aperti sul cielo, ed eccoli lì, insozzati dalle galline e dagli altri animali da cortile.

Dopo avere parlato con il sagrestano, fiero della sua operazione di pulizia della chiesa ordinata dai superiori, mi sono portata a casa le statue. La mattina dopo sono andata da un religioso a chiedere consiglio. Tenerle? Me ne sentivo indegna. Il consiglio del religioso fu perentorio: andare dal priore, spiegargli l`€™accaduto e chiedere il prezzo in denaro delle antiche statue. Solo questo...

Lo feci, ma con il cuore turbato: possibile che non ci sia alcun modo di valutare la bellezza di qualcosa al di fuori del denaro? Tutto ha solo un valore commerciale? Oggi le statue sono al museo: non in un angolo tranquillo ad aspettare la visita di qualcuno che sa chi erano i due santi raffigurati e come sia stata preziosa e benedetta per l`€™umanità  intera la loro presenza, ma solo lì, per essere viste a pagamento.

Non lontano da qui, ci sono state lotte furibonde per un`€™umile statua del Sacro Cuore posta sopra il tabernacolo di una chiesa. Ho visto un frate dire piangendo: «I bambini non potranno più mandare baci a Gesù». Mentre altri si agitavano per fare nelle chiese il vuoto di tutto, creando spazi asettici, più simili all`€™anticamera di una clinica che a un luogo dove uno ama sedersi in solitudine per entrare in se stesso e ritrovare l`€™amico silenzioso.

Oggi, nei mercatini rionali dell`€™antiquariato trovi immagini di ogni tipo: del Sacro Cuore, della Madonna, degli angeli custodi, assieme ad arredi religiosi di vario uso...

Ogni prima domenica del mese vado a uno di questi mercatini così belli, dove riposano, tra oggetti di plastica, vecchi piatti o vasellami preziosi, le sagome di qualche «folle di Dio». Spesso, colma di tenerezza improvvisa, se le finanze me lo permettono, acquisto le immagini del Sacro Cuore o di sant`€™Antonio e, dopo averle baciate, le regalo.

Beati i tempi in cui era un onore attaccare al muro questi umili segni della pietà . Si sapeva ancora giungere le mani davanti ad essi per innalzare il cuore oltre la banalità  del denaro nella quale sappiamo così bene adagiarci, e nella quale i mass media godono tenerci, dopo averci ridotti al ruolo di consumatori, buoni solo a riempire le tasche di chi così diventa sempre più ricco e non si vergogna di vantarsene.

Oggi i ladri non si pentono più. Dirigono il mondo e noi li seguiamo a bocca aperta, gialli d`€™invidia. Come potremo ascoltare e capire ancora la parola del Signore che ha detto: «Non si può servire Dio e Mammona»? L`€™uomo che vive nella prosperità  non comprende, è come gli animali che periscono.

Ci sono fortunatamente tanti cristiani che hanno capito che il tempo per accumulare solo per se stessi e famiglia, è finito. Hanno fatto loro il messaggio di Paolo VI e Giovanni Paolo II: non si può, senza che rimorda la coscienza, accumulare solo per sé e andare a nutrirsi del pane consacrato. La condizione, senza la quale non si può dire ancora: «Padre Nostro», è la condivisione volontaria di ciò che si ha con chi non ha. Non è più possibile `€“ Dio non lo perdona `€“ l`€™egoismo mostruoso che consente di gestire proprietà  sconfinate mentre popolazioni intere sono decimate.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017