Onu, 60 anni tra luci e ombre
A quanti criticano l";Onu per innegabili ritardi e inefficienze, io rivolgerei l";invito a domandarsi: di chi è la responsabilità principale? In materia di pace e sicurezza internazionale la Carta delle Nazioni Unite, entrata in vigore il 24 ottobre 1945, attribuisce all";Onu una potestà di natura «sopranazionale». L";organo che decide se, quando e come agire per prevenire o far cessare i conflitti è il Consiglio di Sicurezza, il quale può anche fare uso della forza militare. Per decidere sulle questioni non procedurali, occorre che nessuno dei cinque membri permanenti si opponga: se c";è il «veto», il Consiglio non può decidere e l";attività dell";Organizzazione si blocca in materie di vitale importanza. Di chi la colpa dell";inerzia, dunque? Se si vuole superare questo ostacolo, occorre modificare la Carta delle Nazioni Unite. Ma anche qui sono gli Stati a decidere.
È dunque evidente la mala fede di chi «scarica il barile» sull";Onu facendone il capro espiatorio di colpe altrui facilmente identificabili. Quei governanti che si muovono nell";ottica non del bene comune dei membri della famiglia umana, ma dell";egoistico «interesse nazionale» dicono: poiché l";Onu non è in grado di funzionare, pensiamo noi, unilateralmente, a garantire l";ordine pubblico mondiale. Si può tranquillamente controbattere: quante risorse e quanta volontà politica spendete per far funzionare efficacemente e tempestivamente le Nazioni Unite? L";ulteriore probabile risposta sarebbe: non dipende tutto da noi. Ma si può ancora ribattere: non siete mini-Stati, magari avete un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza, tra di voi c";è anche la super-potenza superstite, avete tutto il potere per fare tutto il bene possibile.
Diritti umani e guerra fredda
Proviamo ora, con la dovuta obiettività , a fare un bilancio dei primi sessant";anni di vita dell";Onu "; e dell";intero sistema delle Nazioni Unite: dunque Fao, Unesco, Oms, Oil e altre agenzie specializzate "; per cercare di intravederne un possibile futuro. Nel suo complesso, il bilancio presenta ombre ma anche tante luci.
L";Onu fu concepita quando la Seconda Guerra mondiale era ancora in corso. Il suo Statuto, entrato in vigore il 24 dicembre 1945, è frutto dell";accordo fra le cinque potenze vincitrici della Seconda Guerra mondiale: Usa, Urss, Cina, Regno Unito, Francia. Grande ispiratore fu il presidente degli Stati Uniti, F.D.Roosevelt. L";Onu non è la continuazione, per quanto migliorata, della fallimentare Società delle Nazioni. Questi i caratteri essenziali della sua originalità e autorità sopranazionale: innanzitutto, per la prima volta nella storia millenaria degli «accordi giuridici internazionali», nello Statuto c";è il riferimento esplicito al principio del rispetto della dignità della persona umana e dei suoi diritti fondamentali; secondo, c";è la perentoria interdizione della guerra definita come «flagello»; terzo, al Consiglio di Sicurezza, come prima ricordato, è attribuito il monopolio dell";uso della forza militare per fini di ordine pubblico (o di polizia) internazionale, non per fini di guerra tradizionalmente intesa; quarto, viene riconosciuto il ruolo delle Organizzazioni non governative.
L";Onu è stata dunque concepita come perno di un nuovo ordine mondiale per il raggiungimento di obiettivi specifici quali: disarmo, promozione e protezione dei diritti umani, cooperazione per il miglioramento delle condizioni di vita in ogni parte del mondo, autodeterminazione dei popoli, sviluppo del diritto internazionale, collaborazione con le Organizzazioni non governative.
Il riferimento che la Carta fa ai diritti umani, trova organica esplicitazione nella Dichiarazione Universale del 10 dicembre 1948, il cui Preambolo solennemente proclama che «il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti eguali e inalienabili, costituisce il fondamento della libertà , della giustizia e della pace nel mondo». Dunque, il paradigma dei diritti umani, non più la sovranità degli Stati, è posto a fondamento dell";ordine mondiale e di ogni altro ordinamento. Ma nello stesso anno della Dichiarazione Universale, l";Urss innalza la «cortina di ferro» e si instaura il cosiddetto equilibrio del terrore, regolato dalla reciproca deterrenza termo-nucleare tra i blocchi dell";Est e dell";Ovest: in questo contesto non c";è posto per la centralità delle Nazioni Unite.
Le due superpotenze sfogano la loro rivalità non direttamente, ma esportandola nel Sud del mondo con sanguinose guerre cosiddette periferiche o limitate. All";Onu, tranne che in pochi casi, è preclusa la possibilità di operare efficacemente. Il Consiglio di Sicurezza è paralizzato dai veti incrociati. Ma nell";ombra, anzi nella notte della guerra fredda, non tutto si ferma: le Nazioni Unite sono un cantiere che crea e produce. Chi fa il bilancio retrospettivo dell";Onu, non può non tenere conto di questo aspetto. Proprio in questo periodo, numerosi Paesi del sud del mondo accedono all";indipendenza politica, la cosiddetta decolonizzazione. L";Onu agisce quale «levatrice», e i nuovi Stati la ripagano con la loro fedeltà : i cosiddetti «non-allineati» alimentano l";Onu di legittimazione e partecipazione attiva.
Sottosviluppo e nuovo ordine mondiale
Grazie all";Onu, viene a galla in tutta la sua drammaticità il problema del sottosviluppo insieme con la percezione della necessità di accompagnare la decolonizzazione politica con l";aiuto allo sviluppo. Il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo, UNDP, mette a punto la filosofia dello «sviluppo umano» (human development ). Ma ecco un";altra ombra: nel 1974 l";Assemblea Generale adotta, a grande maggioranza, la Dichiarazione «per l";allestimento di un Nuovo ordine economico internazionale» inteso a riequilibrare gli iniqui rapporti di scambio tra il Nord e il Sud, ma la fiera opposizione di Paesi occidentali ne impedisce la pratica applicazione. Un settore tutto al positivo riguarda invece il riconoscimento giuridico dei diritti della persona e dei popoli. Alla Dichiarazione Universale seguono infatti numerose Convenzioni giuridiche in materia "; le due ultime riguardano rispettivamente i diritti dei bambini e i diritti umani di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie. L";Onu ha dunque generato il Diritto internazionale dei diritti umani: capitoli importanti riguardano i diritti delle donne e delle bambine, il diritto dell";ambiente e dei beni pubblici globali, la giustizia penale internazionale. Il ruolo delle Ong è cresciuto di visibilità grazie all";esercizio del cosiddetto status consultivo presso le Nazioni Unite previsto dall";articolo 71 dello Statuto dell";Onu.
Quanto sopra costituisce la «rendita personale» dell";Onu; ne fa la grandezza e l";insostituibilità . Nel mondo sempre più globalizzato, c";è bisogno di una casa comune in cui tutti i popoli, anche i più deboli, abbiano voce. La casa comune c";è già da sessant";anni. Certo, occorre riformare l";Onu, ma per potenziarla e democratizzarla, come reclamano i movimenti di società civile globale appellandosi al Preambolo della Carta: «Noi, Popoli delle Nazioni Unite». In questa prospettiva, tra i punti dell";agenda non c";è soltanto la questione di chi deve stare dentro il Consiglio di Sicurezza, c";è la necessità di creare un";Assemblea Parlamentare, di rendere capace l";attuale Consiglio Economico e Sociale di funzionare quale Consiglio per la sicurezza economica, sociale e ambientale, c";è la necessità di potenziare il ruolo della Corte Penale Internazionale, c";è soprattutto l";urgenza di arrestare l";attuale dissennato aumento della spesa per gli armamenti.
Mi auguro che i brevi cenni che precedono, contribuiscano anche a spiegare perché il beato Giovanni XXIII nella Pacem in terris annovera l";Onu e la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani tra i «segni dei tempi», e Giovanni Paolo II insiste, opportune et inopportune, nell";invocare la difesa dei diritti umani in stretto collegamento con le Nazioni Unite e con la messa al bando della guerra.
* Professore di Relazioni Internazionali, Facoltà di Scienze politiche dell";Università di Padova.
Direttore del Centro Interdipartimentale di Ricerca e Servizi sui diritti della Persona e dei Popoli dello stesso ateneo.